Il 24 febbraio a Kyiv è operoso: l'accordo con Washington e il tavolo di lavoro con gli alleati Ue

Micol Flammini

L’occidente non si è schiantato in Ucraina, cerca nuove soluzioni, smette di piangersi addosso e da queste settimane ha imparato una lezione che è stato il ministro degli Esteri ucraino Sybiha a suggerire a tutti: non è il momento di essere emotivi

Kyiv, dalla nostra inviata. Il 24 febbraio è un giorno terribile e quindi un giorno normale. Nessuna commozione particolare sconvolge la capitale ucraina in cui i leader di dodici paesi sono arrivati con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il presidente del Consiglio, António Costa, per dimostrare che Kyiv non è rimasta senza alleati. Le commemorazioni sono un rito, al quale gli ucraini dopo tre anni sembrano non voler dare più troppa importanza. Ricordano tutti l’inizio dell’aggressione della Russia, sanno bene quanto abbia sconvolto le loro vite, ma non per questo il 24 febbraio è un giorno diverso dagli altri. Non lo rende diverso neppure la consapevolezza che alla Casa Bianca c’è Donald Trump e se, nel 2023, Joe Biden si presentò a Kyiv a qualche giorno dalle commemorazioni del primo anno di guerra, il nuovo presidente ha voluto invece ricordare l’inizio dell’aggressione dando del “dittatore” a Volodymyr Zelensky.


Ha anche accusato l’Ucraina di aver cominciato la guerra e ha preparato una risoluzione all’Onu e un comunicato per il G7 in cui la Russia non viene definita “aggressore”.  Se l’obiettivo era sconvolgere, è difficile sconvolgere un paese che nell’essere sottosopra ha trovato il suo ordine, la sua quotidianità. Se invece l’intenzione del presidente americano era trattare, allora dal ministero degli Esteri di Kyiv fanno sapere che una cosa sono le parole, un’altra gli accordi scritti nero su bianco. Per il momento di accordo ce n’è uno solo, riguarda le risorse dell’Ucraina, ci stanno lavorando Kyiv e Washington e per firmarlo, ha detto Trump, potrebbe esserci presto un incontro con Zelensky a Washington. La vicepremier ucraina Olga Stefanishyna ha scritto su X che le negoziazioni per l’accordo sui minerali sono nelle fasi finali: “Ci auguriamo che i leader degli Stati Uniti e dell’Ucraina possano firmarlo e approvarlo a Washington il prima possibile per dimostrare il nostro impegno per i decenni a venire”. Axios ha ottenuto la bozza dell’accordo dal valore di centinaia di miliardi di dollari in cui gli Stati Uniti esprimono la volontà di mantenere l’Ucraina “libera, sovrana e sicura”. L’accordo prevede la creazione di un fondo di investimento per la ricostruzione che sarà gestito dagli Stati Uniti e dall’Ucraina insieme, gli americani investiranno in Ucraina per incrementare lo sviluppo del paese ma recupereranno parte delle spese affrontate finora. L’Ucraina dovrà impegnarsi a contribuire al fondo il doppio degli Stati Uniti versando la metà delle entrate che provengono dallo sfruttamento delle risorse. La bozza accenna anche allo sfruttamento delle risorse che si trovano nei territori occupati dalla Russia, nel caso in cui vengano liberati. La bozza contiene il riferimento alla sicurezza dell’Ucraina ma senza specificare che tipo di impegno gli Stati Uniti sono pronti a offrire. 


Le relazioni tra Washington e Kyiv sembrano calmarsi, ma nessuno sottovaluta il momento, a nessuno piace che l’alleato più grande mostri pubblicamente più rispetto per il capo del Cremlino Vladimir Putin che per il presidente ucraino, ma quel che conta è che l’Ucraina non ha esaurito le idee e il senso dell’incontro dei leader internazionali a Kyiv non era tanto quello di portare i fiori in Piazza Indipendenza, ma di sedersi attorno a un tavolo rotondo per lavorare e per discutere e costruire una nuova architettura di sicurezza facendo lo sforzo colossale di lottare contro il tempo, di cercare di prevedere le mosse americane, di svecchiare, muoversi, crescere in fretta. La presidente della Commissione ha promesso un nuovo pacchetto di aiuti per marzo, investimenti nella difesa, nel settore dell’energia e integrazione nel mercato europeo. Per quanto riguarda l’assistenza all’Ucraina, l’Ue potrebbe riempire il vuoto lasciato dagli Stati Uniti, con un lieve aumento delle spese per la Difesa. 


Esiste una discussione seria su come finire la guerra, ne parlano dall’Ufficio del presidente, ne parla il capo dell’intelligence Kyrylo Budanov. La questione al centro delle discussioni è come farlo senza firmare un accordo che metterà Kyiv nella condizione di soccombere nel futuro alla Russia. Il presidente della Finlandia, Alexander Stubb, riunito nella capitale ucraina con gli altri leader internazionali ha raccontato la storia del suo paese, seguendo una linea di correlazioni tra la Finlandia e l’Ucraina che è cominciata qualche giorno prima dell’inizio dell’aggressione di Putin, quando si parlava con insistenza e in modo errato della “finlandizzazione” dell’Ucraina – la neutralità – come proposta da offrire ai russi per evitare l’invasione. Stubb ha raccontato le guerre di Helsinki contro Mosca, la resistenza che ha permesso per secoli al paese di mantenere l’indipendenza anche se ha dovuto lasciare ai russi il territorio che avevano preso con la forza. La Finlandia a lungo, dopo la fine della Guerra fredda, non ha potuto entrare nell’Unione europea e ha atteso per il suo ingresso nella Nato fino all’invasione russa dell’Ucraina. 
L’occidente non si è schiantato in Ucraina, cerca nuove soluzioni, smette di piangersi addosso e da queste settimane ha imparato una lezione che è stato il ministro degli Esteri ucraino Sybiha a suggerire a tutti: non è il momento di essere emotivi. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)