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Foto ANSA
tavolo delle trattative
La Turchia diventa un hub del gas russo verso l'Ue e punta a un ruolo nei negoziati con Kyiv
Ankara sottolinea che l’integrità e la sovranità territoriale dell'Ucraina non sono negoziabili, ribadendo l'intenzione di fornire ogni tipo di sostegno per arrivare alla pace, anche l’organizzazione di futuri colloqui
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan lo sogna da tanti anni: fare del suo paese un hub geografico di transito del gas naturale lungo la rotta est-ovest, per poi capitalizzare in termini di influenza geopolitica questo ruolo. Un percorso molto lungo e accidentato che ha fatto però registrare negli ultimi giorni un paio di passi avanti nemmeno troppo timidi. Il primo è un dato che, messo nero su bianco, non lascia spazio a interpretazioni particolari: stando alle rilevazioni della Rete europea dei gestori dei sistemi di trasporto del gas, la prima settimana di febbraio ha fatto registrare un record assoluto per quanto riguarda l’ammontare di gas russo trasportato verso l’Europa attraverso la condotta TurkStream, inaugurata nel gennaio 2020. In questo boom pesa ovviamente anche la decisione dell’Ucraina di chiudere al transito sul proprio territorio del metano proveniente dal territorio russo e diretto verso quello europeo, entrato in vigore il primo gennaio di quest’anno.
Il gasdotto che attraversa il Mar Nero prima di entrare in Turchia e da lì in Grecia è rimasto quindi l’unica via di approvvigionamento del gas russo verso i mercati occidentali. Erdogan nei giorni scorsi ha accolto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in visita ufficiale e non ha mancato di mostrarsi tiepido rispetto ai negoziati fra Stati Uniti e Russia che si sono tenuti in Arabia Saudita. Erdogan ha sottolineato che per Ankara l’integrità e la sovranità territoriale di Kyiv non sono negoziabili, proponendo la Turchia come teatro di futuri negoziati.
Questa disponibilità è stata ribadita durante la visita di questa settimana del ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, in Turchia. Com’era facilmente prevedibile, sono però emerse posizioni contrastanti: da parte di Ankara è stato sottolineato il sostegno a un ingresso di Kyiv nella Nato, Lavrov ha dichiarato che la cancellazione della candidatura ucraina all’Alleanza è una delle precondizioni per la fine della guerra. Ieri Lavrov ha poi annunciato l’incontro previsto oggi a Istanbul tra i diplomatici di Russia e Stati Uniti per discutere del funzionamento delle rispettive ambasciate a Mosca e Washington, così il portavoce del ministero degli Esteri turco Oncu Keceli ha ribadito l’offerta turca di “fornire ogni tipo di sostegno agli sforzi di pace, compresa l’organizzazione di futuri colloqui”.
L’altra notizia sul fronte energetico riguarda l’ufficializzazione dell’accordo secondo il quale la repubblica centro asiatica del Turkmenistan fornirà, a partire dal primo marzo, due miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno alla Turchia. Di mezzo c’è anche l’Iran, perché l’intesa prevede che Ashgabat fornisca a Teheran l’ammontare e che quest’ultima ne fornisca una quantità identica ad Ankara. Un contratto di tipo swap, e per un quantitativo di metano non così significativo. Ciò è vero considerando soprattutto che il paese dispone di riserve accertate che dovrebbero aggirarsi attorno a 14 mila miliardi di metri cubi, livello che ne fa il quinto detentore a livello globale. Il contratto è poco significativo in termini di volumi, ma rilevante dal punto di vista geopolitico.
Turchia e Turkmenistan portavano avanti le trattative su questo accordo da decenni, ma l’apertura di questa nuova rotta di esportazione rappresenta una novità importante nella mappa continentale degli idrocarburi. Non è detto che, una volta resa operativa l’intesa, l’ammontare oggetto dello scambio, infatti, non possa aumentare e raggiungere anche il mercato europeo, al netto delle fragilità del sistema infrastrutturale interno iraniano. O che possa addirittura aprire la strada a quello che sarebbe la vera novità sistemica in quest’area geografica: la costruzione di un gasdotto al di sotto del Mar Caspio. Quest’ultimo creerebbe un collegamento fisico tra la regione centro asiatica e, proprio attraverso la Turchia, quella europea. Anche questo è un progetto sul tavolo da decenni e finora quasi mortalmente fiaccato da difficoltà logistiche, politiche e finanziarie.
Ankara però non risparmia sforzi di pressione diplomatica. Come riportato da Politico, la Turchia avrebbe avviato un’iniziativa ad hoc per dare nuova vita ai negoziati con l’Europa sul fronte dell’energia, interrotti nel 2019 a causa delle tensioni con Cipro. Erdogan punterebbe infatti non solo a fare da corridoio di transito del gas proveniente dall’Azerbaigian ma anche a vendere il proprio metano. Proprio su questo tema era arrivato lo stop perché, come riportato in documenti ufficiali del Consiglio Europeo, le aziende turche avrebbero cercato di procedere con l’estrazione in acque territoriali cipriote. La Grecia e Cipro vorrebbero sfruttare le risorse in quella zona del Mediterraneo, trovando però sulla propria rotta il veto turco. La partita è molto complessa ma quando un ingranaggio si muove la possibilità che a rianimarsi siano anche tutti gli altri è concreta.