
(Ansa)
Dall'America
La storica Lipstadt rifiuta l'ateneo simbolo dei pro Hamas: "Mai alla Columbia University"
"Stanno trasformando le università in parodie della vera ricerca accademica, siamo in un punto di crisi", dice l'inviata speciale dell’Amministrazione Biden. Vandalizzato il monumento ai Bibas
Nominata inviata speciale dell’Amministrazione Biden per combattere l’antisemitismo, la storica di fama Deborah Lipstadt è tornata a insegnare. Ma ha rifiutato un’offerta della Columbia University. In un articolo pubblicato sulla Free Press, Lipstadt ha detto che non voleva “servire da foglia di fico”. Ha detto che le persone accusavano già Israele di genocidio mentre i soccorritori stavano ancora raccogliendo i corpi delle vittime del 7 ottobre dalle comunità israeliane vicino al confine di Gaza. Le manifestazioni pro-palestinesi hanno travolto i campus universitari. L’antisemitismo, una maledizione secolare, era sempre latente, ma dopo il 7 ottobre “è diventato improvvisamente ok, quasi normalizzato”, ha detto Lipstadt. “Ora sono convinta che farlo sarebbe una follia”, ha spiegato in riferimento ad accettare l’incarico della Columbia. “Inoltre, ritengo che farlo significherebbe mettere a rischio me stesso e i miei studenti”. Troppo pericoloso. “Stanno trasformando le università in parodie della vera ricerca accademica. Siamo in un punto di crisi. Se questa situazione non viene affrontata con forza e inequivocabilmente, una delle grandi istituzioni americane, il suo sistema di istruzione superiore, potrebbe crollare”.
Una causa in tribunale in America ha rivelato che le cellule dormienti nei campus universitari degli Stati Uniti stavano cospirando con Hamas. Secondo gli ostaggi israeliani liberati, un sequestratore di Gaza, Abdallah Aljamal, li ha informati che Hamas stava promuovendo l’odio verso Israele e gli ebrei tra i manifestanti statunitensi. Aljamal, ex portavoce del Ministero del lavoro a Gaza e membro attivo di Hamas, è ora morto. Ma era anche uno scrittore per il Palestine Chronicle, agenzia di stampa senza scopo di lucro negli Stati Uniti. Il “terrorista giornalista” ha utilizzato la sua piattaforma sul Palestine Chronicle per distribuire materiale pro-Hamas nei campus universitari. Il corrispondente del Palestine Chronicle con sede negli Stati Uniti era anche un aguzzino che per 246 giorni ha tenuto in ostaggio nella Striscia di Gaza tre israeliani i quali, oggi, hanno sporto denuncia al People Media Project, organizzazione non governativa che controlla la testata palestinese.
A una donna iraniana che si oppone al regime islamico in Iran e che avrebbe voluto impegnarsi in un dialogo sui legami tra iraniani e israeliani, è stato impedito di parlare a un evento accademico Inghilterra, quando i dimostranti filo-palestinesi hanno urlato e non le hanno permesso di parlare. Faezeh Alavi, artista e dottoranda presso l’Università di St. Andrews, stava parlando a un forum al King’s College di Londra. A un certo punto, Alavi ha parlato dei dissidenti iraniani che avevano issato la tradizionale bandiera con il leone e il sole dell’Iran, non la bandiera islamica che il regime teocratico aveva messo al suo posto. Mentre parlava, un attivista filo-palestinese ha iniziato a urlare ad Alavi: “Come puoi parlare di un cambiamento di bandiera quando ti allinei con gli israeliani?”. L’attivista si è poi messa a urlare, istigata dai suoi complici, che si sono uniti a lei nel gridare “Palestina”. Alavi ha risposto: “Stasera al King’s College mi sono sentita come se fossi di nuovo sotto l’occupazione del regime islamico”. Una scultura commemorativa eretta in onore della famiglia Bibas presso l’Università del Michigan è stata profanata con la scritta “Free Palestine” e un triangolo rosso capovolto, simbolo di Hamas. Un grande masso arancione con i nomi di Shiri, Kfir e Ariel, le parole “Am Yisrael Chai” e una bandiera israeliana. C’è del marcio nelle università occidentali.