Ecuador diviso tra Daniel Noboa e Luisa González, il ballottaggio sarà decisivo
Il presidente uscente sfiora la vittoria con il 44,33 per cento, contro il 43,81 della sfidante. Sconta il malcontento per i tanti blackout e diversi scandali, ma punta sulla sicurezza. La candidata correista cerca alleanze a sinistra e promette più stato
L’Ecuador spaccato in due alle presidenziali. 4.219.002 voti, pari al 44,33 per cento, sono andati al presidente uscente Daniel Naboa: figlio di un re delle banane che è l’uomo più ricco del paese, ed era stato eletto a sorpresa nel 2023, dopo una campagna elettorale segnata dalle gravissime violenze dei narcos e dall’omicidio di un candidato. Era anche un voto anticipato, ma in Ecuador non è consentito evadere le scadenze elettorali comunque stabilite, e così si è votato di nuovo ad appena 15 mesi di distanza. 4.173.217 voti, pari al 43,81 per cento, ha avuto Luisa González, candidata per il Movimento Rivoluzione Cittadina dell’ex-presidente Rafael Correa. L’omologo locale del Socialismo del XXI secolo di Chávez e Evo Morales, ora in esilio in Belgio.
Naboa e Gonzáles si erano già affrontati al ballottaggio del 2023, ed era finita col 51,83 contro il 48,17 per cento. Al primo turno avevano invece avuto Noboa il 23,47 e Luisa González il 33,61. A distanza così ravvicinata, gli elettori hanno evidentemente preferito convogliare subito su di loro. Appena il 5,26 per cento ha avuto Leonidas Iza: esponente di quel partito Pachakutik che prende il nome dal fondatore dell’impero inca, è espressione del sindacato indigenista Conaie ed ha appunto un elettorato chiaramente delimitato dall’identità etnica. Il 2,71 lo ha avuto Andrea González Nader: attivista ambientale e imprenditrice, che nel 2023 era stata la vice del candidato assassinato Fernando Villavicencio e ora correva invece per il partito Società Patriottica di Lucio Gutiérrez - il colonnello dell’esercito che dopo avere appoggiato la rivolta indigenista che nel 2000 rovesciò il presidente Jamil Mhuad era stato eletto nel 2003 presidente su una piattaforma chavista, ma poi aveva svoltato a destra e nel 2005 era stato a sua volta rimosso da una sommossa. Altri 12 candidati sono finiti sotto all’1 per cento.
Naboa in effetti si definisce a sua volta di centro-sinistra, ma di fronte alla candidata correista acquisisce ovviamente un profilo anti-sinistra. Se tutti i candidati di sinistra per il ballottaggio del 13 aprile si sommassero, come ora chiede Luisa González dopo aver parlato di “pareggio tecnico”, si arriverebbe almeno al 50,24 per cento. Ma Pachakutik odia Correa dopo averlo inizialmente appoggiato, e Iza ha già detto che non appoggerà nessuno.
Naboa, che aveva tutto puntato sulla lotta ai narcos e alla corruzione e sulla capacità di attrarre investimenti, ha comunque preso meno di quanto non si aspettasse. Il fatto che stavolta si sia votato senza gli incidenti gravi del 2023 farebbe intendere che qualche risultato lo ha ottenuto, con la sia scelta di impiegare i militari per l’ordine pubblico. Però la siccità ha portato a blackout a catena. I suoi incentivi per attrarre investimenti esteri e incoraggiare l'imprenditorialità giovanile non hanno creato posti di lavoro, anche se l’Fmi ha dato nuove risorse e il rischio paese è al minimo dal 2024. Il fatto che aziende appartenenti alla sua famiglia abbiano vinto appalti pubblici e la moglie abbia tentato di sviluppare un progetto turistico in un'area protetta hanno danneggiato la sua immagine, come pure lo scandalo della scomparsa e l'omicidio di quattro minorenni di Guayaquil, trattenuti illegalmente da una pattuglia militare. Le sue proposte insistono comunque sul rafforzamento della sicurezza pubblica attraverso la modernizzazione delle forze dell'ordine, le strategie di prevenzione della criminalità e la cooperazione internazionale contro il traffico di droga, anche se parla anche di energia rinnovabile per mitigare i cambiamenti climatici, diversificazione dell’economia, digitalizzazione, infrastrutture nelle aree rurali, formazione tecnica, bilinguismo e politiche di genere. Insomma, non è contiguo a quel tipo di retorica anti-woke che da Trump in America Latina contagia personaggi come Bolsonaro o Milei.
Luisa González promette invece più spesa sociale e più intervento statale nell’economia. Le vengono contestati la corruzione e gli abusi di potere del periodo di Correa, che appunto è in esilio in seguito a una condanna a otto anni per mazzette in cambio di appalti. Rispetto all’ex-presidente ha però qualche differenza. Per esempio, mentre Correa chiede di riconoscere la legittimità della rielezione di Maduro, lei ha evitato di parlare del tema.
l'editoriale dell'elefantino