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accuse e ribaltamenti

Il delirio di Pankaj Mishra, che vede ovunque “toppe gialle” e nessun terrorista

Giulio Meotti

Nella sua ultima uscita, il romanziere descrive le azioni di Israele nella Striscia come un “massacro su scala industriale”, accusando il “crudele regime sionista” di aver utilizzato l'Olocausto come alibi. Mentre gli assassini del 7 ottobre sarebbero solo “militanti palestinesi”

In 292 pagine de “Il mondo dopo Gaza”, la parola Hamas compare soltanto quattordici volte e mai accanto a “terroristi”, presente cinque volte e mai riferita a Israele (“ostaggi”, una soltanto). Saggista e romanziere pubblicato dai giornali col blasone (New York Review of Books, New Yorker, Guardian, Times Literary Supplement), all’attivo anche un libro contro Salman Rushdie per non farsi mancare niente, Pankaj Mishra è un darling della nuova classe intellettuale multiculturale e decolonizzata. Per Guanda arriva in Italia “Il mondo dopo Gaza” e il Wall Street Journal lo definisce un “libro ripugnante” (Repubblica lunedì gli ha concesso una intera pagina per accostare Primo Levi a Gaza). Nel libro Mishra accusa Israele di aver usato l’Olocausto come un alibi per il “massacro sconsiderato di innocenti a Gaza”

 

                      

Descrive le azioni di Israele a Gaza come un “massacro su scala industriale”. Mishra non è uno sciocco, è consapevole che il paradigma della nostra civiltà per il “massacro su scala industriale” sono i campi di sterminio nazisti e non esita a evocarli. Non descrive mai gli assassini del 7 ottobre come terroristi

“I diplomatici israeliani all’Onu hanno indossato toppe gialle con la stella di Davide e Netanyahu ha paragonato ad Anne Frank i bambini rannicchiati mentre gli uomini armati di Hamas imperversavano nei kibbutz” scrive Mishra. Ci sono molte frasi simili nel libro che vanno lette due volte. Soltanto a pagina 44, Mishra riconosce che i “militanti palestinesi” hanno assassinato più di mille israeliani il 7 ottobre. Ma solo per dirci che, dopo i massacri nei kibbutz, “i politici israeliani hanno ripetutamente paragonato l’episodio all’uccisione di sei milioni di ebrei in Europa”. Mishra incita gli studenti della Ivy League a sventolare striscioni in solidarietà con Gaza. “Una cerchia sempre più ampia di giovani cittadini occidentali e non occidentali afferma che Israele è un crudele regime colonialista e suprematista ebraico”. Un’altra di quelle frasi.

“Nella loro indifferenza verso gli avanzamenti di carriera, i manifestanti hanno dimostrato un coraggio non comune”. Gli stessi manifestanti che sono scesi in piazza a sostegno di Hamas poche ore dopo i massacri del 7 ottobre e che hanno urlato “ebrei tornatevene in Polonia”? Non ne ha soltanto per “la cultura politica dell’occidente da cui Hitler prese in prestito la sua concezione razziale della cittadinanza”. Traccia anche un paragone tra la sua storia di colonizzato britannico e i palestinesi. “La nonna con l’hijab inginocchiata nella polvere davanti a un adolescente ashkenazita con un Uzi o gli aspiranti scrittori impazienti dell’università di Birzeit... erano persone che mi assomigliavano e che ora sopportavano un incubo che io e i miei antenati ci eravamo lasciati alle spalle”. Ashkenazita con l’Uzi? Milioni di israeliani sono ebrei mizrahi di origine mediorientale. 

Uno di loro si chiamava Shlomo Mansour, ottantasei anni, un ebreo iracheno sopravvissuto al pogrom di Baghdad del 1941, tra i fondatori del kibbutz Kissufim. I nipoti della nonna con l’hijab lo hanno ucciso il 7 ottobre e ne hanno portato il corpo a Gaza. Il corpo di un vecchio ebreo da barattare per un altro giro di decolonizzazione di cui vaneggia l’indiano woke.
 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.