
Il presidente Trump dopo il discorso al Congresso del 4 marzo scorso (foto Ap)
La credibilità perduta
La sfida al mondo democratico lanciata da Trump vista da un dissidente cinese
Devo la mia libertà all’America, ma se Trump spegne il faro della democrazia, siamo tutti più deboli. Lettera del dissidente Yang Jianli
Una persona senza fiducia non può reggersi, un’azienda senza fiducia non può prosperare e una nazione senza fiducia è destinata al declino”
(Antico detto cinese)
Quando ho visto il video del confronto fra il presidente ucraino Zelensky e il presidente degli Stati Uniti Trump e il vicepresidente Vance alla Casa Bianca il 28 febbraio, mi sono venute in mente le scene di quei classici film di gangster sull’estorsione. Tuttavia non si trattava della storia di un piccolo imprenditore vessato da teppisti che chiede protezione alla mafia. Si trattava invece del presidente di una nazione democratica, l’Ucraina, attaccata dalla Russia autoritaria, e del presidente degli Stati Uniti, leader del mondo libero e principale custode dell’ordine internazionale liberale basato sulle regole. Quella scena alla Casa Bianca ha scioccato il mondo e anche i cinesi che non hanno accesso a molte informazioni ne hanno preso atto.
Molti cinesi hanno commentato sull’account Weibo dell’ambasciata americana, condannando e deridendo le azioni dei leader statunitensi: “I valori che il mondo ha sostenuto per 100 anni sono stati distrutti dal vostro grande presidente in pochi giorni. Che vergogna!”. “Il giorno in cui la Statua della Libertà è stata svergognata”. “Un giorno di disonore per l’America”.
Certi commenti dimostrano chiaramente che questi cinesi non sono sostenitori del governo autoritario del Partito comunista cinese (Pcc), ma credono nei valori della libertà e della democrazia. Inoltre sostengono l’ordine internazionale liberale basato sulle regole e guidato dagli Stati Uniti, in vigore da quasi un secolo. Si può dedurre anche che ci sono persone oppresse in ogni angolo del mondo, che generazione dopo generazione continuano a credere in questi valori e vedono nel mondo democratico, rappresentato dagli Stati Uniti, la loro speranza per il futuro.
Nel 2002 sono stato arrestato dal governo cinese. Chi ci interrogava ci diceva che non avevamo carte in mano
Nel 2002 sono stato arrestato dal governo cinese in quanto uno dei leader del movimento democratico cinese. Sono stato interrogato più di cento volte. Quasi ogni volta chi ci interrogava, che agiva per conto dell’onnipotente regime comunista, ci ricordava che non avevamo carte in mano. Ma noi non la pensavamo così. Nel profondo del nostro cuore sapevamo di avere carte forti, perché riconoscevamo che ogni essere umano, compresi i nostri compatrioti cinesi, desideravano la libertà e che il mondo libero guidato dall’America era dalla nostra parte.
In carcere ogni volta che le telecamere smettevano di funzionare, tutti gridavano: “Stati Uniti, venite a salvarci!”
Nel mio caso, gli Stati Uniti non mi hanno deluso. L’America ha compiuto enormi sforzi per la mia libertà, compresi il presidente, i segretari di stato, il segretario al Tesoro, i membri bipartisan del Congresso, i gruppi per i diritti umani, le mie università americane e i comuni cittadini. Ho ottenuto la libertà e sono tornato negli Stati Uniti nel 2007. Avevo le carte in mano e ho vinto. (Forse Zelensky credeva di avere le carte in mano per le stesse ragioni; la storia deve ancora stabilire se questo sia stato il suo principale errore o meno).
Non dovete pensare che solo gli attivisti o i dissidenti cinesi per la democrazia e i diritti umani provino questi sentimenti. Durante i cinque anni in cui sono stato imprigionato dal governo cinese, a eccezione dei 15 mesi in cui sono stato tenuto in isolamento, sono stato rinchiuso insieme a diversi criminali comuni. Ogni volta che mancava la corrente e le telecamere di sorveglianza smettevano di funzionare, tutti gridavano: “Stati Uniti d’America, venite a salvarci!”. Sebbene fossero considerati criminali e non brave persone agli occhi degli altri, le loro esperienze in Cina avevano instillato in loro un senso di valore e di orientamento emotivo che li portava a certi sfoghi.
