
Lezioni ucraine
Brutti segnali per Israele da cogliere nel rapporto tra Trump e Putin
La mediazione russa e l'incontro con Hamas. Per il presidente americano l'obiettivo è il disimpegno ed è pronto a un accordo con l'Iran anche senza avere lo stato ebraico al tavolo delle trattative. Netanyahu ha una lezione da imparare guardando l'Ucraina
A febbraio, qualche giorno prima che il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, venisse ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump appena insediato, il New York Times aveva pubblicato un articolo ricco di informazioni sulla corsa della Repubblica islamica dell’Iran per dotarsi di un ordigno nucleare. Secondo il quotidiano americano, un gruppo di scienziati sta lavorando in modo segreto per studiare un approccio più rapido per sviluppare l’arma atomica. Più rapido, hanno specificato le fonti che hanno parlato con il New York Times, vuol dire anche più rudimentale, quindi con un processo di assemblaggio più breve. Per accorciare la strada, Teheran potrebbe decidere di alimentare questo ordigno grezzo con uranio altamente arricchito, anziché con uranio di livello militare. Tutte queste informazioni sono state raccolte durante l’Amministrazione Biden e sono state trasferite alla squadra di Donald Trump. Durante l’incontro a Washington, al centro della conversazione a porte chiuse, il premier israeliano ha messo la dottrina atomica del regime iraniano, le nuove informazioni sugli esperimenti e l’attacco alle strutture nucleari che Israele vede come una necessità. Gli scienziati iraniani che stanno studiando come sviluppare un ordigno “grezzo” probabilmente lavorano in un laboratorio segreto e colpirlo potrebbe essere una delle priorità. Davanti alle sue richieste, Netanyahu ha trovato un presidente americano meno battagliero del previsto e per nulla disposto a mettersi al fianco di Israele in un attacco contro Teheran.
Se già questo elemento era sufficiente per far capire al governo israeliano che in Trump non avrebbe avuto l’alleato pronto a distruggere il regime, la notizia di come sta conducendo le trattative con Vladimir Putin è un segnale ulteriore. Secondo Bloomberg, il Cremlino si è offerto come mediatore per far ripartire i colloqui per arrivare a un nuovo accordo sul nucleare con l’Iran e ricomporre l’intesa che era stato proprio Trump a stracciare durante la sua prima Amministrazione. Trump all’epoca considerava l’accordo poco serio, visto che continuavano a emergere dati sul fatto che le centrifughe di Teheran arricchivano l’uranio non per scopi civili. Così decise di ribaltare tutto e imporre sanzioni molto forti contro l’Iran. Biden non è riuscito a negoziare un nuovo accordo, di cui Mosca è sempre stata uno sponsor e continua a esserlo, soprattutto dopo che il suo rapporto con l’Iran si è fatto più stretto con la partecipazione dei droni iraniani nella guerra contro l’Ucraina.
“L’Amministrazione americana dovrebbe evitare di ritrovarsi in una situazione in cui a mediare c’è la Russia, un paese non imparziale che ha già scelto da che parte stare”, dice al Foglio Ksenia Svetlova, ex deputata della Knesset, il Parlamento israeliano, e analista di Chatham House. “Per Israele il rischio è grande, il governo credeva che Trump avrebbe acconsentito a un attacco contro il programma nucleare iraniano, ma non è quello che sta avvenendo. L’azione militare è molto lontana e sappiamo che Trump parla di pace ed è interessato al disimpegno. Se per Israele mettere fine al rischio nucleare rappresentato da Teheran è questione di vita o di morte, per gli Stati Uniti non lo è ed è difficile immaginare un attacco israeliano contro le strutture nucleari senza la collaborazione degli americani”. L’idea di pace di Trump è sinonimo di disimpegno e il principio applicato in Ucraina può valere anche per Israele, che proprio come Kyiv potrebbe ritrovarsi a subire le decisioni degli Stati Uniti dopo essersi illuso che con la nuova Amministrazione sarebbe arrivata una svolta decisiva contro il regime di Teheran: “Trump pretende di chiudere la guerra in Ucraina parlando soltanto con Putin, senza la partecipazione di Kyiv al tavolo delle trattative. Così potrebbe voler chiudere un accordo con l’Iran senza la partecipazione di Israele”, dice Svetlova. Per Trump, Gerusalemme e Kyiv devono stare un passo indietro, nonostante siano i maggiori interessati: per il capo della Casa Bianca gli accordi si chiudono tra grandi attori globali e se c’è la Russia a sussurrare al suo orecchio e a sventolare la parola pace, per l’Iran è una buona notizia, per Israele non lo è affatto: “Potrebbe ritrovarsi a subire decisioni imposte, davanti a un tavolo di accordi già decisi da Trump e Putin senza avere possibilità di parola”.
Il presidente americano non vede in Putin un nemico, ma un facilitatore che segue gli stessi interessi degli Stati Uniti, riceve le lodi dei funzionari di Mosca che pubblicamente si dicono felici di vedere alla Casa Bianca un leader che comprende il loro punto di vista. Nello stesso tempo anche il governo israeliano, che ha tentato di mantenersi equidistante da Mosca e Kyiv, crede che Putin sia un attore globale, utile contro la Turchia in Siria e per tenere a bada l’Iran. “Non c’è una simpatia personale, semplicemente per il governo la Russia serve a bilanciare altre forze, soprattutto ora che il ritiro degli Stati Uniti da tutto il medio oriente è sempre più concreto”, spiega Svetlova che non condivide questo calcolo e anzi crede che Israele dovrebbe coordinarsi con l’Ucraina: “Sono nella stessa situazione”. Israele dovrebbe leggere nell’atteggiamento del presidente americano con l’Ucraina una serie di segnali: la decisione di sospendere la cooperazione con l’intelligence di Kyiv è uno dei più allarmanti e, specifica l’esperta, “non è una risposta a un incontro spiacevole alla Casa Bianca” con Zelensky. L’inviato speciale di Trump per gli ostaggi rapiti il 7 ottobre ha incontrato in segreto Hamas senza che gli israeliani ne fossero informati, ha discusso della liberazione degli americani ma anche di una tregua più lunga: non era mai accaduto che gli americani decidessero di tenere colloqui diretti con Hamas. Anche la Russia parla con Hamas, aveva chiesto la liberazione dei russi tenuti prigionieri e aveva invitato e ricevuto al Cremlino alcuni rappresentanti dell’organizzazione terroristica.
La politica della massima pressione sull’Iran, che Israele era sicuro avrebbe caratterizzato l’Amministrazione Trump, si è ammorbidita. La voglia di disimpegno e la fiducia nei confronti di Putin sono costanti che si applicano in Europa e in medio oriente.


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