
(Ansa)
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La mia America, i motivi per cui l'amavamo
Catalogo delle ragioni che ci legavano emotivamente agli Stati Uniti, ora che gli yankee se ne sono davvero tornati a casa. Per chi soffre e per chi ha sempre amato l'America come bastione della democrazia. Un inno alla libertà
Gridavano “yankee go home”. Ecco, sono stati accontentati. Lo yankee alla Casa Bianca se n’è andato. E noi stiamo molto peggio. Ma non quelli che l’America non l’hanno mai amata, anzi l’hanno detestata. Massimo D’Alema ha detto che aveva ragione quando combatteva l’“imperialismo americano” (ma non l’imperialismo sovietico, beninteso). E dice ancora di aver sbagliato a passare gli ultimi trent’anni a pentirsi per le sue sacrosante battaglie anti imperialiste. Certe avversioni, come certi amori, fanno un lungo giro e poi ritornano, anche se al posto di Breznev c’è Putin e l’imperialismo americano, nel senso più consueto del termine, è roba del passato. Poi ci sono quelli che dicono: ecco, questa America non ci è mai piaciuta, a noi piaceva “l’altra America”. Ma per noi che l’America l’abbiamo amata tutta intera, nel bene e nel male, “right or wrong it’s my America”, è un pianto che lo yankee se ne sia andato davvero, abbia trasformato la Casa Bianca in un covo di bulli e stia facendo fuori tutto ciò che dell’America ci piaceva molto: il culto della libertà, il mondo che ti dà le opportunità, queste bazzecole qui. Ecco allora, per chi soffre e per chi ha sempre amato l’America come bastione della democrazia, un elenco sommario, alla rinfusa, non esauriente, molto soggettivo, molto emotivo, dell’America che ci piace(va). Mentre quelli gridavano “yankee go home” anche quando sono entrati nell’età matura. E non sono cambiati mai, anche se hanno cambiato nome. Un inventario parziale, ma come potrebbe non esserlo?
I duemila giovani soldati Ryan morti nello sbarco in Normandia nel D-Day. La spedizione sulla Luna e la bandiera statunitense piantata dall’astronauta Neil Armstrong: “Questo è un piccolo passo per l’uomo, ma un grande balzo per l’umanità”. Kennedy che davanti al muro della vergogna dice tra gli applausi “Ich bin ein Berliner”. La Cia che foraggia di nascosto Andy Warhol, Roy Lichtenstein e le avanguardie per dimostrare che in occidente c’è la libertà dell’arte mentre nel comunismo l’arte è censurata. L’operazione Canadian Caper con cui vengono liberati (con l’aiuto canadese) sei connazionali tenuti in ostaggio nell’ambasciata di Teheran dagli energumeni di Khomeini. La Cia che con metodi spicci libera la democrazia dalla banda maccartista. Frank Sinatra (che pure è un po’ nostro). I “Sopranos” (che sono pure un po’ nostri). “Che hai fatto in tutti questi anni? Sono andato a letto presto”, che pure è del nostro Sergio Leone ma che non poteva esistere se non in “C’era una volta in America”. John Wayne. “Soldato blu”. Il western e l’anti western.
Bruce Springsteen con “Born in the Usa”. Nati il 4 di luglio. Abraham Lincoln che abolisce la schiavitù anche con qualche imbroglio parlamentare. I morti nordisti nella cruenta Guerra civile americana contro gli stati schiavisti. Il diritto costituzionale alla ricerca della felicità. Il Quinto emendamento. “Mi appello al Quinto emendamento”. La Costituzione più bella del mondo. Il processo alla Perry Mason. Gene Hackman nella “Conversazione”. “Ma dici a me? Ma dici a me?”, Robert De Niro in “Taxi Driver”. Clint Eastwood opera omnia. Meryl Streep opera omnia. La reazione all’attacco giapponese di Pearl Harbor e l’ingresso degli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale. Bob Dylan. I fratelli Coen (opera omnia) che fanno un film su Dave Van Ronk che cantava come Bob Dylan prima di Bob Dylan ma fallì tristemente al Village: i falliti e quelli che hanno successo, storia americana. I pompieri che alzano la bandiera a stelle e strisce sulle macerie del World Trade Center dove molti di loro hanno perso la vita nei soccorsi disperati. “Siamo tutti americani” detto in Europa dopo gli aerei nelle Torri Gemelle, ma è durato pochi giorni.
