Donald Trump (LaPresse)

Le preoccupazioni europee

Trump isola sempre di più l'Ucraina. L'Europa fatica ad accettare un'America ostile

David Carretta

Quanto è difficile la realtà di Trump per gli europei. La fermezza di Tusk che negli ultimi giorni ha oscillato tra la necessità di un'Europa autonoma e il desiderio di non rompere con gli Stati Uniti, "È tempo di agire. Finanziamo i nostri aiuti all'Ucraina con gli attivi congelati russi"

Donald Tusk, il primo ministro polacco, ha reagito con un messaggio cupo all’attacco di Donald Trump contro Volodymyr Zelensky. “Una capitolazione forzata dell’Ucraina significherebbe una capitolazione dell’intera comunità occidentale. Con tutte le conseguenze di questo fatto. E nessuno faccia finta di non vederlo”, ha scritto Tusk in un post su X mercoledì. Eppure il primo ministro polacco è stato tra i più strenui difensori della strategia dell’appeasement nei confronti di Trump. Per Tusk, come per molti altri responsabili politici europei, è praticamente impossibile immaginare una vita senza gli Stati Uniti. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, finora ha rifiutato di criticare apertamente l’Amministrazione Trump o prendere decisioni sul commercio o le grandi piattaforme che possano essere percepite come ostili. A causa della loro fede transatlantica, molti leader europei hanno rifiutato di pensare e dunque prepararsi al peggio: il tradimento dell’Ucraina e la rottura con l’Europa da parte di Donald Trump. 


Non passa giorno senza che l’Amministrazione Trump invii un segnale di divergenza transatlantica. Il Financial Times ha rivelato che gli Stati Uniti si oppongono a definire la Russia come “l’aggressore” nella dichiarazione del G7 per i tre anni dall’inizio della guerra. Secondo Reuters, l’Amministrazione rifiuta di essere co-sponsor di una risoluzione all’Onu per riaffermare il sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina. I funzionari americani hanno iniziato a usare la parola “conflitto” al posto di “guerra”. Il linguaggio della diplomazia conta come le bordate retoriche di Trump, che mercoledì ha definito Zelensky un “dittatore”. Dopo lo choc provocato dai discorsi del segretario alla Difesa, Pete Hegseth, alla Nato e del vicepresidente, J. D. Vance, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, anche gli europei più atlantisti iniziano ad accorgersi che Trump fa quello che dice. “Il presidente Zelensky è stato legittimamente eletto in elezioni libere, giuste e democratiche. L’Ucraina è una democrazia, la Russia di Putin no”, ha risposto ieri la Commissione europea.

Secondo diverse fonti, von der Leyen è molto preoccupata, ma non sa come reagire. Prima dell’inaugurazione l’Ue ha preparato piani di contingenza per reagire ai dazi. Ma nulla è stato pensato per lo scenario peggiore sulla politica estera e la sicurezza, perché considerato impossibile. Alcuni leader del Vecchio continente continuano a ritenere che sia possibile convincere Trump. “Dobbiamo convincere gli Stati Uniti che il futuro dell’Ucraina è una questione decisiva non solo per l’Ucraina, ma anche per la sicurezza europea, il sistema internazionale e lo status degli Stati Uniti come grande potenza”, ha detto il presidente finlandese, Alexander Stubb. Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ieri si è lamentato degli europei che “piagnucolano” e li ha invitati a fare di più sulle garanzie di sicurezza per aiutare Trump a portare una pace duratura in Ucraina.

C’è una componente culturale che impedisce ad alcuni di immaginare una rottura con gli Stati Uniti. Per l’establishment tedesco, la relazione transatlantica è prioritaria sull’Ue. I paesi nordici e dell’est Europa hanno sempre considerato l’America come un padrino benevolo. La prudenza è legata alla sicurezza. “Dobbiamo decidere se si vuole rispondere frontalmente oppure lavorare alla preservazione della relazione transatlantica”, spiega al Foglio un diplomatico di un paese atlantista: “Ventitré stati membri dell’Ue sono membri della Nato e il ruolo degli Stati Uniti nella Nato rimane essenziale”. Secondo il diplomatico, anche senza ritirarsi dall’Alleanza, Trump ha il potere di “addormentare” la Nato mettendo in crisi la sua deterrenza. “Ciò che rafforza le alleanze è la prevedibilità. Se si introduce un elemento di imprevedibilità all’interno è distruttore”, dice il diplomatico.

Il consigliere per la Sicurezza nazionale della Romania, Cristian Diaconescu, ha detto che la delegazione russa a Riad ha chiesto senza successo agli americani di ritirare le truppe americane dall’Europa dell’est. Ma alcuni temono che il ritiro dal fianco orientale della Nato possa diventare uno strumento di ricatto di Trump per costringere gli europei ad accettare la capitolazione di Zelensky. “Gli Stati Uniti ci hanno concesso tre settimane per concordare le condizioni della resa dell’Ucraina. Altrimenti gli Stati Uniti si ritireranno dall’Europa”, ha detto ieri Mika Aaltola, parlamentare europeo ed ex direttore dell’Istituto degli affari internazionali finlandese. “Se l’azionista di maggioranza della Nato crea elementi di incertezza, gli europei devono poter agire da soli”, spiega il diplomatico. Tusk, che negli ultimi giorni ha oscillato tra la necessità di un’Europa autonoma e il desiderio di non rompere con gli Stati Uniti, ieri è stato netto: “Basta parlare, è tempo di agire. Finanziamo i nostri aiuti all’Ucraina con gli attivi congelati russi. Rafforziamo (…) le frontiere dell’Ue con la Russia. E adottiamo rapidamente le nuove regole di bilancio per finanziare la sicurezza e la difesa. Subito!”.