
La truffa $Libra e la crisi reputazionale di Milei
Truffato o truffatore? Il crac della memecoin promossa attraverso il suo account X è, al di là delle ricadute giudiziarie, la prima vera crisi politica per il presidente dell'Argentina
Truffato o truffatore? In ogni caso dall’Escándalo cripto, un mini crac finanziario che si è trasformato in una tempesta politica, Javier Milei non ne esce bene. Venerdì il presidente argentino ha promosso, attraverso il suo account X, il token di una criptovaluta sconosciuta $Libra, legata a un progetto chiamato Viva La Libertad che avrebbe dovuto finanziare le piccole imprese argentine. Dopo l’endorsement di Milei, che è molto influente nella community libertaria affascinata dal mondo crypto, il valore del token si è rapidamente gonfiato per sprofondare subito dopo, quando si è prima diffusa la sensazione e poi la consapevolezza che si trattava di una truffa.
In gergo si chiama rug pull: gli sviluppatori creano una criptovaluta, ne fanno aumentare la domanda – magari tramite influencer o celebrità – e infine, possedendo la stragrande maggioranza delle monete, le vendono in massa tenendosi i profitti, a spese degli investitori che si ritrovano token che non valgono più nulla. Il caso di $Libra è stato eccezionale perché, dopo aver toccato un massimo di 5,2 dollari a pochi minuti dal lancio, ha perso il 96% del valore in poche ore.
Un crollo repentino che ha costretto Milei in piena notte, appena cinque ore dopo, a rimuovere il tweet e a prendere le distanze dall’iniziativa. “Non ero a conoscenza dei dettagli del progetto – ha scritto il presidente dell'Argentina su X – e dopo essermi informato ho deciso di non continuare a diffonderlo (ecco perché ho cancellato il tweet)”. In realtà, la storia è più complessa, perché Milei e il suo entourage avevano avuto nei mesi precedenti diversi contatti e incontri con gli sviluppatori della criptovaluta. Come ha poi ammesso in un altro comunicato la presidenza della Repubblica argentina, l’ultimo incontro tra gli sviluppatori e Milei è stato solo poche settimane fa – il 30 gennaio – alla Casa Rosada.
La presidenza ha avviato un’indagine interna anticorruzione per determinare se ci sono state condotte improprie da parte di membri del governo, incluso il presidente. Naturalmente, questo non basta alle opposizioni che hanno denunciato Milei alla giustizia ordinaria. Ma non è quello giudiziario il problema del presidente libertario, anche perché da questo punto di vista l’opposizione si trova in condizioni ben peggiori: l’ex presidentessa Cristina Kirchner, sua principale avversaria, è stata appena condannata in appello a sei anni per un grande schema di corruzione.
Il contraccolpo più grande per Milei è reputazionale. In primo luogo perché, in qualche modo, è legato a un gruppo di frodatori e questo delegittima il messaggio che ha contribuito a fargli vincere le elezioni: la lotta alla “casta” politica di “ladri” che ha derubato l’Argentina. Se non era consapevole della frode – l’ipotesi più probabile, per come rapidamente è precipitata la situazione e perché al momento non pare ne abbia tratto alcun beneficio economico – vuol dire che Milei è stato sfruttato e raggirato da truffatori, e questo comunque intacca la sua immagine di “esperto” di economia, che è l’altro perno del suo successo. Peraltro, uno dei messaggi forti di Milei era la distruzione della Banca centrale perché manipolava il valore della moneta e si è trovato a sponsorizzare chi, privatamente, ha adottato un comportamento analogo. Infine, lo scandalo incrina il rapporto con la sua base elettorale e la sua community sui social, molto forte e vocale, perché a perdere i soldi sono stati proprio i suoi sostenitori e seguaci più fidelizzati.
Nonostante l’Argentina abbia problemi economici enormi, è questo il tema politico più difficile per Milei. Perché, a differenza di altri momenti critici – quando ad esempio ha messo il veto contro voti ampi del Parlamento per l’aumento delle pensioni – il presidente è sempre riuscito a motivare le sue decisioni impopolari con il risanamento dell’economia. E i risultati significativi sul riequilibrio dei conti pubblici, il crollo dell’inflazione, la ripresa economica e la forte riduzione della povertà gli hanno poi dato ragione, rafforzando il consenso a suo favore. Stavolta, invece, Milei – che la sua complicità nella truffa sia consapevole o meno – non ha un messaggio o una narrazione convincente da fornire agli argentini.
È il secondo scivolone dopo il discorso contro l’ideologia gender a Davos, in cui aveva accostato l’omosessualità alla pedofilia, provocando una forte reazione della società civile argentina. Ma in quel caso Milei aveva fatto un passo di lato dicendo che il suo discorso era stato manipolato e frainteso. In altre occasioni, errori di ministri e funzionari pubblici sono stati risolti con il licenziamento. Stavolta la è difficile risolvere la questione facendo rotolare qualche testa, perché a essere coinvolti sono Milei e il suo cerchio magico tra cui sua sorella Karina. Il presidente parlerà oggi in un’intervista televisiva e – secondo indiscrezioni della stampa argentina – la versione è che è stato “truffato” dal gruppo di trader.
Si vedrà se questa vicenda avrà un impatto sui consensi – finora elevati – in un anno elettorale e se avrà conseguenze sul difficile piano di stabilizzazione macroeconomica. Sembrava a buon punto ma in Argentina, la storia lo insegna, ogni equilibrio è precario. Ieri S&P Merval, il principale indice azionario della borsa di Buenos Aires, è crollato del 5% circa.