
i negoziati americani
Tutte le guerre portano a Witkoff
Trump ha fretta di chiudere i conflitti dall'Ucraina al medio oriente e le sue aspettative volano con l'amico, imprenditore, inviato speciale che martedì era a Gedda, mercoledì a Doha e oggi a Mosca per parlare con Putin
Donald Trump è arrivato alla Casa Bianca giurando che con lui i conflitti dall’Ucraina al medio oriente sarebbero finiti. Alla parola “fine” ha legato la promessa di disimpegnare gli Stati Uniti e per la parola “fine” è pronto a qualsiasi tipo di accordo. Per ciascun conflitto ha nominato un inviato speciale, poi ha deciso di lasciar percorrere le strade che dovrebbero condurre alla fine delle guerre a un solo uomo, Steve Witkoff, che aveva iniziato il percorso come inviato speciale per il medio oriente e invece a febbraio, a bordo del suo jet privato, è volato a Mosca per incontrare Vladimir Putin. Martedì Witkoff era in Arabia Saudita a condurre, assieme al segretario di stato Marco Rubio e al consigliere per la sicurezza nazionale Michael Waltz, i colloqui con l’Ucraina. L’incontro di Gedda ha portato alla promessa della firma dell’accordo sui minerali, al ripristino della cooperazione di intelligence tra Washington e Kyiv e dell’invio di aiuti militari. A Gedda gli ucraini hanno anche accettato un cessate il fuoco di trenta giorni, se sarà rispettato dalla Russia. Abbandonato per qualche ora il capitolo ucraino della politica estera trumpiana, Witkoff è atterrato a Doha, in Qatar, per occuparsi dell’altro capitolo: il conflitto tra Israele e Hamas che si è interrotto a fine gennaio ma se adesso i negoziati non entreranno nella loro seconda fase, non c’è più nulla che possa fermare gli attacchi di Tsahal contro la Striscia di Gaza. Trump ha promesso che risolverà la crisi, che ricostruirà Gaza, che trasferirà i palestinesi per costruire una terra di prosperità e resort e che Hamas sarà sradicata. In queste sei settimane di cessate il fuoco, anziché essere sradicata, Hamas si è riorganizzata, mentre tiene in ostaggio ancor più di cinquanta israeliani. Steve Witkoff è l’uomo incaricato di rendere possibile i progetti di Trump e parlare con gli stati arabi affinché si assumano le loro responsabilità su Gaza. L’arrivo di Witkoff a Doha è stato accolto dagli israeliani con molte speranze: sperano che riesca a imporre la prosecuzione dell’accordo durante la seconda fase così come fece per la prima. La liberazione degli ostaggi a Gaza è possibile attraverso il cessate il fuoco, Hamas vuole che Israele si ritiri del tutto dalla Striscia e Israele vuole che Hamas smetta di governare Gaza, cosa che continua a fare senza interruzioni e le responsabilità a cui sono chiamati gli stati arabi riguardano proprio lo sradicamento di Hamas. Witkoff in medio oriente ha già ottenuto un successo, si attende il secondo ben più difficile di un nuovo accordo. L’inviato è visto come l’uomo risolutivo e quando la scorsa settimana il sito Axios ha pubblicato la notizia dei colloqui diretti tra Stati Uniti e Hamas tenuti dall’inviato speciale per gli ostaggi Adam Boehler, gli americani si sono affrettati a far capire che un pasticcio del genere Witkoff non lo avrebbe combinato: non si sa se questa spiegazione sia soltanto un parafulmine. L’imprenditore, immobiliarista, golfista americano sembra però troppo occupato per pensare soltanto al medio oriente e ultimamente il suo nome compare sempre più implicato nelle trattative con la Russia, dove ha sostituito l’inviato speciale che avrebbe dovuto viaggiare tra Mosca e Kyiv, il generale Keith Kellogg, quando andò a recuperare l’insegnante americano Marc Fogel, arrestato nel 2021. In quell’occasione andò al Cremlino e organizzò la prima telefonata fra Donald Trump e Vladimir Putin.
Dopo essere stato a Gedda, poi a Doha, oggi Steve Witkoff è a Mosca, a capo della delegazione di negoziatori che, come annunciato dal presidente americano, avranno il compito di parlare con il presidente russo, al quale spetta, come sempre dall’inizio dell’aggressione contro l’Ucraina, la decisione se continuare il conflitto o fermarlo. Durante l’incontro con la stampa, il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha suggerito ai giornalisti di non correre troppo visto che la Russia aspetta che gli Stati Uniti spieghino i dettagli dell’incontro con gli ucraini in Arabia Saudita. Poi la Russia farà sapere se accetterà o meno il cessate il fuoco di trenta giorni. Non accettarlo vorrebbe dire rifiutare una proposta americana, alla quale gli ucraini hanno già detto di “sì” mostrando alla Casa Bianca che non hanno intenzione di essere l’ostacolo alla pace.La Russia prende tempo, neppure la scusa di non poter accettare un cessate il fuoco per il dovere di cacciare gli ucraini dalla regione russa di Kursk può reggere per spiegare un eventuale diniego: Kyiv si sta ritirando e Putin è talmente sicuro di averla ripresa che ieri si è presentato in mimetica a visitare le truppe nell’oblast.
Dopo l’incontro tra i russi e Witkoff potrebbe seguire una nuova telefonata fra Trump e Putin.