(Ansa)

Dalla Francia

La deterrenza nucleare francese può servire a tutti gli stati dell'Unione europea

Mauro Zanon

La Francia ha sempre incluso l’Europa nel suo piano nucleare e ora Macron rimette il dossier in cima alle priorità. Si accende un dibattito un po’ antistorico sul “bottone atomico” 

Domenica, sul Falcon presidenziale diretto a Londra per il summit sulla difesa comune europea e sulla sicurezza dell’Ucraina, a un certo punto il capo dello stato francese, Emmanuel Macron, ci ha mostrato sul suo telefono una mappa della “presenza americana” in Europa. La Francia è uno dei rarissimi paesi europei senza soldati e basi militari statunitensi sul suo territorio e soprattutto l’unica nazione dell’Ue ad avere l’arma nucleare. Nella prospettiva di un disimpegno americano che il presidente Donald Trump vorrebbe portare all’estremo, Macron ha rilanciato in queste settimane il progetto di un’estensione dell’ombrello nucleare francese agli altri 26 stati membri dell’Unione europea. 

“I paesi che vogliono approfondire il dialogo con noi potranno essere associati alle esercitazioni delle forze di deterrenza. Questi scambi contribuiranno allo sviluppo di una vera cultura strategica tra europei”, ha dichiarato Macron. L’obiettivo a medio-lungo termine è quello di sostituirsi agli americani, che hanno testate nucleari sparse in Europa. “Non bisogna avere paura di questo tema”, ha aggiunto Macron. Che alla stampa regionale francese, alla vigilia del vertice londinese, aveva spiegato che una condivisione del parapluie nucléaire rafforzerebbe la Francia, contrariamente a quanto sostenuto da una certa parte del paese. “Siamo noi ad avere uno scudo nucleare, non loro, che non possono più dipendere dalla deterrenza nucleare americana”, ha dichiarato l’inquilino dell’Eliseo riferendosi agli altri partner dell’Ue. E’ necessario un “dialogo strategico” con quelli che non hanno l’arma, ha sottolineato, e “ciò renderebbe la Francia più forte”. Il presidente francese, a febbraio, ha trovato una sponda importante nel futuro cancelliere tedesco, Friedrich Merz, che due giorni prima della sua vittoria alle elezioni ha pronunciato queste parole: “Dobbiamo prepararci al fatto che Donald Trump non onorerà più incondizionatamente l’impegno di difesa reciproca della Nato” e l’Europa ora “deve fare ogni sforzo per riuscire almeno a difendere autonomamente il continente europeo”. Ma soprattutto: “Dobbiamo avviare discussioni sia con i britannici sia con i francesi per capire se la condivisione nucleare, o almeno la sicurezza nucleare offerta dal Regno Unito e dalla Francia, possa essere estesa anche a noi”. Parole potenti, che hanno rotto un tabù della dottrina tedesca, nella direzione di quell’“autonomia strategica” auspicata da Macron fin dal suo discorso della Sorbona del 2024. 

In Francia, invece, la possibilità di mettere a disposizione la dissuasione nucleare a tutti i paesi dell’Ue ha suscitato reazioni accese. Il leader della sinistra radicale, Jean-Luc Mélenchon, ha detto che bisogna “ostacolare” l’Europa della difesa, dunque anche la condivisione dell’arma nucleare francese. Ieri, su France Inter, l’ex presidente della Repubblica, il socialista François Hollande, ha affermato che “la forza di deterrenza, ossia la minaccia di utilizzare un’arma nucleare, non si condivide”. E sulla stessa scia, si è inserito anche il presidente del Rassemblement national, Jordan Bardella: “Siamo totalmente contrari a condividere il pulsante nucleare con altri stati europei, sarebbe alto tradimento”. Ma il presidente francese non ha mai parlato di “condividere il pulsante nucleare”, come ha ricordato ieri su Rtl il generale Dominique Trinquand: “Si tratta di avere dei dialoghi per concordare quale deterrenza nucleare estendere agli altri paesi europei, ma l’unico detentore dell’arma nucleare è ovviamente il presidente francese”. 


Lo stesso Macron, domenica, a bordo del Falcon presidenziale, ha precisato la sua posizione: “Il presidente della Repubblica prende la decisione totalmente sovrana e sempre riservata di utilizzare le armi nucleari. Ma il generale De Gaulle e i miei predecessori hanno sempre detto che gli interessi vitali hanno una dimensione europea”. Già nel 1964, Charles de Gaulle affermò che la Francia avrebbe dovuto “sentirsi minacciata non appena fossero stati attaccati i territori della Germania e dei paesi del Benelux”. Una dottrina che è stata in seguito scolpita nel Libro bianco della difesa del 1972. Michel Debré, allora ministro della Difesa nazionale, scrisse quanto segue: “La Francia vive in una rete di interessi che si estende oltre i suoi confini. (...) L’Europa occidentale nel suo insieme non può quindi non beneficiare indirettamente della strategia francese, che è un fattore stabile e decisivo per la sicurezza europea”. Vent’anni dopo, l’allora presidente della Repubblica, François Mitterrand, dichiarò che la deterrenza nucleare sarebbe stata “una delle questioni principali nella costruzione di una difesa comune europea”. Nel 1996, Jacques Chirac avanzò l’idea ambiziosa di una “deterrenza concertata”. “Non si tratta di estendere unilateralmente la nostra deterrenza o di imporre un nuovo contratto ai nostri partner. Si tratta di trarre tutte le conseguenze di un destino condiviso, di interessi vitali sempre più intrecciati”, dichiarò Chirac in un discorso sulla riforma della difesa francese. La Francia, dunque, ha sempre incluso l’Europa nella sua dottrina di deterrenza nucleare. Macron, dinanzi alla crescente minaccia russa e al disimpegno americano, ha rimesso soltanto il dossier in cima alle priorità. 

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