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Noi figli d'Israele. Parla Michel Onfray
“Non sarei quello che sono senza l’ebraismo. La sinistra è finita a scusare le cerimonie di Hamas degne di Norimberga”, dice il filosofo, in uscita con un nuovo libro sulle origini intellettuali del nuovo antisemitismo
“Il giudeo-cristiano senza Dio che sono io non sarebbe quello che è senza l’ebraismo”. Così scrive Michel Onfray in apertura del suo libro “Dieu? Le philosophe & le rabbin”, un dialogo sull’ebraismo scritto con il rabbino Michaël Azoulay. Siamo tutti figli della cultura ebraica. “Prima di Platone, sono le persone che hanno imparato a leggere e a pensare al mondo intero. Scrissero la Torah e poi, soprattutto, dopo, con il Talmud, la commentarono e poi commentarono i commentari, in modo infinito. Il giudeo-cristianesimo rende possibile l’arte occidentale. E questo cristianesimo così costituito oggi è in pericolo. E’ il principio vitale della civiltà odierna attaccato da tutte le parti: dall’esterno, dal bellicismo della civiltà, e dall’interno, dall’odio di sé. La forza di coloro che ci odiano deriva meno da loro stessi che dalla debolezza di coloro che lavorano per minare la lettura e i suoi necessari correlati: l’ermeneutica e l’arte che vive di simboli. Muto davanti al libro e all’immagine, l’occidente entra nel silenzio”.
Filosofo eclettico e inclassificabile, Onfray sta per uscire con un altro libro, “L’autre collaboration” (Plon) sulle origini intellettuali dell’antisemitismo nella sinistra radicale. All’indomani della tragedia del 7 ottobre, il filosofo Onfray si è chiesto perché milioni di cittadini francesi avessero celebrato un giorno così importante per il popolo palestinese. “Quale forma avrebbe potuto assumere l’antisemitismo in Sartre, che pensa che l’ebreo non abbia alcuna esistenza storica propria al di fuori dell’antisemita che lo fa esistere, nonostante tremila anni di esistenza, e in Beauvoir, che è stufa delle geremiadi che circondano Anna Frank? In Deleuze che si inginocchia davanti a Yasser Arafat o in Foucault che ama tanto i mullah iraniani il cui antisemitismo è la spina dorsale e la distruzione dello stato di Israele il mantra? O in Alain Badiou, per il quale la questione ebraica sembra solo una questione filologica? Da Roger Garaudy, comunista, accanito negazionista e convertito all’islam, che oggi sembra trionfare post mortem in una sinistra tutto sommato ben felice di fare compagnia agli assassini di Hamas per qualche piatto di lenticchie servito all’Assemblea nazionale”.
Onfray fa risalire il nuovo antisemitismo a Sartre. “Nelle ‘Réflexions sur la question juive’ di Sartre conosciamo le tesi del filosofo che non fu certo un membro della Resistenza – per usare un eufemismo – e che sostenne il terrorismo palestinese del 15 ottobre 1972: l’ebreo non ha un’esistenza propria, è una creazione dell’antisemita. Nel 1946, nell’alito nero della liberazione dei campi nazisti, questa tesi doveva sembrare scandalosa, ma non lo era. Quasi tre millenni di storia del popolo ebraico erano stati così nascosti sotto il tappeto e non c’è modo migliore di cancellare gli ebrei dalla storia che privarli della totalità della loro storia. Ma, poiché questo crimine fu commesso a Saint-Germain-des-Prés, la pillola fu ingoiata”.
C’è un secondo modo di essere antisemiti. “Consiste nello sfruttare la Shoah arroccandosi sulle ceneri di Auschwitz per designare come fascista qualsiasi avversario politico il cui progetto non sia quello di attaccare gli ebrei, distruggere la democrazia, rovesciare la repubblica e stabilire la violenza insurrezionale delle strade come luogo di nascita della Storia contro il processo elettivo. Oggi sfruttiamo la memoria dei sei milioni di ebrei gasati quando vediamo antisemiti dove non ci sono e ci permettiamo di non vedere i veri antisemiti dove ci sono, di non vederli più”. Da qui il successo odierno dell’odio verso gli ebrei nelle periferie. “Nella Francia dei diritti dell’uomo, invece del disgusto e dell’indignazione che dovrebbero suscitare all’unanimità le ignominie subite dalle popolazioni civili, alcuni riversano il loro odio sugli ebrei o rifiutano di condannare un’organizzazione terroristica i cui crimini ricordano quelli dei nazisti”.
