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Foto Epa via Ansa
L'Europa aumenti la spesa per la difesa, ma deve coordinarsi
È vero che è necessario spendere di più per riequilibrare i contributi all’interno della Nato, ma non molto di più perché, se si coordina la spesa, si possono ottenere grossi risparmi
Le vicende ucraine hanno portato all’attenzione urgente il tema della difesa comune. A sinistra si sostiene che la spesa militare sarebbe inutile e allontanerebbe ancor di più gli elettori dai governi e dall’Europa. Vieppiù che la Commissione Ue ha prontamente promesso che le spese per la difesa saranno escluse dal Patto di stabilità, mentre si è sempre rifiutata l’esclusione di qualunque altra spesa per investimenti sociali e non.
In questo articolo sosteniamo che sicuramente è necessario spendere di più per riequilibrare i contributi all’interno della Nato, ma non molto di più perché, se si coordina la spesa, si possono ottenere grossi risparmi.
Il vero problema è il coordinamento politico. Perché ogni paese spende di più per sé, non necessariamente si risolve il problema del coordinamento, anzi. Il coordinamento della spesa è stato affrontato in un rapporto del 2022 per il Parlamento europeo scritto dall’Università Cattolica: “Improving the quality of public spending in Europe”. Il punto del rapporto è che in quattro settori tra cui la Difesa, dove ci sono forti economie di scala e spillover tra paesi, non è efficiente frazionare la spesa per raggiungere gli obbiettivi ma è meglio metterla in comune.
Nel rapporto, si stima un risparmio di 32 miliardi di euro all’anno derivante dall’accorpamento delle truppe e di 13 miliardi dall’acquisto di attrezzature militari tramite appalti comuni a livelloUe, garantendo gli attuali investimenti in ricerca e sviluppo nel settore difesa. Si avrebbero risparmi di spesa per 45 miliardi, pari allo 0,25 per cento del pil dell’Unione europea. Questa indicazione è rilevante nel definire la quota del pil necessaria a finanziare la difesa da parte dei paesi europei aderenti alla Nato. Anche perché accanto alla recente proposta del 3 per cento del pil, vi è quella degli Stati Uniti che chiedono addirittura di arrivare al 5 per cento del pil. Questo vorrebbe dire spendere tutti molto di più. Se si accetta di perseguire questo target si può sicuramente contribuire a riassorbire il surplus nella bilancia commerciale con gli Usa, ma questo poco avrebbe a che fare con l’obiettivo riequilibrare il contributo alla difesa comune nella Nato. Si noti che se Europa e Canada spendessero il 5 per cento del pil in difesa riuscirebbero da soli a coprire il totale dell’attuale spesa Nato, che include il contributo degli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti contribuiscono alla Nato nel 2024 con il 3,38 per cento del pil, gli altri stati dell’Alleanza presentano tutti percentuali inferiori, escluse la Polonia che supera il 4 per cento e l’Estonia con il 3,43 per cento. Il contributo di Europa e Canada è pari al 2,02 per cento. Alcuni paesi europei danno un contributo molto inferiore alla media Europea. Ad esempio, l’Italia spende l’1,49 per cento del pil, La Spagna 1,28, il Belgio 1,3, il Portogallo 1,55, il Canada 1,37 e il Lussemburgo 1,29.
La spesa in difesa complessiva degli stati aderenti alla Nato nel 2024 è quasi 1.200 miliardi, che è pari al 2,7 pre cento del pil complessivo. Il punto è che il 3,38 per cento del pil degli Usa costituisce da solo i due terzi della spesa totale. Per riequilibrare il contributo, la decisione più naturale sarebbe quella di chiedere a ogni componente di pagare il 2,7 per cento del proprio pil. Questo implicherebbe che l’Europa dovrebbe pagare lo 0,69 per cento del pil in più, che sarebbe esattamente ciò che gli Stati Uniti pagherebbero in meno. Si tratterebbe per gli Stati Uniti di un risparmio di 148 miliardi di dollari, che dovrebbe essere finanziato da Europa e Canada. In particolare, l’Italia dovrebbe passare dall’1,49 al 2,7 per cento, ovvero aumentare la propria spesa di 1,2 punti percentuali: servirebbero 27 miliardi di euro.
Il 36 per cento di questa spesa aggiuntiva che l’Europa dovrà sostenere si potrebbe ottenere semplicemente come recupero di efficienza mettendo la spesa in comune, come suggerito dal rapporto prima citato. Le cose potrebbero complicarsi se gli Stati Uniti dovessero decidere di non impiegare più le loro truppe e armi per difendere gli stati europei e quindi fatto uscire dalla Nato, come ipotizza un recente studio del think tank Bruegel, di cui ha parlato David Carretta su questo giornale. In tal caso l’Europa sola dovrebbe mettere sul piatto 250 miliardi, a patto sempre che i fornitori in gran parte americani rispondano all’incremento di domanda senza aumentare i prezzi. A maggior ragione in questo caso estremo sarebbe fondamentale accelerare il coordinamento delle 27 strutture militari, sia per garantire l’efficacia dell’azione, sia per avere adeguato potere contrattuale nella fissazione dei prezzi delle commesse.
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