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Foto Ansa
l'editoriale del direttore
Re Trump? È lui il buffone di corte. Il gran no di Zelensky
Prima dice dittatore poi ci ripensa: "Non posso credere di averlo detto". Il presidente ucraino invece non può credere di avergli fatto annullare una conferenza stampa trionfale sulle terre rare. Ecco il lato comico dell’Apocalisse
Finalmente Trump ha avuto sui denti, e da chi era titolato a colpire, il “no” che merita la sua sconclusionata e arrembante combinazione di tradimento e estorsione, pace ingiusta e terre rare. Ma ora che su Trump e Musk le abbiamo dette tutte, e senza bisogno di ritirare alcunché, proviamoci a vedere il lato comico, stravagante, originale e unico delle loro personalità e avventure. Trump è quel tipo di personaggio che può dichiarare: Zelensky è un dittatore (e Putin è un buon amico). Una settimana dopo risponde sorridendo ai giornalisti, mentre sta per ricevere Zelensky e firmare un patto di natura estortiva sulle terre rare ucraine: “Presidente, ma lei ripeterebbe oggi che Zelensky è un dittatore?”. “Ho detto questo? Davvero? Non posso credere di averlo detto”. Bè, con questo tipo di humour si può ben dire che la nostra considerazione di noi stessi, quella che i socio-psicologi definiscono autostima, è colpita e affondata. Per fortuna Zelensky gli ha dato una lezione.
E’ morto l’occidente, altro che Spengler. No, è vivissimo, e lotta insieme a noi. E’ un aspirante dittatore, con la scusa della lotta al deep state vuole controllare e cacciare tutti quelli che potrebbero essere autonomi da lui. No, vuole solo sfoltire i ranghi dell’impiego pubblico federale, perché, è di nuovo Trump che parla, letteralmente, ha trovato che nell’anagrafe dei dipendenti c’è un sacco di gente che ha centoventi anni, duecento anni, anche duecentocinquanta, dunque vuole solo sapere se esistano ancora in vita oppure no. Metterà dazi bestiali al Regno Unito. No, voleva solo un invito reale per un tè a Balmoral, nella Scozia da cui proviene con il nome familiare di Drumpf (nome risalente al Cinquecento). E così via.
Il lato comico dell’Apocalisse ancora non era stato possibile esaminarlo. Ma ora che ci penso, mantenendo fermo il giudizio politico su questo impostore arrogante, suggerirei di tenere conto del suo aspetto clownesco alle caterve di indignati che deprimono la mia capacità di tollerare il mondo con la loro infinita stupidità. Con Trump ci siamo, il Re non ha più al fianco il buffone di corte, è lui il buffone con il berretto a sonagli circondato da Re e indignati che gli rivolgono suppliche e improperi. E la vicenda del video di qualche decina di secondi dedicato alla sua “ownership” o futura “proprietà” di Gaza, intesa come resort di extralusso, parla chiaro. Il filmato, come sapete, parte da quella misera striscia di terra battuta da guerra distruzione e morte; ma, attraversato il fatidico tunnel hamasiano, ecco che quel paesaggio si trasforma: insegne luminose di Casinò, balli sensuali di un Trump panciuto con cortigiane e danzatrici del ventre, abbuffate di hummus di un Musk ringiovanito, terroriste con strane barbe, palestinesi in livrea da cameriere, abbondanza servita a puntino, luccichii e ori dappertutto in una surreale Las Vegas del Mediterraneo, anche una statua in oro massiccio del dittatore e liberatore e imprenditore del futuro, un futuro di cocktail a bordo piscina su una sdraio con Netanyahu, due vecchi malvissuti, due orchi gaudenti che se la ridono su una terra desolata. Che sia satira, che sia una trollata, è sicuro. Ma è difficile risalire agli autori, che si sono serviti dell’intelligenza artificiale, e dunque si può sorvolare sulle loro intenzioni e sostituirle con le nostre indignazioni. Indignazione, come pace, è divenuta una malaparola. E allora, visto che per gettare scompiglio qualcuno nella staff della Casa Bianca ha ritwittato il video, magari pensando di fare felice il pubblico che desidera riscattare la miserabilità in un mondo di oro e bitcoin, ecco allora che a sinistra, tra i benpensanti, si mettono a prenderlo sul serio. E pensosamente riflettono, con angustia, con angoscia, con affettazione di sottile intelligenza interpretativa, su quell’oro AI che è progetto neocoloniale, su quei balli che irridono le culture altre, sui morti di Gaza trasformati in camerieri di un set neocoloniale al centro del quale gli eroi del male troneggiano e se la spassano, è il progetto del nuovo mondo apocalittico – dicono piagnoni – di cui, non potendo riderne perché incapacitati a capire, si piange disperati. Un drammatico spettacolo di impotenza e di subalternità, una cosa mai vista. Zelensky dittatore? Non posso credere di averlo detto. E lui non può credere di avergli fatto annullare una conferenza stampa trionfale sulle terre rare.
Ma anche su Musk bisogna rivedere qualche giudizio. Le Tesla sono in forte calo in Europa. Fra un po’ se le compreranno solo i neonazi appoggiati da Elon, credo una minoranza di consumatori. Non parliamo delle conseguenze dei dazi sulle automobili. Eppure Musk, questo autistico geniale e ipertecnologico che se ne sta sempre in maglietta e all’inpiedi nelle riunioni del gabinetto Trump, in attesa di fare un dinoccolato saluto pseudoromano insiste ad agire da rivoluzionario dell’Amministrazione e, in combutta col suo capo, per la disperazione degli altri boss federali, comincia, un minuto dopo il giuramento del neopresidente, a irrompere con i suoi laptop nei computer di tutto l’universo pubblico americano, due milioni e mezzo di dipendenti pubblici, compie sgarri tremendi alle agenzie più reputate insinuandosi nelle loro banche dati, sfida i magistrati che tentano di bloccarlo, dorme in ufficio su una scrivania per non lasciare respiro ai suoi nemici annidati nelle nicchie di potere amministrativo che odia, chiude agenzie multimiliardarie di aiuti umanitari, fa scrostare dalle facciate le loro insegne di pietra dura (UsAid), genera confusione, smarrimento e paura in tutto un establishment abituato al rispetto e alla gestione manageriale ordinaria di ampi budget di stato. Che sia un pazzo, no doubt. Ma se pensiamo alla pigrizia di imprenditori e intellettuali e manager della nostra cara vecchia Europa, e della nostra Bell’Italia, se pensiamo all’effetto che farebbe da noi una mail ai ministeriali mandata per accertarsi che siano ancora in vita, se pensiamo a quei culi al caldo che non si muoverebbero mai per un risultato disruptive, pazzotico, bisogna dire che anche il buffone del buffone un suo spazio nel lato comico lo occupa con una certa dignità. Vi ho licenziati perché avete duecento anni all’anagrafe dell’impiego pubblico? Davvero? Come posso credere di averlo fatto?