(Ansa)

Si vuole disarmare Israele e ci si dimentica di Hamas, che ha un bottino dall'inizio della guerra

Giulio Meotti

L'appello lanciato da Amnesty in cui non compare nemmeno una volta il nome del gruppo palestinese. L'Ap ha fatto l'inventario delle armi straniere che arrivano nelle mani di Hamas. Accanto agli ostaggi israeliani scarni e deboli, ci sono i terroristi in carne e in forze

“I governi smettano di armare Israele”. Questo il titolo dell’appello lanciato da Amnesty International Italia. 2.500 parole e neanche una sola volta compare “Hamas”. Inutile cercare anche solo una vaga richiesta ai terroristi di Gaza di disarmare, smettere di far entrare armi e munizioni dentro la Striscia dai tunnel che passano sotto il confine egiziano o all’Iran di non finanziare più la guerra a Israele. L’Associated Press ha fatto l’inventario degli armamenti stranieri che arrivano nelle mani di Hamas: “Fucili da cecchino iraniani, fucili d’assalto Ak-47 da Cina e Russia, granate di fabbricazione nordcoreana e bulgara, razzi anticarro assemblati a Gaza”. 


“Se volete un esempio della voglia di morire della civiltà occidentale vi cito la proposta di vietare la vendita di armi a Israele”, ha scritto l’ex premier britannico Boris Johnson. A ogni spietata cerimonia che i terroristi hanno organizzato a Gaza City, accanto agli ostaggi israeliani scarni e deboli, ci sono i membri di Hamas in carne e in forze, le uniformi stirate e le armi lucidate. Come riesce Hamas a mantenere il potere e continuare a funzionare come organo di governo? Dove prende i fondi? Se il denaro della comunità internazionale per vent’anni è andato a fortificare le strutture di Hamas, con il cemento di Gaza usato per costruire la rete di tunnel, anche durante la guerra Hamas è riuscita a mettere le mani su enormi somme di denaro, beni e risorse che gli consentono di rimanere al potere. 


Secondo le stime delle istituzioni di sicurezza israeliane riportate dal quotidiano Makor Rishon, un miliardo di dollari è arrivato a Hamas dal 7 ottobre 2023 attraverso fonti dirette e indirette che gli consentono di continuare a pagare gli stipendi ai suoi uomini per sedici mesi di guerra e reclutarne di nuovi per sostituire quelli uccisi. Pacchi di cibo, acqua, attrezzature mediche, tende e carburante: tutto questo serve prima di tutto agli operatori di Hamas, sostenitori e famiglie. Hamas vende i beni rimanenti ai residenti della Striscia. Secondo il Coordinamento israeliano delle attività governative nei territori (Cogat), prima della guerra cinquecento camion entravano nella Striscia da Israele ogni giorno con cibo, carburante, materiali da costruzione, materie prime, mobili, vestiti e beni di ogni tipo.

Inoltre, le merci entravano nella Striscia dall’Egitto attraverso il valico di Rafah in un volume di cento-duecento camion al giorno. Secondo i dati dell’autorità doganale, nel 2024 sono entrati nella Striscia 42.700 camion di aiuti umanitari. L’accordo sugli ostaggi ha portato a un ulteriore aumento del flusso di rifornimenti verso la Striscia: seicento camion al giorno, per un totale di 25.200 camion in un mese e mezzo. Si tratta di risorse trasferite direttamente e indirettamente ad Hamas. Secondo le stime, l’organizzazione sequestra il 25-30 per cento degli aiuti umanitari che entrano nella Striscia, 150 camion al giorno. Parte degli aiuti che Hamas ruba, li rivende immediatamente ai residenti. I suoi ricavi da questo canale sono stimati tra i cinquanta e i cento milioni di dollari al mese, per un totale di un miliardo di dollari dall’inizio della guerra. In base all’accordo attuale, cinquanta autocisterne di carburante e gas entrano nella Striscia ogni giorno. Hamas ha istituito posti di blocco in varie località della Striscia per fermare i camion degli aiuti. A causa del ritiro delle forze israeliane dalla Striscia, non c’è nessuno che impedisca ad Hamas di farlo. 

“Gli ebrei ci stanno facendo morire di fame”, ha detto Hamas per sedici mesi portando dalla sua mezzo occidente mentre stava facendo morire di fame gli  ostaggi nel lager sotto Gaza. Il padre di una di loro, Daniella Gilboa, racconta: “Alcuni giorni venivano nutrite con mangime per animali”. I terroristi mangiavano di fronte agli ostaggi e negavano loro il cibo e a volte costringevano gli ostaggi a scegliere chi avrebbe mangiato e chi no. Ora per vincere questo conflitto Hamas non deve far altro che sopravvivere e ricominciare. Per Hamas, questa è la vittoria. Ed è ciò che, a quanto pare, stanno facendo grazie anche alla coscienza umanitaria occidentale.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.