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Foto Ap, via LaPresse
tre anni di guerra
La libertà da difendere in Ucraina
Il senso della resistenza ucraina sta nella sua storia e nella cancellazione russa che non s’accontenta di terra, ci dice Yaroslav Trofimov, capo degli inviati del Wall Street Journal
Ci sono due cose più crudeli delle altre in questo terzo anniversario della guerra russa contro l’Ucraina: la prima è che il presidente della Francia oggi è a Washington e non a Kyiv, perché va aggiustata un’alleanza rotta, l’Amministrazione Trump “non crede più in una comunanza di valori con l’Europa”, dice al Foglio Yaroslav Trofimov, capo degli inviati del Wall Street Journal, e il fracasso piomba sull’Ucraina, assieme alle bombe di Vladimir Putin. L’altra è che gli ucraini, la loro resistenza, il costo umano che sopportano soltanto loro sono scivolati via da ogni commento o considerazione: s’è perso il senso di questa difesa.
Per questo, perché il calcolo cinico su territori, risorse, linee di confine non ha nulla a che fare con la natura di questa aggressione, e perché Trofimov ha scritto un romanzo storico ucraino basato sulla vita di Debora, sua nonna, “Non c’è posto per l’amore, qui”, ritroviamo questo senso ricominciando dall’inizio, dal fatto che “questa ultima guerra comincia da un saggio di Vladimir Putin – dice – scritto durante la pandemia, che si intitolava ‘Sull’unità storica di russi e ucraini’, reso pubblico nell’estate del 2021: in questo testo il presidente russo teorizza che l’Ucraina non esiste, che ucraini e russi sono lo stesso popolo e che l’Ucraina non ha alcun diritto ad avere una sua storia e una sua strada autonoma. Questo negazionismo era il tratto prevalente dell’Unione sovietica e lo è di questa invasione: come noi ucraini, in trent’anni di indipendenza, abbiamo scoperto la nostra storia negata dai sovietici e l’abbiamo riabilitata, così i russi oggi, appena conquistano un villaggio ucraino, la prima cosa che fanno è abbattere i simboli della nostra storia, come i memoriali per l’Holodomor, la grande carestia voluta da Stalin di cui l’Ucraina ha avuto contezza soltanto quando è crollata l’Urss. Ho raccontato nel mio romanzo la storia di mia nonna Debora e della mia famiglia, ma è la storia di tutti noi, di un popolo che è sopravvissuto al Novecento, quando l’Ucraina era forse il posto più pericoloso della terra”. Durante la Seconda guerra mondiale, sono morti dieci milioni di ucraini, Kyiv è caduta sotto i tedeschi nel 1941 e quando i sovietici sono tornati nel 1943 metà della popolazione della capitale era morta. C’era stata la carestia voluta da Stalin e un metodico annichilimento degli ucraini – per risparmiare sui proiettili, i sovietici ne usavano uno per due ucraini, facendoli mettere con le teste vicine, e sparando – e dei loro scrittori e artisti. “Sono cresciuto a Kyiv, quando andavo a scuola, negli anni Ottanta – dice Trofimov – Non sapevo nemmeno dell’esistenza dei libri e degli autori ucraini, cancellati dalla memoria pubblica”.
In “Non c’è posto per l’amore qui”, c’è il racconto dei protagonisti del Rinascimento letterario dell’Ucraina negli anni Trenta – così come c’è nel libro postumo di Victoria Amelina in uscita per Guanda “Guardando le donne guardare la guerra”: Amelina è stata uccisa da un missile russo nel luglio del 2023 – che è stato cancellato dai sovietici di proposito, “e ancora oggi, in Russia, gli storici che raccontano quel che i sovietici hanno fatto agli ucraini finiscono in galera – dice Trofimov – Putin vuole cancellare l’Ucraina, lo ha detto esplicitamente, non c’è alcun mistero sulle sue intenzioni”.
E’ per questo che gli ucraini combattono oggi, nonostante le enormi perdite, perché sanno che arrendersi significa scomparire. E’ per questo che ora, con la fissazione di parlare di confini, di tracciare linee, questo è russo e questo è ucraino, si dimostra di non aver capito il senso della guerra, o di averlo voluto dimenticare, sempre di proposito, “visto che pure il linguaggio è cambiato tanto – dice Trofimov – la ‘guerra unprovoked’ dei russi contro gli ucraini è diventata ‘il conflitto’ o ‘la crisi’ in Ucraina, i russi aggressori non compaiono nemmeno più, forse Trump finirà per chiamarla ‘operazione speciale’”. E’ sempre per questo che si è perso anche il senso della resistenza dell’Ucraina, quella che molti trumpiani – e putiniani e i loro ammiratori – chiamano sprezzanti “isteria”. “Gli ucraini sanno che l’obiettivo è la cancellazione – dice Trofimov – è per questo che non possono far altro che continuare a difendersi da un aggressore che non vuole soltanto un pezzo di terra in più. Lo sanno perché l’hanno già vissuto: è già successo”.