C’è una storia straziante che viene dal carcere in cui ero detenuto. Un giovane delinquente, di circa vent’anni, era stato condannato a morte per aver rubato due motociclette durante un periodo di dura repressione contro la criminalità. Alla vigilia della sua esecuzione, ha detto ai compagni del braccio della morte che non sapeva se ci fosse un aldilà, ma se ci fosse stato, non avrebbe accettato di rinascere se non avesse visto fuori sventolare la bandiera a stelle e strisce. Se avesse visto invece la bandiera cinese, si sarebbe rifiutato di rinascere.
Ho condiviso questa storia in molti discorsi negli Stati Uniti e ha commosso fino alle lacrime molti americani, compresi i leader bipartisan del Congresso. Ora, sono certo che i miei compagni cinesi, di ogni estrazione sociale, che siano in prigione o meno, avranno ridotto in modo significativo il loro affetto, la loro fiducia e la loro ammirazione per la democrazia negli Stati Uniti.
Il cambiamento degli Stati Uniti sulla questione ucraina riflette l’approccio transazionale dell’Amministrazione Trump alle relazioni internazionali, in cui i valori vengono sacrificati in favore degli accordi. Questo approccio è evidente anche in altre questioni. Washington ha dichiarato guerra commerciale ad alleati strategici come il Canada e il Messico, ha chiesto alla Danimarca di vendere la Groenlandia agli Stati Uniti e a Panama di cedere il Canale, ed entrambi sono alleati degli Stati Uniti. L’America si è ritirata dall’Organizzazione mondiale della sanità e dal Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite, che ha contribuito a fondare. Ha tentato di chiudere la maggior parte dei programmi di aiuto all’estero per paesi più poveri del mondo, invertendo una tradizione di generosità che risale alla Prima guerra mondiale. E, cosa più allarmante, ha preso in considerazione l’idea di abbandonare la Nato e persino di annettere il Canada.
Non è chiaro quali benefici queste politiche porteranno agli Stati Uniti, ma i danni sono già evidenti. L’America ha subito perdite in termini di moralità e credibilità e la loro affidabilità a livello mondiale è diminuita in modo significativo. Per esempio, un recente sondaggio dell’Angus Reid Institute ha rilevato che il 79 per cento dei canadesi vede con sfavore l’Amministrazione Trump e il 73 per cento vede con sfavore gli Stati Uniti. Solo il 15 per cento dei canadesi considera gli Stati Uniti un partner e un alleato prezioso. Questa è la reazione dell’opinione pubblica dei paesi alleati tradizionalmente democratici. Anche le reazioni dei leader sono degne di nota.
Le reazioni dei leader dell’Unione europea sono note, ma vale la pena osservare il primo ministro italiano Giorgia Meloni, che ha cercato di stabilire relazioni strette con l’amministrazione Trump e ha un rapporto personale con Elon Musk. Ma nonostante ciò, la fiducia del governo italiano negli Stati Uniti è diminuita. Il governo italiano ha dubbi sulla firma di un accordo da 1,6 miliardi di dollari con la Starlink di Musk, e cita tra le sue preoccupazioni quelle legate al ritiro degli Stati Uniti sugli impegni per la sicurezza europea.
Ancora più degna di nota è la reazione dell’Asia orientale. Singapore, per esempio, un paese che ha abilmente mantenuto buone relazioni con gli Stati Uniti in una regione dominata dalla Cina, riconoscendo al contempo l’America come guardiana globale, ha visto il suo ministro della Difesa affermare, dopo l’incidente alla Casa Bianca, che l’immagine dell’America “è passata da quella di liberatore a grande destabilizzatore, fino a quella di un padrone di casa in cerca di affitto”. I cittadini di Taiwan hanno osservato nervosamente come l’Amministrazione Trump abbia voltato le spalle all’Ucraina e si sia schierata con l’aggressore Russia.
Ma l’aspetto più significativo riguarda la reazione di Russia e Cina, i due principali sfidanti dell’ordine internazionale liberale basato sulle regole e guidato dagli Stati Uniti.
I leader russi, tra cui l’ex presidente Dmitry Medvedev, hanno celebrato lo scontro alla Casa Bianca, definendolo un “vero e proprio schiaffo” per Zelensky. Ha definito Zelensky un “maiale insolente” e ha elogiato Trump per avergli detto la verità sui rischi di un’escalation del conflitto. Il Cremlino ha accolto con favore l’apparente cambiamento nelle relazioni degli Stati Uniti con l’Ucraina, considerandolo in linea con i propri obiettivi di politica estera e con la narrazione di Putin sulla guerra tra Russia e Ucraina.
