
Foto Ap, via LaPresse
Cinque occhi chiusi
Il potenziale flirt di Trump con Putin ha rotto l'intelligence, e ora molte agenzie non si fidano
Israele e Arabia Saudita stanno pensando di riconsiderare i loro accordi di condivisione delle notizie d’intelligence con Washington. Non succedeva dai primi tempi della Guerra fredda che gli alleati tradizionali dell’America fossero costretti a riflettere su cosa condividere e cosa no con gli Stati Uniti
Ci sarebbero anche Israele e l’Arabia Saudita tra i paesi e gli alleati tradizionali dell’America che in queste settimane stanno pensando di riconsiderare i loro accordi di condivisione delle notizie d’intelligence con Washington. Perché lo scambio d’informazioni fra governi e agenzie avviene quando c’è fiducia, ma la virata dell’Amministrazione di Donald Trump verso una “normalizzazione” dei rapporti con la Russia – e forse anche con altri avversari comuni – rischia di mettere in pericolo i legami di affidabilità. E’ stata la Nbc per prima a pubblicare una notizia che circolava da giorni fra i funzionari che si occupano di sicurezza e Difesa, perché nella rivoluzione caotica di Trump tutto è possibile, e l’avvicinamento al Cremlino, le possibili concessioni a Putin e le promesse già fatte alla Russia potrebbero mettere in pericolo la sicurezza degli agenti.
Il dibattito su questo tema è già in corso, ha detto una fonte alla Nbc, e significa che il problema è stato sollevato, sebbene nessuna decisione sia stata già presa. Ma per come funzionano le agenzie d’intelligence, se il tema è emerso, vuol dire che il problema è già sul tavolo. Non succedeva dai primi tempi della Guerra fredda che gli alleati tradizionali dell’America fossero costretti a riflettere su cosa condividere e cosa no con Washington.
Brian Hughes, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale americano, ha fatto sapere via email che l’America resta comunque il paese “con una capacità di intelligence senza rivali, ed è proprio per questo che esistono iniziative di condivisione come il Five Eyes”. I cosiddetti “Cinque occhi” sono il più grande consorzio di informazioni esistente, nato nel 1941 e composto da America, Australia, Canada, Regno Unito e Nuova Zelanda, e in questi giorni chi lavora a contatto con il Five Eyes conferma al Foglio che il dibattito sull’alleanza d’intelligence più famosa del mondo è reale, concreto. Hughes lo sa, e risponde che i cinque in realtà non sono pari, dice che le informazioni che le agenzie dei cinque paesi si scambiano vengono solo dall’America. E’ la stessa logica con cui la Casa Bianca minaccia di limitare il suo contributo alla Nato, calibrando la difesa e il coinvolgimento in eventuali conflitti non più basandosi sull’articolo 5 dell’Alleanza atlantica ma sulla base di chi paga di più o no, e usa lo stesso argomento anche per le esercitazioni militari congiunte o per il dislocamento dei soldati americani.
Ma qui non si tratta solo di cosa l’America di Trump offre agli altri, ma anche di un pericolo per la sicurezza degli altri paesi, per lo più alleati. I governi di Canada e Regno Unito hanno già smentito l’ipotesi di un ridimensionamento della cooperazione delle agenzie d’intelligence con quelle americane, e Tulsi Gabbard, capo dell’intelligence americana, la prossima settimana sarà in Europa, a Parigi, per dei colloqui di alto livello. Ma la crisi di fiducia è sempre più profonda. La sveglia c’è stata pochi giorni fa, con la decisione di Trump di sospendere la condivisione delle informazioni con l’Ucraina, più o meno contemporanea alla decisione del segretario alla Difesa Pete Hegseth di fermare tutti gli attacchi o i contrattacchi cyber contro la Russia. Ma non c’è solo questo. L’Amministrazione Trump sta facendo danni anche dentro alle agenzie americane. “Dagli agenti della Cia ai crittografi della National security agency”, ha scritto ieri il Washington Post, “i tagli al personale e le direttive spesso contraddittorie hanno creato forte agitazione tra decine di migliaia di operatori”. Alcuni ex funzionari “dicono di non aver mai visto un simile livello di caos, nemmeno dopo decenni di esperienza”.