
Foto Ansa
L'editoriale dell'elefantino
Il muro anti Afd, in Germania, regge. Ma i muri in politica funzionano?
Avere Alternative für Deutschland fuori dal governo è una gran notizia, ma i cordoni contro i fascismi in Europa hanno portato a vittorie dubbie e a sconfitte vere. Un ripasso
Ma “die Brandmauer”, lo spartifuoco, funziona? Vero che Friedrich Merz si presenta con le credenziali giuste per un governo di coalizione capace di fare argine all’AfD e a ciò che il suo successo elettorale rappresenta. Vero che la sua leadership, un liberalismo economico corazzato, scuola Schäuble ma riformata, sembra fatta apposta per liberare l’economia tedesca sofferente dai suoi lacci (energia, compressione fiscale, modello industriale e Green deal ai primi posti). Vero che la partecipazione al voto, sebbene la tornata precedente si sia svolta durante il Covid, incoraggia a pensare che in termini di sistema la democrazia tedesca è più forte di quanto si possa pensare. Vero che la politica estera e di sicurezza europea e transatlantica, dopo la “dichiarazione di indipendenza” dalla nuova leadership americana, promette bene, e che un rilancio franco-tedesco e un riarmo massiccio della Bundeswehr sembra a certe condizioni possibile. Ma trasformare “die Brandmauer”, lo spartifuoco, che isola l’AfD e impone un dominio di coalizione con la debole Spd, in un nuovo orizzonte che conduca fuori dalla crisi Germania ed Europa, questo è un altro discorso. La costituzionalizzazione del freno al debito pubblico è anch’essa uno spartifuoco che alza la soglia del cambiamento al voto dei due terzi, difficile da superare con questo Bundestag, e sulle politiche migratorie può essere, ma non è certo, che il nuovo cancelliere riesca a trovare la quadra fra spinte contrastanti avvelenate da un oggettivo stato di disagio e di paura della società tedesca.
Merz non può, e non sarebbe accettabile da molti punti di vista, aprire alla AfD dei Björn Höcke e delle Alice Weidel. C’è anche da considerare che l’AfD ha molte facce, e una leader formata in Goldman Sachs, residente in Svizzera, sposata con una immigrata dello Sri Lanka, due figli, è diversa da un ideologo della Turingia e da molti altri capi AfD che, sulla scia di Jean-Marie Le Pen, parlano dell’èra nazista in Germania come di un “dettaglio” o una “cacca d’uccello”. Il problema dello spartifuoco o Brandmauer è che imposta in termini plebiscitari una scelta tra la rivolta o protesta e la conformità all’establishment, riducendo la complessità dello scontro politico e delle stesse forze politiche, tradizionali e non, con i loro interessi costituiti o costituendi e con le loro culture. La politica Brandmauer è a doppio taglio, ambigua, e storicamente ha dato in Europa risultati contraddittori anche rispetto al suo stesso scopo, che è scongiurare i pericoli per la tenuta del sistema democratico. Basta guardare alle convulsioni francesi. In quel paese, pur con un forte sistema elettorale maggioritario, e con un semipresidenzialismo che propone l’incontro di un leader e della nazione, come si dice, il cordone sanitario verso il partito di Marine Le Pen ha prodotto la sua dédiabolisation del Rassemblement national, la sua normalizzazione, inducendo però a soluzioni pasticciate come il fronte repubblicano e le desistenze alle elezioni che non hanno evitato il primato parlamentare dei lepenisti e addirittura mettono alla loro portata il diritto di vita e di morte su governi deboli, in attesa della sfida per l’Eliseo.
In Italia invece, dove ha avuto luogo l’esperimento del primo governo populista, alla cui testa erano le dirigenze leghista e 5 stelle che oggi si ritrovano nell’ondata trumpista e cercano di risalire la china sulla schiena dei Bannon, Musk e compagnia, l’assalto alle istituzioni fu fronteggiato, dal Quirinale, dalle magistrature e dai partiti, in una logica di integrazione e mediazione che era estranea al cordone sanitario e che ha poi paradossalmente prodotto la rapida crisi dell’esecutivo del “contratto” Salvini-Di Maio, lo sbocco in governi parlamentari sicuri, un governo di unità nazionale onnicomprensivo salvo Meloni, però culturalmente integrata in vari aspetti della leadership draghiana, dall’Ucraina all’economia, con effetti notevoli dopo la sua vittoria elettorale. Anche in Spagna le vicissitudini “minori” del partito di Abascal, Vox, sono state in parte determinate dalla sua parziale assimilazione, in alcuni governi regionali, da parte dei popolari.
Cresciuti dall’altra parte dello spartifuoco, molti fenomeni di società, il rancore frustrato hillbilly dei vari Vance o le comunità völkisch e tradizionaliste che spopolano oggi in parti della Germania rurale, o i movimenti d’opinione difficili da comprendere nell’elettorato giovanile tedesco vocato al voto AfD, crescono meglio di quanto non accadrebbe in una logica meno tendenzialmente plebiscitaria e di opposizione di sistema. A voler essere pignoli, un po’ tutta la storia del Novecento e dei suoi cordoni sanitari contro i fascismi e gli autoritarismi totalitari, in un senso e nell’altro, è una storia di vittorie dubbie o di aperte sconfitte. Bene o inevitabile che l’AfD stia fuori dal governo, ma il suo isolamento quasi totale dal sistema politico tedesco fino a ora non ha comportato il suo indebolimento né una sua diversificazione identitaria, al contrario. E questo è un problema politico di prima grandezza.