Dopo l’incidente alla Casa Bianca, i commenti dei media cinesi si sono concentrati sull’indebolimento dell’ordine politico occidentale guidato dagli Stati Uniti e sui rischi di affidarsi a loro per ottenere sostegno. Il Quotidiano del popolo, il principale organo di informazione del regime del Pcc, ha osservato in un editoriale del 2 marzo che l’incontro è stato “un crudo promemoria delle dinamiche mutevoli della diplomazia globale e delle sfide affrontate dalle nazioni che navigano in un panorama internazionale sempre più imprevedibile”. La Cina, altro sostenitore della narrazione di Putin (ora lo sono gli Stati Uniti), difficilmente può nascondere la sua segreta gioia e Schadenfreude.
Come studente di Relazioni internazionali, capisco che la stabilità internazionale si basa sull’equilibrio tra due pilastri: interessi e valori. Anche come attivista per i diritti umani, non credo ingenuamente che la moralità, la giustizia e i valori democratici siano gli unici principi per stabilire relazioni nazionali e mantenere l’ordine internazionale. Tuttavia, il cambiamento della politica estera americana sotto Trump significa che gli Stati Uniti stanno tagliando il pilastro dei valori, passando a un altro estremo. Per quasi un secolo, gli Stati Uniti sono stati i principali sostenitori di questo pilastro, e quindi l’ordine internazionale liberale basato sulle regole, stabilito e mantenuto dagli Stati Uniti, sta ora tendendo al collasso. Il leader di Singapore, Lee Hsien Loong, ha riassunto la sfida che il mondo deve affrontare: “Gli Stati Uniti non sono più disposti a sostenere l’ordine globale. Questo rende l’ambiente internazionale molto meno ordinato e prevedibile”.
Come combattente per la democrazia, provo un’immensa tristezza perché se gli Stati Uniti non sono più un faro di speranza per la democrazia, le forze democratiche globali si indeboliranno e la democrazia perderà il suo fascino fra i cittadini dei paesi autoritari. La loro fiducia nel perseguire la democrazia sarà gravemente compromessa e potrebbe volerci molto tempo per riaccendersi. Questo non fa altro che avvantaggiare i dittatori del mondo.
Se il pilastro dei valori viene tagliato via, le future relazioni internazionali saranno dominate dal nudo interesse personale, tornando a uno stato di giungla “might-is-right”. Se potessimo tornare alla situazione di cento anni fa, saremmo fortunati. Oggi però, l’umanità si trova ad affrontare le potenziali minacce della moderna tecnologia dell’informazione che non sono ancora state affrontate, e l’èra della fiducia post-americana stimolerà inevitabilmente molti paesi a sviluppare armi nucleari, portando alla proliferazione nucleare. Come membro dell’umanità, sono profondamente preoccupato.... Come studente di storia, so che nessun impero che non mantenga i valori della giustizia internazionale può durare a lungo.
Un tempo credevo nell’eccezionalismo americano perché, sebbene gli Stati Uniti abbiano fatto molte cose non del tutto in linea con i principi morali, nell’ultimo secolo sono stati la più grande potenza a mantenere la giustizia internazionale. Tuttavia, in pochi mesi, questo ruolo è stato distrutto dagli stessi Stati Uniti, che hanno perso la fiducia della comunità internazionale. Il danno è stato fatto. Come hanno detto l’ex presidente polacco e altri 38 prigionieri politici polacchi di epoca sovietica in una lettera aperta al presidente Trump, “la storia del Ventesimo secolo dimostra che ogni volta che gli Stati Uniti hanno cercato di allontanarsi dai valori democratici... alla fine sono diventati una minaccia per sé stessi”.
Come persona che deve la sua libertà e persino la sua vita agli Stati Uniti e che li ama più della maggior parte degli americani, spero che la democrazia americana possa ritrovare una forza straordinaria, come ha fatto ogni volta che ha affrontato crisi e sfide nel corso della storia, per riparare certi danni e rilanciare la democrazia americana. Altrimenti, l’“impero” americano non durerà a lungo.
Yang Jianli è fondatore e presidente di Citizen Power Initiatives e autore di “For Us, The Living: A Journey to Shine the Light on Truth” e di “It’s Time for a Values-Based ‘Economic Nato’”