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Mercato e armi

Rheinmetall guida il riarmo tedesco, senza aspettare la politica

Lorenzo Monfregola

Da un impianto di riparazione per veicoli da combattimento in Ucraina ai nuovi poli inaugurati all'estero, oltre alla joint venture con Leonardo. Fra i suoi tanti progetti in campo, il portafoglio ordini della società tedesca tocca i 55 miliardi di euro. E nel 2025 le stime vedono vendite ancora in aumento

Berlino. Il potenziale nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz deve ancora trovare un accordo con i Verdi per poter far approvare, entro il 25 marzo, l’esenzione dal freno al debito della futura spesa militare della Germania. Ma Rheinmetall, la più grande azienda di armamenti tedesca, continua intanto la sua crescita record. Mercoledì mattina la storica società con sede a Düsseldorf ha comunicato numeri impressionanti: rispetto all’anno precedente, nel 2024 il fatturato è cresciuto del 36 per cento a 9,75 miliardi di euro, l’utile è salito del 61 per cento a 1,48 miliardi, il portafoglio ordini ammonta ora a 55 miliardi (+44 per cento), il dividendo cresce a 8,10 euro per azione (erano 5,70 nel 2023). Per il 2025, il gruppo punta inoltre su un ulteriore incremento delle vendite del 25-30 per cento.

L’Europa non ha altra scelta se non potenziare drasticamente le proprie capacità di difesa e la nostra “è un’azienda in grado di farlo”, ha detto recentemente al Financial Times il ceo di Rheinmetall, Armin Papperger, che non può nascondere che sia “un buon momento” per gli affari, visto che “negli ultimi 12 mesi abbiamo ottenuto più contratti che negli ultimi 15 anni”. Capace di muoversi con abilità nei violenti smottamenti geopolitici che si susseguono senza sosta, Papperger non critica la nuova linea di Washington con l’Europa: “So che l’Amministrazione Trump teme che, se non agisce con sufficiente durezza, gli europei non faranno di nuovo nulla”. Il destino del ReArm di Ursula von der Leyen non è ancora deciso, ma la società di armamenti tedesca ritiene che la svolta per un riarmo difensivo dell’Europa sia già in corso e storicamente irrinunciabile. Dal 2022 Rheinmetall ha iniziato ad attivarsi per la difesa dell’Ucraina dall’invasione russa, con uno sforzo nella produzione e negli investimenti che nel marzo 2023 ha permesso all’azienda di entrare a far parte dell’indice Dax dei 40 maggiori titoli tedeschi della Borsa di Francoforte. Mese dopo mese, in contrasto con la tradizionale riservatezza del settore armi, Papperger si è anche mostrato molto attivo nella comunicazione pubblica. Un’esposizione non priva di conseguenze: lo scorso anno l’intelligence americana e quella tedesca sarebbero intervenute per sottrarre Papperger a un piano d’assassinio da parte russa e oggi il ceo vive sotto protezione. 

 

              

 

Rheinmetall è stata certamente decisiva nel supporto a Kyiv, dalla fornitura di proiettili d’artiglieria da 155 mm fino a quella di mezzi corazzati. Da giugno 2024 la società tedesca ha aperto in Ucraina a un impianto di riparazione per veicoli da combattimento e per il 2026 conta di svilupparlo in un centro anche produttivo di munizioni, mezzi, carri armati e sistemi di difesa aerea. Rheinmetall sta intanto inaugurando nuovi poli all’estero in Lituania, Ungheria e Romania, mentre è da poco ufficialmente partita la joint venture Lrmv con Leonardo nella produzione di veicoli militari (con sede a Roma e sede operativa a La Spezia). Mentre la politica a Berlino ancora dibatte su come affrontare l’indietreggiamento della storica protezione militare da parte degli Stati Uniti, l’industria tedesca pare aver già iniziato un’accelerazione, tanto che anche Volkswagen sembrerebbe interessata a contribuire alla produzione per la Bundeswehr. Anche solo il mercato interno della Germania continua del resto ad avere necessità considerevoli. Martedì scorso, la commissaria parlamentare per le forze armate tedesche, Eva Högl, ha presentato il rapporto per il 2024: la Bundeswehr ha ancora forti carenze di personale, ci sono “notevoli problemi” con le infrastrutture, mancano munizioni, pezzi di ricambio, equipaggiamenti e sistemi di grandi dimensioni in grado di operare. In altre parole, il primo Fondo speciale da 100 miliardi annunciato da Olaf Scholz nel febbraio 2022 non sarà sufficiente. Servirà di più per colmare le mancanze militari di una Germania che, dopo il 1989, ha creduto davvero alla fine della storia e che, adesso, sta vivendo il risveglio più brusco tra tutti i Paesi europei.