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Proposte
Manuale d'opposizione a Trump. Idee dai commentatori e da un senatore democratico
Non farsi travolgere da furia e volgarità, combattere colpo su colpo al Congresso senza aspettare sempre i tribunali, scegliere le battaglie concrete, non ideologiche. Primi consigli per maneggiare la nuova America
Sono passate poco più di tre settimane da quando Donald Trump ha giurato di proteggere la Costituzione americana (per la seconda volta) e ci sono centinaia di ordini esecutivi, di licenziamenti o sospensioni di dipendenti pubblici, l’infiltrazione di giovani ingegneri della squadra di Elon Musk nei server del ministero del Tesoro, purghe, dazi per minacciare gli alleati, mire imperialiste, sottomissione di network televisivi e mondo tech, rimpatri in catene. Ma come opporsi a quella che l’ideologo del trumpismo Steve Bannon descrive come la strategia “flood the zone”, riempire tutti gli spazi, inondare il sistema di annunci e allarmi?
Lo stato del Partito democratico all’opposizione è: la candidata presidente sconfitta, Kamala Harris, è mezza sparita; l’ex presidente Joe Biden sembra abbracciare il classico pensionamento degli ex: prendersi un agente e fare soldi con le conferenze; all’orizzonte non si vedono leader democratici credibili che possano guidare una “resistenza” al trumpismo in azione. L’opposizione è spaesata e indebolita moralmente anche dal fatto che Trump, a differenza del 2016 contro Hillary Clinton, questa volta ha vinto anche il voto popolare.
Alcuni consigli però stanno emergendo da parte di commentatori e anche da parte di un senatore democratico. Eccoli.
David Frum, The Atlantic
L’ex speechwriter di George W. Bush, che ha stracciato la tessera del Partito repubblicano con la seconda vittoria trumpiana, dice che lo zoccolo duro dei democratici sono le persone che seguono la politica da vicino, che votano sempre, e non i generici americani insoddisfatti. Bisogna tenerseli stretti. Frum incolpa Biden di aver graziato migliaia di criminali e di aver scelto le lotte sbagliate. Ora bisogna “combattete Trump dove è più vulnerabile”, ha scritto sull’Atlantic: “Non dove i gruppi di interesse progressisti sono più isolati e più dogmatici. Bisogna costruire un’unità dal centro invece di indulgere nella frammentazione della sinistra”. Se Trump è volgare e aggressivo, dice Frum, l’opposizione dovrebbe comportarsi bene, se i democratici vengono presi in giro perché sono troppo rispettosi, allora vuol dire che stanno dando fastidio. “Il piano migliore per l’élite Maga è persuadere la maggioranza americana ad abbandonare la speranza e arrendersi”, non bisogna permetterlo.
Ezra Klein, New York Times
Secondo l’editorialista del New York Times, che è anche tra i più seguiti e più popolari del momento, i nemici di Trump sono le leggi, le norme e la Costituzione. “E’ già stato costretto a indietreggiare su dazi e budget” perché andavano contro i regolamenti. Anche Trump ha paura, anche se non sembra. Klein usa l’esempio del senatore democratico Brian Schatz che sta ritardando il più possibile le nomine del gabinetto presidenziale finché non rimette in piedi l’agenzia UsAid. “Una pratica rara, perché dirompente”, ed è giusto che la capacità dirompente di Trump nel sistema governativo abbia come risposta altrettanta capacità da parte dei democratici, dice Klein. Schatz “sta combattendo”, ed è quello che dovrebbero fare i democratici a Capitol Hill. “Quello che Trump sta facendo si dimostrerà illegale, ma i tribunali sono lenti” e quindi sta alla politica intervenire, al Congresso. “Il Congresso controlla le spese”, dice Klein, “e può muovere procedure di impeachment. Ora i democratici non hanno potere in Congresso, ma possono ostruire e bloccare i repubblicani”.
E.J. Dionne jr., Washington Post
“In questo momento”, dice l’accademico e autore di Perché gli americani odiano la politica, “i democratici non possono far finta che un normale comportamento di risposta sia appropriato”, perché in ballo non ci sono le policy, ma il benessere della repubblica. “Se i democratici vogliono salvare la nazione, e il loro partito, devono smetterla di crogiolarsi nel loro malessere, ma mobilitare la base e combattere per qualcosa di importante, cioè la democrazia costituzionale”. Secondo Dionne jr., “un numero sostanziale di cittadini inizierà a notare quanto sia davvero radicale il disegno trumpiano quando i democratici troveranno modi altrettanto drammatici di resistere, e collegarli a temi che importano agli elettori”, soprattutto cercando di parlare a centristi e swing voter. Far vedere quanto Trump sia estremo e agire con la stessa urgenza con cui il presidente e Musk stanno distruggendo le norme costituzionali.
John Fetterman, senatore democratico della Pennsylvania
“Smettetela di dare di matto per quello che fa Trump!”, è l’ammonimento del democratico John Fetterman, il senatore della Pennsylvania che si presenta agli eventi in pantaloni corti e che è un grande difensore di Israele. Intervistato da Tara Palmeri su Puck, alla domanda: “Quello che sta facendo Trump non dovrebbe farvi perdere le staffe?”, il senatore – unico blu ad andare a Mar-a-Lago durante la transizione presidenziale – risponde: “Non avevano già tutti perso le staffe dopo gli impeachment e i processi? Allora usavano parole come ‘fascista’, oggi parlano di ‘colpo di stato’. Ho studiato i veri colpi di stato, e questo non lo è”. Per ora, dice il senatore, non sono stati fatti danni a lungo termine, “soltanto molto rumore”, ed è vero che Trump aveva promesso di riformare il paese con una certa energia, “e almeno metà della popolazione è d’accordo con lui”.