E lo si vede dalla crisi di civiltà in corso su Gaza. “Quando la sinistra era di sinistra, uno dei suoi segnali distintivi era la critica alla tortura. Ma questo era prima che il nichilismo lo contagiasse. Ora, come ai bei vecchi tempi dell’Inquisizione medievale, elogia la ‘domanda’ considerandola una forza motrice efficace nella costruzione della storia, efficace ed etica perché progressista”.
Onfray vede nel silenzio del progressismo sulla tortura di Hamas l’ultimo segno dell’impazzimento della sinistra. “Fu Beccaria, filosofo illuminista, con il suo trattato ‘Dei delitti e delle pene’, a regolare i conti con la tortura, ritenendola indegna dell’uomo”.
Ci fu poi una processione di progressisti a criticarla, fino al Foucault di “Sorvegliare e punire” che apre il suo libro con una descrizione dettagliata della tortura di Damiens, passando per la lotta di Robert Badinter che ha abolito la pena di morte in Francia nel 1981. “Ora il coro dei ‘progressisti’ non finisce mai di elogiare i terroristi di Hamas, trasformati in santi del palestinismo, in eroi della resistenza al sionismo globale, che praticano la tortura, la mettono in scena, la drammatizzano in cerimonie trasmesse in tutto il mondo come quelle di Norimberga, e che permettono al governo di mostrare il suo potere attraverso la sua crudeltà”.
L’ultimo show a Gaza con i tre israeliani pelle e ossa. “Ogni scenario di liberazione degli ostaggi mette in scena il sadismo dei padroni che, armati fino ai denti, nascosti da occhiali scuri e passamontagna, trasformano i loro schiavi liberati dalle prigioni in marionette e giocano con loro come i ghepardi con le antilopi. Il terrore anima coloro che probabilmente non sanno se saranno giustiziati in pubblico durante questa macabra celebrazione iniziata con l’umiliazione”.
Con tanto di certificati di liberazione tenuti come diplomi in una giornata di premiazione in una scuola, il tutto sotto lo sguardo di fotografi, operatori video o piloti di droni che creano immagini umilianti per atterrire il mondo intero. “L’ostaggio viene condotto tra la folla isterica in un viaggio che non sa se finirà con un plotone di esecuzione. Oppure qualcos’altro di cui aver paura. Hamas pratica la tortura fisica. Rapimento, aggressione e percosse intenzionali, stupro, mutilazione, privazione di cure e farmaci, di interventi chirurgici dopo le ferite inflitte, sequestro, ingabbiamento, privazione sensoriale tramite l’obbligo di una vita sottoterra per più di un anno, una vita di animale in una tana. Tra gli altri orrori indicibili, fecero il giro del mondo le immagini girate dagli stessi terroristi che mostravano sangue, lacrime, pantaloni sporchi di sangue, urina ed escrementi. La colpa è di questi ostaggi? Essere ebreo. Questo è tutto, nient’altro”.
Non si sa quanti ostaggi torneranno nelle bare sigillate. “I comunicatori di Hamas diranno ovviamente che sono stati uccisi dai bombardamenti israeliani. Gli ebrei non sono forse colpevoli di tutto? Soprattutto di essere ebrei. Sapremo mai, dopo un anno di putrefazione, quali abusi hanno subito queste donne e questi uomini, se non questi bambini? Le torture sono andate male? Esecuzioni volontarie dopo il perfezionamento della ferocia? Stragi di massa come quelle dell’Olocausto, perpetrate a colpi di arma da fuoco?”.
Hamas pratica la tortura psicologica. “Ogni crudeltà fisica provoca danni psicologici. Chi dubiterebbe che essere una schiava del sesso non distrugga l’anima tanto quanto un proiettile al cuore distrugge la carne? Cosa potrebbe significare prendere in ostaggio un bambino di nove mesi che poi ha passato più tempo in cattività di quanto non ne abbia passato con i suoi genitori?”. Kfir Bibas ha festeggiato due anni da ostaggio. “Ti uccido, no, ti risparmio; ti libero, anzi ti tengo. Nessun animale ha mai praticato questa raffinatezza nella barbarie. Sappiamo anche che le donne venivano utilizzate come schiave domestiche: cucinare, lavare i piatti, pulire, compiti considerati umilianti, ma che i testi coranici ci spiegano essere doveri delle donne”.
Sul telone che fa da sfondo a questa drammatizzazione della liberazione degli ostaggi, si leggono in inglese alcuni slogan, tra cui questo che stranamente la stampa non commenta mai: “Il nazismo sionista non vincerà”. “Sionismo, nazismo? Dove sono i campi di sterminio ebraici con i loro forni crematori dove i palestinesi muoiono metodicamente, sistematicamente e quotidianamente? Dove sono le cariche di tutti gli arabi palestinesi che vivono in Israele e sono insegnanti, dottori, farmacisti, commercianti, artigiani, imam? Perché sentiamo sempre il richiamo del muezzin dalla cima di un minareto a Tel Aviv? O da Gerusalemme? Riuscite a immaginare le sinagoghe attive nella Germania nazista? Dove sono i massicci bombardamenti della Cisgiordania destinati a cancellarla dalla mappa? E che dire del rastrellamento mondiale dei palestinesi per mandarli alle camere a gas? E quali luoghi per questo sterminio?”.