Dorothy Parker opera omnia. Nora Ephron. Mary McCarthy che quando le chiedevano come si definisse politicamente rispondeva: “Dissident”. Barbra Streisand “ma tu non molli mai” in “Come eravamo” (Robert Redford dixit). Il vapore che esce dai tombini in mezzo alla strada quando fuori si gela. La rivolta gay di Stonewall nel 1969 contro i soprusi della polizia, e il primo Gay Pride del mondo. Harvard prima che venisse presa in ostaggio dagli antisemiti. Stanford prima che venisse presa in ostaggio dagli antisemiti. Nina Simone che diventa una grande musicista dopo essere stata emarginata dal Conservatorio perché nera. La borsa di studio Fulbright. La “guerra fredda culturale”. La tv privata e commerciale. Il leone che ruggisce della Metro Goldwyn Mayer e la leggenda di Hollywood (opera omnia). Marlon Brando del “Fronte del porto”.
Il jazz. Charlie Parker che rivoluziona il jazz. Aretha Franklin. Il concerto a Central Park di Simon & Garfunkel. La corsa disperata di Dustin Hoffman nel “Laureato”. La guerra di Corea dalla parte giusta. Il Mississippi. “Mississippi Burning”. Il commando dei Navy Seal che raggiungono e uccidono Osama Bin Laden prima della vergogna dell’abbandono di Kabul nelle grinfie dei talebani. “Non chiedete che cosa l’America può fare per voi, ma che cosa possiamo fare noi per la libertà dell’uomo”. “Leggete le mie labbra, niente nuove tasse”. “La Dunaway”. La battaglia di Reagan contro l’“Impero del Male” che faceva ridere o arrabbiare gli europei, ma ha sconfitto sul serio l’Impero del Male. La fine del proibizionismo che crea problemi alla mafia. “Una proposta che non può rifiutare”. L’invenzione geniale della catena dei McDonald’s (a anche quelle più sfigate del Burger King e del Kentucky Fried Chicken con la faccia del fondatore che sembra Trotzky). Philip Roth opera omnia. Saul Bellow opera omnia. L’accoglienza per i registi e gli scrittori tedeschi in fuga dalla Germania nazista. Jesse Owens che vince le Olimpiadi di Berlino e fa svenire dalla rabbia Hitler.
Radio Free Europe che portava una voce libera ai popoli sottomessi dall’Unione sovietica. La pista di pattinaggio a Central Park in “Love Story”. La malinconia di Coney Island. Solgenitsin esule nel Vermont mentre gli europei lo schifavano. “House of Cards” con Kevin Spacey. La giustizia garantista che scagiona Kevin Spacey sfidando il conformismo del mondo del cinema che lo ha messo alla porta. “All work and no play makes Jack a dull boy”, che poi è stato tradotto “Il mattino ha l’oro in bocca” quando è chiaro che Jack Nicholson è completamente impazzito in “Shining”. Marylin Monroe, opera omnia tranne il suicidio. Il self-made man. La terra delle opportunità. La Statua della libertà con su scritto: “Datemi le vostre masse infreddolite desiderose di respirare libere”. Le statue di Cristoforo Colombo, quelle intatte e quelle distrutte dai fanatici. La motocicletta di “Easy Rider”. David Lynch opera omnia. “Twin Peaks” che inventa le serie televisive. L’elogio del “canone occidentale” nella letteratura da parte di Harold Bloom. Il modello T Ford che poteva essere acquistato dagli operai che l’avevano costruito (anche se Ford era antisemita e la catena di montaggio era una tortura) inaugurando la motorizzazione di massa. Rosa Parks che sfida i segregazionisti suprematisti su un bus riservato ai bianchi. “Odio i nazisti dell’Illinois”, con i drappelli nazisti dell’Illinois che vengono buttati nel fiume. La metropolitana di New York. Truman Capote che crea il personaggio di Holly Golightly in “Colazione da Tiffany”. Le copertine del New Yorker. La compagnia di spedizioni Fedex e Tom Hanks in “Cast Away” che scampa al naufragio e fa il nuovo Robinson su un’isola deserta. Il garage dove viene creata Amazon. Apple. Il colpo di genio di Facebook nato per umiliare una ragazza che si era negata a Zuck. Rocky, dal primo all’ultimo, in particolare quello di “Adrianaaaa”. De Niro che nel “Cacciatore” va a riprendersi l’amico che in Vietnam, impazzito e perduto al mondo, si fa uccidere alla roulette russa imparata nella prigione vietcong. Gli amici che si ritrovano tristi nel finale del “Cacciatore”.