I democratici hanno usato parole troppo estreme che adesso hanno perso di valore – la gente si stancherà di questo Partito repubblicano “quando vedranno che è il partito del caos”. Fetterman dice che combatterà, ma solo per le cose veramente importanti, come i tagli al dipartimento dell’Istruzione. Per il resto, dice, “il Partito repubblicano ha la maggioranza in Senato e alla Camera”. Di fondo Fetterman sembra dire: che i repubblicani facciano le loro cose e se sono cose impopolari ne pagheranno le conseguenze elettoralmente al prossimo giro.
William Kristol e Sarah Longwell, The Bulwark
Il neocon Bill Kristol ha conversato con Sarah Longwell, fondatrice di Republican Voters Against Trump, sul sito della resistenza antitrumpiana conservatrice che hanno fondato assieme, The Bulwark. “C’è questa cosa che si chiama Congresso”, ha detto Kristol, “quando lavoravo con Reagan per ridurre di un terzo il budget del dipartimento dell’Istruzione, il Congresso si è messo di mezzo e noi non abbiamo pensato, come fa invece Trump ora, ‘lo facciamo lo stesso, anche se i deputati non vogliono’”. Oggi il Congresso prova a smarcarsi da ogni responsabilità. I democratici, dice Kristol, devono agire lì, tra i banchi, “proporre legislazioni, farsi notare”, e fuori dal Campidoglio raccontare la storia “delle persone colpite dalle politiche trumpiane, per esempio la gente che è appena tornata dall’Africa, da un giorno all’altro, e che era lì in missione per conto dell’UsAid”.
Secondo l’ex capo dello staff di Dan Quayle, “le decisioni di Trump avranno degli effetti negativi col tempo, e parte della gente si stancherà di lui”, e bisogna attaccare Elom Musk, perché “è un bersaglio più facile e legittimo, per mostrare la sua agenda parallela che nessuno ha votato”. Il consiglio ai democratici: che i senatori facciano il loro dovere e che lascino che emergano nuovi leader. Per Longwell la chiave invece è: “Avere meno paura, parlare” – se sei un deputato democratico vai davanti alla telecamera, parla. Non è vero che “non c’è niente da fare”. Non fare gli attivisti, non fare i sit in, ma spiegare agli americani perché Trump fa dei danni. Anche per riprendersi il voto dei non-Maga che hanno votato Tump. Ma, dice la conservatrice Longwell, l’opposizione deve “scegliere le battaglie giuste”. Deve prima capire qual è il miglior messaggio invece di paralizzarsi. I democratici “devono decidere una linea, e non attaccarsi alle cose, come il tema dei transessuali, su cui hanno perso la ‘guerra culturale’, non devono parlare di temi su cui sono impopolari”.
Bari Weiss, The Free Press
I democratici hanno fatto due grossi errori, e il pericolo è che continuino a ripeterli invece di fare una seria opposizione alle politiche di questa Amministrazione. La prima, dice Bari Weiss, la fondatrice del sito Free Press, in un’intervista a Fox News, è la “reazione isterica, e il posizionamento illiberale verso Trump – posizionamento che si fa chiamare democratico, progressista, ma che nei suoi impulsi è in realtà estremamente autoritario e totalitario”. Simile a quello, dice, che lei ha vissuto in prima persona al New York Times, da cui se n’è andata scatenando una piccola polemica (disse che il direttore del New York Times era Twitter).
Il secondo errore, dice, è non riconoscere che alcune politiche di Trump – Weiss cita gli Accordi di Abramo o il confronto “vis-à-vis” con l’Iran – possono in realtà essere positive. Non attaccare solo Trump in quanto Trump, insomma. E poi, dice, l’idea che già c’era stata nel 2016, e ciò che con il tycoon alla Casa Bianca “tutto sarebbe andato in fumo e la democrazia sarebbe morta e che Trump avrebbe proposto questa forma di potere hitleriano” si è dimostrato non essere vero. Quindi, perché continuare, anche in questa ultima campagna elettorale, con la narrazione del fascista che distrugge la repubblica? “Gli americani hanno già vissuto quattro anni sotto di lui e le cose non sono crollate”.
Norm Ornstein, The Contrarian
Sul nuovo sito d’informazione di Jen Rubin, fuoriuscita dal Washington Po, Norm Ornstein dice che il Congresso è il luogo dove agire per resistere a Trump. I senatori democratici, ha scritto lo scienziato politico, “devono usare ogni strumento a disposizione per bloccare i meccanismi trumpiani della macchina legislativa, obbligando così anche i media a coprire queste notizie”. I senatori e i deputati democratici devono usare ogni tipo di regolamento interno possibile per ritardare i lavori, una lotta da azzeccagarbugli per complicare la vita ai repubblicani (in fondo non diversa dal metodo di opposizione conservatrice durante gli anni obamiani). E poi, dice Ornstein, la maggioranza risicata alla Camera, che si rinnoverà tra due anni, deve essere sfruttata per spaventare i deputati del Partito repubblicano, trasformando politiche trumpiane che colpiscono lavoratori o certe categorie in campagne da portare avanti sul campo per cambiare i colori dei distretti.
Ma questo non basta per combattere “l’autocrazia”. Servono anche giustizia e media, da una parte “denunce, ordinanze da parte di giudici federali e azioni da parte di procuratori generali degli stati democratici”, dall’altra “un nuovo network parallelo di comunicazione che possa controbilanciare quello così potente della destra, guidato da Fox, Oann, talk show radiofonici, Meta e X, invece di provare a legittimare l’assurdo e dare la colpa di tutto a George Soros, Biden e Harris”.