Choc antisemita

Choc in Australia, la lucky country dove l'antisemitismo entra anche negli ospedali

Giulio Meotti

Nel paese sinagoghe a fuoco, auto piene di esplosivo e cori “ebrei al gas”. Due infermieri del Bankstown Hospital di Sydney sono stati sospesi dai loro incarichi dopo aver dichiarato in video, durante il turno di notte in ospedale, che avrebbero ucciso i loro pazienti israeliani

“L’Australia è il paese multiculturale di maggior successo al mondo”. Questa definizione campeggia sul sito dell’ex premier Malcolm Turnbull. Che siano multiculturali è un dato di fatto (un terzo della popolazione è nata all’estero). Di successo è ora messa in dubbio in questa oasi di libertà, la “lucky country”. Due infermieri del Bankstown Hospital di Sydney, Ahmad Rashad Nadir e Sarah Abu Lebdeh, sono stati sospesi dai loro incarichi dopo aver dichiarato in video, durante il turno di notte in ospedale, che avrebbero ucciso i loro pazienti israeliani. Per la prima volta in occidente degli operatori sanitari hanno dichiarato apertamente la loro intenzione di uccidere i pazienti in base alla nazionalità.

   

L’Australia è il paese che ospita la più grande percentuale di sopravvissuti all’Olocausto al di fuori di Israele. L’ospedale australiano sta ora esaminando le cartelle cliniche dei pazienti dopo che i due infermieri hanno detto di aver ucciso degli israeliani. 

 

In conferenza stampa, il ministro della Salute Ryan Park era visibilmente scosso mentre descriveva il comportamento degli infermieri come “vile e disgustoso” (aggettivo usato anche dal premier Anthony Albanese). Trattenendo le lacrime, il ministro ha aperto la  conferenza stampa dicendo che “mai nei suoi sogni più sfrenati” avrebbe pensato di dover parlare ai media di personale che minacciava di uccidere i pazienti. “Alla comunità ebraica, dico non solo che mi dispiace, ma posso assicurarvi questo: le cure che riceverete nei nostri ospedali continueranno a essere di prima classe”. Ma il capo delle comunità ebraiche del paese, Robert Gregory, ieri ha detto che i pazienti ebrei negli ospedali nascondono spesso la propria identità.

 

E ora neanche la retorica della fratellanza, dell’unità nazionale e della tolleranza per la fede altrui può coprire lo choc antisemita (l’ospedale è corso anche a cancellare dai suoi social le pagine in cui comparivano dipendenti con  le t-shirt “Free Palestine”). Infermieri che annunciano in video di voler uccidere pazienti ebrei nei loro ospedali? Alex Ryvchin, amministratore delegato dell’Executive Council of Australian Jewry, ha detto al Washington Post: “Per mesi, ho sentito medici della comunità che hanno messo in guardia sui contenuti estremi pubblicati online da colleghi dottori e infermieri”.

 

Dalla folla che cantava “dov’è l’ebreo” davanti alla Sydney Opera House meno di quarantotto ore dopo il massacro del 7 ottobre, alla scoperta di un’auto piena di esplosivi destinati a una sinagoga di Sydney a gennaio, ciò che è iniziato come una manifestazione di piazza si è trasformato in un terrore organizzato. Prima manifestanti pro Palestina si sono radunati all’Opera House di Sydney e hanno intonato cori  come “gas the Jews”. Poi i manifestanti hanno protestato davanti a un albergo per impedire l’accesso ai familiari delle vittime del 7 ottobre e degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas di ritorno da un evento organizzato dalla comunità ebraica locale. Il 6 dicembre scorso, un  incendio doloso ha distrutto la sinagoga Adass Israel di Melbourne. Poi una panetteria ebraica è stata vandalizzata con  graffiti durante Yom Kippur. Milette Shamir, vicepresidente dell’Università di Tel Aviv, a un evento accademico all’Università di Sydney è stata accolta da una folla che ha cercato di cacciarla via, costringendola a barricarsi a lungo assieme al suo staff. Altri attacchi recenti includono l’incendio di un asilo nido di Sydney vicino a una sinagoga. Il mese scorso, la polizia ha trovato un’auto carica di esplosivo a Sydney: era destinata alla comunità ebraica. Intanto, gli elicotteri della polizia da settimane sorvolano di notte i sobborghi orientali di Sydney, pattugliando sinagoghe e attività commerciali ebraiche. 

 

Ma in occidente non c’è molta inquietudine sulle similitudini con gli eventi che sconvolsero l’Europa d’anteguerra.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.