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L'editoriale dell'elefantino

Non contrastare Trump significa esserne complici

Giuliano Ferrara

Abbandonare, tradire, consegnare il popolo ucraino a chi ha distrutto le sue case, ha deportato i suoi bambini, ha cercato di sradicare la sua allegria e  il suo coraggio, vuol dire disonorare sé stessi e il mondo

Con il piegamento dei ginocchi di Trump di fronte a Putin, con l’Ucraina trattata come un disturbo, “forse un giorno sarà russa”, la mente degli occidentali meno accoccolati nell’ebetudine è andata alla parola desueta “onore”. Che ormai ha cattiva fama: il delitto d’onore, L’onore dei Prizzi, la scipita onorabilità, arretratezza tradizionalismo e mafia, visto che l’aristocratico e il cavalleresco non si portano più. E sia. Ma il disonore lo si vede a occhio nudo. Pensando al presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, e ai suoi discorsi (in particolare ma non solo quello di Marsiglia contestato come “blasfemo” dalla portavoce di Putin), quando incastra la guerra d’invasione ucraina nella storia d’Europa come la riproduzione a parti invertite dei fasti osceni del Terzo Reich imperialista a caccia del suo spazio vitale, pensando a queste parole comparate con la pornografia realista della Casa Bianca di Donald Trump, ecco che il disonore dell’abbandono dell’alleato, del tradimento di un popolo intero, della commercializzazione cinica della pace, in cambio di un piatto di lenticchie terre rare, emerge nel suo significato più ultimativo e schietto. 

Fuori di retorica un popolo è solo un insieme, vecchi e bambini, giovani donne e uomini, e i loro animali e i loro morti in guerra, è la loro fame, il loro freddo, il loro grano e il fango, la loro lingua e letteratura, i loro racconti e balli, campagne fiumi e città e riviere, da Mariupol a Odessa, un popolo invaso è la mestizia abbattuta sulla gioia come un allarme notturno, come una visione improvvisamente oscurata, come una chiamata alla morte, e un popolo è anche i suoi morti, i caduti, in nome dei quali i sopravvissuti parlano. Abbandonarlo, tradirlo, consegnarlo a chi ha distrutto le sue case e i suoi cortili, ha deportato i suoi bambini, ha cercato di sradicare la sua allegria, le sue sicurezze, il suo coraggio, il suo orgoglio vuol dire disonorare sé stessi e il mondo. Il profeta dell’America First! ci si sta mettendo d’impegno e non contrastarlo convertendosi, cambiando orizzonte politico, impedendo lo scempio a ogni costo, pagando un prezzo qualunque esso sia per la difesa dell’Europa libera, vuol dire complicità, omertà, debolezza etica, che è il problema degli europei, come ha capito Macron, il presidente francese, come ha capito e bene, in modo semplice e convincente, Mattarella, il presidente italiano, come hanno capito gli inglesi e i tedeschi migliori.  

L’onore politico non è la battaglia contro i mulini a vento, è pagarsi la propria difesa, è mettersi di traverso quando i bulli globali pretendono di decidere in tre, anche senza una vera prospettiva di successo, che la sconfitta dell’Ucraina sarà la prova generale della fine della democrazia liberale e della sovranità delle nazioni così come fu ricostruita, imperfettamente, a Yalta e poi nella Guerra fredda, così come fu sacrificata, alla perfezione, nella Conferenza di Monaco, e allora l’oggetto dell’esperimento, prima dell’invasione della Polonia, fu la Cecoslovacchia. L’onore politico è una decisione, un appello al cielo in nome delle opinioni pubbliche disarmate dal benessere, una Zeitenwende, il cambiamento di registro che riscatta gli errori e le fragilità del passato, del quieto vivere, e sbarra la strada all’imperialismo tripolare, Mosca Washington Pechino, che minaccia di ricostruire su basi postdemocratiche e illiberali, a colpi di negoziati sulla testa dei popoli e di decreti esecutivi, prikaz e executive orders, un ordine mondiale fondato sulla sopraffazione.
 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.