l'amministrazione usa

Cosa sta facendo Trump per Mosca

Micol Flammini

Gli attacchi a Zelensky, il nuovo ambasciatore russo a Washington, le disposizioni del Pentagono al Cyber Command. Uno spettacolo per Putin

Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha definito “inedito” il momento in cui il capo della Casa Bianca Donald Trump, il suo vice J. D.  Vance e uno stuolo di giornalisti hanno accerchiato Volodymyr Zelensky. Per Peskov è stato semplice  prendere le difese di Trump e accusare Zelensky di non volere la pace e di non sapersi comportare: “Zelensky ha dimostrato in molti modi  una totale mancanza di capacità diplomatiche”. Peskov ha aggiunto che la scena alla Casa Bianca non ha fatto altro che aumentare la fondatezza della posizione russa: “Nonostante l’apertura al processo negoziale, queste buone intenzioni si scontrano con la riluttanza del regime di Kyiv a sostenerle… a Washington lo abbiamo visto con tutta la forza”.  Per Mosca l’accerchiamento del presidente ucraino è stato uno spettacolo che mai  si sarebbe  aspettata di vedere. La predilezione di Putin per Trump è sempre stata manifesta, ma neppure i funzionari del Cremlino avrebbero  immaginato di ritrovare la Casa Bianca tanto dalla loro parte da  additare  Zelensky  come il responsabile delle vittime della guerra. “E’ molto importante che qualcuno costringa Zelensky a cambiare posizione. Non vuole la pace, qualcuno deve fare in modo che la voglia”. Peskov ha detto che lo scontro alla Casa Bianca deve aver lasciato “un retrogusto sgradevole”, ma bisognerà superarlo facendo “uno sforzo considerevole”. Dopo le dichiarazioni del portavoce del Cremlino, Donald Trump ha di nuovo sostenuto     su Truth, il suo social personale,  che “this guy” (“questo tizio” riferito a Zelensky) non vuole la pace, “non lo sosterremo ancora a lungo”. Il post del capo della Casa Bianca segue una dichiarazione in cui il presidente ucraino ammette che la pace è lontana. A Washington, Zelensky ha parlato a Trump dell’odio che Putin nutre contro l’Ucraina e gli ucraini,  ora sono gli Stati Uniti che si sono fatti rappresentanti di questo odio personale contro Zelensky  e sembrano ansiosi di umiliarlo: ieri l’emittente Fox News ha annunciato che i colloqui tra Kyiv e Washington sull’accordo sui minerali riprenderanno quando il presidente ucraino avrà chiesto scusa davanti alle telecamere per quanto avvenuto nello Studio Ovale. 
Mosca sta ottenendo da Washington molto più di quanto avesse sperato dall’inizio. Se il Cremlino sapeva che Trump avrebbe fatto pressione per far finire la guerra in modo rapido indipendentemente dalle condizioni imposte a Kyiv, non era pronto a vedere lo spettacolo contro Zelensky, né gli schiaffi agli europei, che ieri Trump ha accusato di essere deboli e di aver dato più soldi a Mosca per comprare il  gas che per armare l’Ucraina, e che la guerra dell’Amministrazione americana contro Kyiv avrebbe offuscato la foga degli attacchi russi contro l’Ucraina che proseguono senza sosta. Per Putin basta sedersi davanti alla televisione e ogni giorno è un grande spettacolo, abbellito anche da una serie di decisioni americane prese per dimostrare l’avvicinamento a Mosca e l’allontanamento dagli ucraini. Venerdì russi e americani si sono incontrati a Istanbul, hanno discusso la riapertura dei canali diplomatici: un dossier che il Cremlino sta tenendo ben separato dalla risoluzione della guerra in Ucraina, mentre la Casa Bianca ci tiene a sottolineare che fa parte del processo negoziale per la pace. Trump vuole mostrare che i russi dialogano e gli ucraini reagiscono in modo emotivo, ma per Mosca il dialogo finora riguarda soltanto la ripresa delle sue relazioni con Washington da cui sta ottenendo molto. Gli Stati Uniti hanno approvato il nuovo ambasciatore russo negli Stati Uniti, Alexander Darchiev, diplomatico esperto con un’esperienza all’ambasciata di Washington che risale al 2000. Un altro elemento che mostra l’apertura dei canali fra Mosca e gli Stati Uniti arriva dal Pentagono. Il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha ordinato al Cyber Command di interrompere le operazioni “offensive” contro la Russia. E’ stato il New York Times a rivelare  il nuovo approccio americano nei confronti delle operazioni informatiche contro la Russia: il quotidiano americano ha spiegato che la decisione è stata presa prima che Trump incontrasse Zelensky e fa parte del tentativo  di far sedere la Russia al tavolo dei negoziati. Non è chiaro fino a che punto Washington smetterà di essere intrusiva nella rete russa, visto che “la differenza tra operazioni offensive e difensive è labile” e che monitorare serve a  capire  come si  muove il Cremlino anche sui negoziati. 
La Casa Bianca sta dando molta fiducia a Mosca, vuole aggiustare il prima possibile le relazioni diplomatiche, vuole ricominciare a fare affari. Il Cremlino sta a guardare e continua ad attrarre Trump con la promessa di riprendere i rapporti commerciali. Nel frattempo Kyiv è vista come una piantagrane che non si adatta alle regole del nuovo mondo. Quello che non è chiaro è fino a che punto, per fare soldi con Mosca, la Casa Bianca sta mettendo a rischio gli stessi Stati Uniti. 

Di più su questi argomenti:
  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)