Il paesaggio industriale di Seattle con “Flashdance”. “Provaci ancora Sam”, il modello originale e il suo remake di Woody Allen. La scena d’addio sulla pista di un aeroporto nebbioso tra Humphrey Bogart e Ingrid Bergman. Orson Welles opera omnia. Lo scherzo radiofonico di Orson Welles. “Good night, and good luck”. Harlem dopo la rigenerazione. Martin Luther King, anche quello sinora secretato. La marcia di Selma, Alabama. “Yes, we can”. “On the Road”. L’appoggio allo stato di Israele, sempre. La Nato. Le basi Nato in Europa. Sigonella dalla parte giusta (l’Italia era dalla parte sbagliata). Le Lucky Strike. Le Chesterfield. Michael Jordan e Magic Johnson. Mark Spitz e tutte le sue medaglie. Dick Fosbury e lo stile Fosbury che rivoluziona il salto in alto. “Apocalypse Now” e “Il cacciatore”: due capolavori in opposizione sul Vietnam. Le tombe in fila nel cimitero di Arlington. Le sedie Adirondack, so io il perché.
Il ponte di Brooklyn. Il Golden Gate. George Gershwin. Il blues. Le camicie Brooks Brothers. “I like Ike” Eisenhower. Le primarie (quelle vere). “Comunista è qualcuno che legge Marx e Lenin. Anticomunista è qualcuno che li capisce”. “Houston abbiamo un problema”. La prima sperimentazione pubblica della pillola anticoncezionale. I computer. I pullman Greyhound che facevano attraversare in lungo e in largo tutta l’America, da ovest a est (e viceversa, ovvio). “Dobbiamo essere il grande arsenale della democrazia” (sigh). Cate Blanchett. Le luci di New York quando si arriva in aereo dall’Europa. “American Psycho”.
Las Vegas in tutti i film ambientati a Las Vegas. Cassius Clay. Mohammed Ali. New Orleans. Il Washington Post che smaschera l’affaire Watergate. I velivoli del ponte aereo che trasportavano cibo per i berlinesi circondati dall’Urss nel 1948, prima della nascita della Ddr. Broadway. Le Montagne Rocciose. Il Grand Canyon. “Thelma e Louise”. La maratona di Forrest Gump. Al Pacino in “Quel pomeriggio di un giorno da cani”. La Florida che accoglie i barchini scassati dei cubani che fuggono dalla dittatura di Fidel Castro (anche se poi, una volta entrati…). “Moby Dick”. La fine delle “lettere scarlatte”. Ruth Bader Ginsburg, pioniera delle battaglie giudiziarie dalla parte delle donne e poi giudice della Corte Suprema. I corpi scempiati dei marines a Mogadiscio nell’operazione Restore Hope. Gli aerei che hanno liberato il Kosovo dalla pulizia etnica e la Serbia dal regime di Milosevic. La febbre del sabato sera. “Il diritto all’autodeterminazione dei popoli”. I taxi gialli. Il braccio alzato per chiedere ai taxi gialli di fermarsi. “Segua quella macchina”. I supermercati aperti sempre, anche la notte di Ferragosto. I pochi poliziotti che hanno difeso Capitol Hill dall’assalto dei golpisti con le corna di montone. Big Pharma e tutte le medicine, compresi i vaccini. Elvis Presley che fa da testimonial per il vaccino anti-polio perché anche allora c’erano i no vax. Le leggi antisegregazioniste di Lyndon Johnson. L’ottimismo reaganiano. Il fascino del dollaro. Main Street sempre con la stessa struttura urbanistica. L’inseguimento spettacolare di O.J. Simpson. L’inno. L’inno profanato da Jimi Hendrix. La mano sul cuore quando arriva l’inno. Il Massachusetts Institute of Technology (Mit). God bless America.