La tortura fisica e psicologica era il destino del regime nazionalsocialista. “Donne, bambini, anziani maltrattati, torturati, uccisi, semplicemente perché erano ebrei: questo è stato il caso del nazismo, ne è addirittura la firma. Oggi è la volta di Hamas. Il fatto che la sinistra possa accettare la tortura di un bambino di due anni colpevole di essere ebreo dimostra cosa è diventata la religione del progresso: un veleno che lavora contro il progresso. E’ giunto il momento di una regressione presentata come un grande balzo in avanti, ma in realtà è un grande balzo verso l’abisso etico e politico”.
Come è possibile, in nome di quale ideologia, che il progressismo abbia accettato di marciare come il pifferaio di Hamelin al suono degli slogan di questi tagliagole di Gaza. “Il fallimento del marxismo-leninismo, sancito dal crollo dell’Unione Sovietica, ha costretto la sinistra rivoluzionaria a modificare la propria teoria: non è più l’avanguardia illuminata del proletariato il motore della storia, cioè l’operaio rivoluzionario, ma un sottoproletariato fatto di immigrati fuorilegge, delinquenti plurirecidivi, narcotrafficanti che vivono come capi di tribù primitive, radicali che trasformano il femminismo in androfobia, l’antirazzismo in razzismo, le preferenze sessuali private in odio all’occidente patriarcale” ci dice ancora Onfray. “E’ il trionfo di Bakunin, che voleva aprire le prigioni per alimentare la rivoluzione, sullo pseudoscientismo di Marx. L’islam radicale, nel suo odio per l’occidente, è il braccio armato di questa distruzione della civiltà giudaico-cristiana. Il Corano può anche indicare un percorso politico tutt’altro che progressista (omofobia, antisemitismo, fallocrazia, misoginia, gusto per la guerra e per la morte…), ma non importa: questa sinistra crede di usare l’islam come strumento nella speranza che faccia il lavoro per loro, ma sta fraintendendo la storia. Se quest’opera di pulizia dell’occidente fosse portata a termine fino in fondo, porterebbe con sé questi cosiddetti progressisti di sinistra sulla via del patibolo. Prima del 7 ottobre, Gaza era un paradiso per le persone lgbtq+?”. Eppure Hamas si rivolge al pubblico occidentale con questi macabri spettacoli: “Il sionismo nazista non vincerà”.
“Cercano di mobilitare le persone che nel loro paese, in Europa e in tutto il mondo odiano gli Stati Uniti, Israele e l’Occidente, che raggruppano sotto il vergognoso termine ‘sionismo’. Questa inversione semantica, che trasforma gli ebrei in nazisti e i palestinesi in ebrei del Terzo Reich, è un’oscenità storica. Tuttavia, un avvocato, Arié Alimi, e uno ‘storico’, Vincent Lemire, hanno pubblicato un articolo sul Monde del 20 giugno 2024 in cui spiegano che esiste un ‘antisemitismo buono’, quello che serve alla causa palestinese, e un ‘antisemitismo cattivo’, quello che vedono in un’estrema destra che loro romanzano perché non esiste un’estrema destra antisemita in Francia: se ci fosse, ci direbbero quanti morti ha causato in Francia negli ultimi dieci anni! D’altra parte, possiamo facilmente stilare una lista di ebrei uccisi perché erano ebrei e non erano antisemiti di estrema destra ad impugnare il coltello. Con un obiettivo più lontano, queste persone stanno preparando la ummah all’idea che il programma nucleare iraniano possa spazzare via il ‘male’ dal pianeta. Stanno lavorando per l’avvento di un Olocausto definitivo e fatale. In modo gramsciano, stanno completando la Soluzione Finale lavorando per la sua finalità”.
Un pezzo di occidente ha perso la testa scegliendo di difendere la jihad. “Non c’è bisogno di essere ebrei per soffrire di questa barbarie, bisogna semplicemente amare la vita, a dispetto di chi adora la morte”. Ma, conclude Onfray, “l’occidente è in decomposizione, sta morendo e non lo sa, l’élite insulta chi glielo dice e allo stesso tempo lavora per distruggere ciò che resta della sua vita. E’ segno di nichilismo rivolgere contro se stessi le pulsioni di morte che l’occidente non sa più come gestire, se non amandole”. E schierandosi con i nemici d’Israele si scava la fossa da solo.