Se non sono i confini, sono le risorse: il grano negli anni Trenta confiscato forzosamente lasciando gli ucraini a morire di fame o peggio (nel romanzo di Trofimov ci sono descrizioni crude di quella lotta di sopravvivenza passata anche per il cannibalismo) e oggi, nel 2025, le terre rare, merce di scambio valutata diversamente, un altro modo per ignorare il popolo ucraino e considerare l’Ucraina soltanto una terra da saccheggiare, da assoggettare. Donald Trump dice che Volodymyr Zelensky non è riconoscente, che non mostra gratitudine, che non capisce che deve ripagare gli alleati per la loro solidarietà, si dice offeso e parte lesa, in questo capovolgimento nauseante.
Anche questo è già successo: “Durante l’Holodomor – dice Trofimov – Ci fu la complicità dell’occidente con i sovietici, l’inviato del New York Times, Walter Duranty, vinse il Pulitzer nel 1932 scrivendo che la carestia non c’era, non esisteva. Gli ucraini sanno che l’affidabilità degli alleati non è scontata e non è eterna. Quel che rimproverano a Joe Biden è stato il suo ‘escalation management’, la cautela nel rifornimento delle armi che di fatto ha impedito di approfittare delle vittorie del 2022 e 2023, dando spazio alla controffensiva russa, che ormai va avanti da un anno e mezzo. Ma oggi è molto doloroso per l’Ucraina vedere gli Stati Uniti che all’improvviso adottano il punto di vista e le parole della propaganda russa, che non riconoscono più il fatto che l’aggressione di Putin non è stata provocata dagli ucraini. Ma di nuovo: si resiste, anche tre anni fa, quando i russi puntavano su Kyiv, gli ucraini erano da soli, le armi sono arrivate mesi dopo, quella resistenza fu fatta con le forze e la preparazione e i soldati ucraini”.
Trofimov era a Monaco quando il vicepresidente J. D. Vance ha annunciato che non ci sono più valori condivisi tra l’America e l’Europa e che gli europei sono un rivale con cui competere, “ho visto un documento preparato da un centro studi del governo russo in cui Mosca propone all’America di limitare i suoi rapporti con la Cina come suo strumento negoziale, ma c’è un dettaglio che forse non si è compreso bene: Putin dice a Trump che vuole limitare la ripresa delle vendite di gas all’Europa in modo da sminuire la competitività europea e lasciando che sia l’America a vendere gas liquefatto agli europei, che costa molto di più. Se non ci sono più i valori a tenere insieme le due sponde dell’Atlantico, tutto è in vendita”.
Vale anche per l’Ucraina, le sue terre rare, le sue risorse, l’unica cosa che interessa a Trump, “una transazione”, dice Trofimov, invitandoci a non ossessionarci troppo con lo scontro tra Trump e Zelensky, “in Ucraina non c’è questa fissazione sul presidente, non c’è mai stata, c’è chi lo ama e c’è chi no, ci sono stati sei presidenti dall’indipendenza e soltanto uno è stato rieletto. Però sanno tutti che Zelensky non si arrenderà, è stanco, ma è determinato, coraggioso e responsabile, sa che cosa c’è in gioco”, ed è disposto a farsi da parte per una pace giusta e per l’ingresso nella Nato. Semmai sono gli europei che devono smettere di lamentarsi e di spaventarsi, “a Monaco, il presidente della Conferenza, Christoph Heusgen, ha pianto durante l’incontro di chiusura dei lavori mentre parlava della fine dell’alleanza transatlantica – racconta Trofimov – C’è una canzone popolare ucraina degli anni Venti che ora citiamo sempre più spesso, dice: ‘Piangere non ha mai dato la libertà a nessuno’, è combattendo e resistendo che gli ucraini garantiranno la loro libertà”. Come l’Europa si è presa il lusso di sentirsi affaticata dalla guerra, così oggi se lo prende di piangere e disperarsi: non serve, non vale.