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tra virgolette
Mio cugino J. D. Vance, l'utile idiota di Putin che ci ha traditi
L'ex marine Nate Vance racconta al Figaro il suo impegno sul campo in difesa dell'Ucraina e il tentativo di parlare con l'attuale vice presidente degli Stati Uniti, suo cugino: “Quando J. D. giustificava la sua sfiducia verso Zelensky con i ‘reportage’ che aveva letto, ho creduto di soffocare. Avrei potuto raccontargli la verità"
“J. D. è una brava persona, intelligente. Quando criticava gli aiuti all’Ucraina, pensavo fosse solo un modo per compiacere un certo elettorato, che facesse parte del gioco politico. Ma quello che hanno fatto a Zelensky con Trump è stata un’imboscata di una malafede assoluta”. A parlare in una lunga intervista è Nate Vance, che condivide con l’attuale vicepresidente degli Stati Uniti, J. D., i nonni: Beverly, la madre di J. D., è la sorella del padre di Nate, James. “I due hanno trascorso estati insieme a Middletown, con la famiglia di J. D., o in California, dove la famiglia di Nate ha vissuto per un breve periodo”, hanno scritto ieri Stanislas Poyet, inviato nel Donbas per il Figaro. “Mentre J. D. Vance scalava la politica, pubblicando Elegia americana nel 2016 e diventando senatore dell’Ohio nel 2023, per poi essere eletto vicepresidente degli Stati Uniti nel 2024, Nate prendeva un’altra strada: si imbarcava per l’Ucraina, per combattere contro i russi nelle trincee fangose del Donbas”. Il giornale francese è riuscito a intercettarlo solo adesso, perché ora Nate Vance è tornato dal fronte, dopo averci trascorso tre anni della sua vita, e commenta così l’incontro nello Studio Ovale di Zelensky con suo cugino e il presidente Trump il 28 febbraio scorso, l’imboscata dei trumpiani al leader di un paese aggredito: “Sono rimasto sconvolto. Quando J. D. giustificava la sua sfiducia verso Zelensky con i ‘reportage’ che aveva letto, ho creduto di soffocare”, ha detto Nate. “Suo cugino era in prima linea. Avrei potuto raccontargli la verità, senza filtri, senza secondi fini. Non ha mai cercato di saperne di più”. Al quotidiano francese Nate spiega di aver provato più volte a contattarlo, senza successo. “Dall’Ucraina non è facile raggiungere un senatore. Ma ho lasciato messaggi nel suo ufficio. Non ho mai ricevuto risposta”.
La rabbia di Nate Vance nei confronti del tradimento della nuova leadership americana spiega molto della crisi anche dentro al Partito repubblicano, alla base di un profondo sentimento di difesa di certi ideali che ha portato molti americani, in passato, a decidere di prendere un volo per l’Europa ad aiutare gli ucraini a difendersi dalle bombe di Putin. E racconta al Figaro: “Volevo vedere con i miei occhi. Per curiosità. E, lo ammetto, anche per avventura. Non è molto nobile, ma è la verità”. Una ventina di giorni dopo l’inizio dell’invasione su larga scala da parte della Russia, Vance parte per Leopoli, quartier generale della logistica o nel supporto medico: “Vedevo che la storia si stava scrivendo davanti ai miei occhi e volevo esserne parte”. Ex marine, Nate ha trascorso i vent’anni dopo il suo congedo in Texas con un lavoro nel settore petrolifero, ma è pur sempre un appassionato di caccia e di tiro sportivo, come molti repubblicani. Una sera a Leopoli incontra un inglese in cerca di reclute per un battaglione di volontari stranieri, possibilmente con esperienza militare, ed è così che finisce nelle trincee del Donbas, passando per le battaglie più dure fra Kupiansk, Bakhmut e Avdiivka. “Non avevo previsto di combattere”, ammette al giornalista del Figaro. “Ma quando ho visto cosa succedeva davvero, restare indietro non era un’opzione”. Come tutti i volontari – ingegneri, avvocati, professori – fa un breve addestramento e poco dopo si unisce ai Da Vinci Wolves, un’unità di supporto all’esercito ucraino poi trasformata in reparto d’assalto. All’inizio un po’ lo deridevano perché più vecchio della media dei volontari, ma poi, al poligono, “quando ha colpito cinque volte di fila un bersaglio a 800 metri con un Kalashnikov senza mirino, le risate si sono fermate”.
La sua esperienza al fronte dura fino a tre mesi fa, con l’insediamento di J. D. Vance alla vicepresidenza. E’ quello il momento in cui Nate decide di lasciare l’Ucraina. “Restare era diventato troppo rischioso. Non potevo permettermi di essere catturato”. Da allora, però, “guarda con sgomento la posizione dell’Amministrazione americana sulla guerra. ‘Trump e mio cugino pensano di poter ingannare Putin. Si sbagliano. I russi non dimenticheranno mai il nostro sostegno all’Ucraina. Siamo gli idioti utili di Vladimir Putin’”.