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la difesa ue nella storia
Prima di ReArm Europe: Stati Uniti, Nato e divisioni europee portarono al fallimento della Ced
Il richiamo di von der Leyen al discorso di De Gasperi del 1951 ha riacceso il dibattito sulla Comunità europea di difesa. Un progetto naufragato, che avrebbe rappresentato una svolta per la difesa comune europea. La sfida dell'autonomia strategica, tra difficoltà politiche e scenari globali mutati, resta ancora una questione cruciale
Nella presentazione delle linee guida del nuovo programma ReArm Europe fatta negli scorsi giorni dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, è stato notato da più parti il riferimento al discorso del dicembre 1951 in cui l’allora presidente del Consiglio Alcide De Gasperi sottolineava all’Assemblea del Consiglio d’Europa l’importanza del progetto, allora in discussione, di una Comunità europea di difesa (Ced). Un riferimento ha riacceso l’attenzione proprio sulla vicenda della Ced che – pur non avendo mai visto la luce – ha rappresentato per vari aspetti il punto più avanzato sulla strada verso una difesa comune.
La possibilità di dare vita alla Ced veniva meno il 30 agosto 1954, quando, con un espediente procedurale, l’Assemblea nazionale francese respingeva l’atto di ratifica del suo trattato istitutivo. Era l’ultimo passo di un percorso iniziato nel 1950 con Piano Pleven e che il 27 maggio 1952 aveva condotto Francia, Italia, Germania occidentale e i tre paesi del Benelux alla firma del trattato. Nel difficile scenario di una guerra fredda, la Ced mirava a dare vita a una capacità difensiva comune europea capace di agire da elemento autonomo in seno alla Nato e a permettere il riarmo della Germania occidentale in un modo che venisse incontro ai timori che la cosa ancora generava nell’opinione pubblica francese.
In termini pratici, la Ced prefigurava la costituzione di una forza armata paneuropea articolata in componenti nazionali. Il controllo politico delle componenti francese, italiana, belga, olandese e lussemburghese era attribuito ai rispettivi governi nazionali, mentre quello della componente tedesco-occidentale era in capo alla stessa Ced. L’idea era che disaccoppiare controllo politico e capacità operative avrebbe impedito il riemergere di un militarismo tedesco che soprattutto le forze golliste continuavano a guardare con preoccupazione.
Dall’estate del 1951, superate le resistenze iniziali, il sostegno statunitense diviene un elemento importante per l’avanzare del progetto. Dopo il 1953, per esempio, la possibilità di un ridimensionamento degli impegni di Washington verso l’Europa è adombrata in più occasioni per accelerare il processo di ratifica. Il trattato del 1952 è, tuttavia, il risultato di molti compromessi, intorno ai quali finiscono per aggregarsi le forze che ne avrebbero impedito l’approvazione e che nemmeno le previsioni dell’articolo 38 (che affidava all’Assemblea allargata della Ceca – la Comunità europea del carbone e dell'acciaio – un mandato precostituente, preludio alla stesura di un progetto di statuto istitutivo la Comunità politica europea) riescono veramente a depotenziare.
Questo, però, spiega solo in parte il disimpegno francese. In effetti, dietro al voto dell’Assemblea nazionale, l’ostilità al progetto delle varie forze politiche si intreccia a quelli che sono i mutamenti della scena internazionale che seguono la morte di Stalin (5 marzo 1953), la firma dell’armistizio di Panmunjom in Corea (27 luglio 1953) e l’avvio del dialogo fra Stati Uniti e Unione Sovietica. In questa prospettiva, l’allargamento della Western Union all’Italia e alla Germania occidentale (23 ottobre 1954) e l’entrata della Germania occidentale nella Nato (6 maggio 1955) chiudono a lungo la porta all’idea di una autonomia strategica europea.
La cosa non deve comunque stupire. L’idea della Ced nasce e si sviluppa in risposta a una minaccia largamente condivisa e nel quadro di un rapporto transatlantico che, nonostante gli alti e bassi, resta solido. Questo sfondo sarebbe cambiato negli anni seguenti, da una parte con il procedere dalla distensione Usa-Urss, dall’altro con l’emergere di fratture sempre più chiare sia fra Washington e gli alleati europei, sia fra questi ultimi, spesso legati agli sviluppi del processo di integrazione. La crescente nuclearizzazione del confronto Est-Ovest concorre anch’essa a questo processo, contribuendo a ridefinire equilibri e priorità della Nato e aumentando la dipendenza dell’Europa dall’“ombrello” statunitense.
Dietro alle vicende della Comunità europea di difesa c’è, quindi, un mondo molto diverso da quello di oggi. Il ventilato disimpegno di Washington dagli affari della sicurezza europea, se da un lato pone ora con rinnovata urgenza il tema dell’autonomia strategica del continente, dall’altro toglie di scena quello che a suo tempo è stato un fattore di stimolo importante. Allo stesso modo, le tensioni che l’Unione europea sta vivendo pongono più di un dubbio sulla sua capacità di trovare la quadra intorno ai tanti problemi che pone la ricerca di una vera soggettività militare. Ciò senza contare il tema dei costi e quello dei tempi di un processo decisionale e di implementazione che, dagli anni della Ced, non sembrano essersi snelliti.
Gianluca Pastori
Università Cattolica del Sacro cuore

l'economia americana