
Minacce interne
Il “grande reset” dei sovranisti transatlantici è un avviso agli schizzinosi d'Europa
Due centri studi antieuropei hanno presentato all'Heritage Foundation un documento per rifare l'Ue in modo sovranista, spolpando le istituzioni e sostituendo il sovranismo al progetto europeo (con nome cambiato). La saldatura con Vance e il trumpismo che divide l'Europa
Mentre gli europei italiani cercano l’Europa e non sanno trovarne una che accontenti tutti, nemmeno in un momento come questo, quando è piuttosto semplice decidere da che parte stare, non è certo una stagione per sfumature e schizzinosi questa, è in corso un “grande reset” promosso da due centri studi antieuropei e presentato due giorni fa all’Heritage Foundation, il think tank che incarna la capovolta conservatrice americana dal reaganismo al trumpismo, sola andata.
Szabolcs Panyi, un giornalista investigativo di base a Budapest che racconta i legami tra soldi e potere nell’Europa dell’est, ha avuto accesso al documento che le delegazioni del centro studi ungherese Mathias Corvinus Collegium (Mcc) e di quello polacco Ordo Iuris Institute for Legal Culture hanno portato martedì all’Heritage, “sullo smantellamento della Commissione europea e della Corte di giustizia europea, e sul nuovo nome da dare all’Unione europea: Comunità europea delle nazioni”. L’intero paper è stato poi condiviso dagli autori, due ungheresi e tre polacchi: una quarantina di pagine che partono dalla “diagnosi” dei fattori che hanno portato alla “disintegrazione del sogno europeo” e al “disastroso declino delle nazioni e delle economie europee”, per poi passare alle cure, rifiutando “la falsa dicotomia secondo cui l’Europa può esistere soltanto come un superstato totalitario o dimenticare ogni possibilità di cooperazione”. Il primo scenario di cura si chiama “Ritorno alle origini” e presenta 23 proposte per ridare potere ai governi nazionali, per mezzo di uno “Scudo per le competenze nazionali” che serve a svuotare le istituzioni europee, “l’entità sovranazionale” e costruire “la Comunità europea delle nazioni”. Il secondo scenario di cura si chiama “Un nuovo inizio” e prevede la sostituzione dell’attuale quadro normativo-istituzionale dell’Ue con “un sistema intergovernativo flessibile” che dia priorità “alle costituzioni nazionali rispetto agli obblighi europei”.
Buona parte dello studio analizza “il deficit democratico” europeo, lo stesso che il vicepresidente americano, J. D. Vance, ha illustrato durante il suo discorso alla conferenza di Monaco, quando ha detto che la minaccia più grave per l’occidente è l’Europa e la sua deriva illiberale (Vance ha anche scritto la prefazione al Project 2025, il programma di efficienza dell’amministrazione pubblica americana che Donald Trump aveva disconosciuto durante la campagna elettorale e che oggi è il playbook dell’Amministrazione e di Elon Musk). Il “grande reset” illustrato da questi centri studi (c’erano anche altri invitati all’incontro dell’11 marzo: nella lista c'erano anche due nomi italiani: Nicola Iuvinale e Giovanni Maria Chessa) mira a spezzare l’unità europea, che è l’obiettivo comune, seppure per ragioni che al momento appaiono diverse, dei trumpiani e di Vladimir Putin. C’è una saldatura sempre più netta tra le forze antieuropee dentro l’Ue e l’Amministrazione Trump e questa è la ragione per cui unirsi con l’Europa e il suo piano per diventare più autonoma e più sicura, difendendo l’europeissima Ucraina, è la risposta più concreta e forte al “grande reset” che vuole annichilirci tutti, compresi i noncuranti e gli schizzinosi.

l'economia americana