Migranti subsahariani in Libia (foto Getty)

tra razzismo e accoglienza

Gli hub dell'Ue per i migranti non piacciono ai libici: teneteveli voi

Luca Gambardella

Il Consiglio di stato dice che la Libia "non è una prigione a cielo aperto" e a Tripoli oggi si manifesta contro il reinsediamento dall'Europa: "No al progetto italiano"

Il nuovo regolamento della Commissione europea sui rimpatri forzosi dei migranti non trova il gradimento di uno dei principali paesi di transito. In Libia, il tentativo dell’Ue di potenziare il sistema di esternalizzazione delle frontiere con la creazione di hub extra europei ha innescato proteste molto dure. Per oggi a Tripoli è stata indetta una manifestazione dal titolo eloquente: “Il venerdì della cacciata dei neri africani dalla Libia”. Tutto parte da un documento approvato dall’Alto consiglio di stato – un organo politico con poteri consultivi – in cui si rigetta qualsiasi tentativo europeo di reinsediare i migranti nel paese e si mette in guardia il governo libico dal concludere accordi segreti con l’Ue. Il Consiglio ribadisce che la gestione dei flussi migratori non può essere scaricata interamente sulle spalle della Libia. “Ci rifiutiamo di diventare una prigione a cielo aperto, assediata dai migranti”, è scritto nel documento. 

Subito dopo l’annuncio di Bruxelles del nuovo regolamento, alcuni politici libici hanno cominciato a diffondere notizie su un presunto accordo che il premier di Tripoli Abdulhamid Dabaiba, già attivo sul fronte dei respingimenti illegali dei migranti nel Mediterraneo centrale, avrebbe raggiunto segretamente  con l’Europa per reinsediare in Libia i migranti. Speculazioni che hanno acceso la rabbia dei libici, che non sono nuovi alle discriminazioni su base razziale dei migranti subsahariani.  Organizzazioni come il Movimento giovanile di Tajoura, che sostiene la manifestazione di venerdì, hanno preso di mira l’Europa e in particolare l’Italia, considerata il regista delle politiche migratorie fatte sulla pelle dei libici. “No al progetto italiano di reinsediare i migranti in Libia”, dice una locandina che invita a manifestare oggi in piazza a Tripoli. “I numeri dei migranti sono in aumento, la situazione è andata troppo oltre. O il governo troverà una soluzione o ne pagherà le conseguenze”, recita un comunicato del movimento. La condanna del piano europeo per i migranti ha trovato anche la legittimazione di al Sadiq al Ghariani, il Gran Muftì: “L’occidente vuole insediare gli immigrati africani in Libia mentre dovrebbero essere gettati in prigione e deportati nei loro paesi – ha detto la più alta carica religiosa della Libia – L’occidente vuole che accogliamo gli immigrati, diamo loro la residenza, ci prendiamo cura di loro e gli permettiamo di avere benzina ed elettricità gratis senza pagare le tasse”, ha attaccato Ghariani.

 Nonostante le proteste, la gestione dei migranti  continua a essere brandita come un’arma dalle autorità di Tripoli. Il mese scorso, durante un vertice in  Tunisia, il ministro dell’Interno Emad Trabelsi ha detto che i migranti illegali attualmente nel paese sarebbero addirittura 3,5 milioni, la metà della popolazione libica.  Trabelsi aveva attaccato l’Europa, colpevole a suo dire di rimanere sorda alla richiesta di aiuto della Libia nella gestione dell’accoglienza. Sebbene per le Nazioni Unite i migranti  sarebbero poco più di 800 mila, Tripoli non è nuova alla diffusione di numeri gonfiati al solo fine di spaventare e ricattare l’Europa per ottenere più soldi e mezzi per chiudere le frontiere.  

Le proteste di questi giorni e il dibattito che si è aperto in Libia sui nuovi hub europei confermano i dubbi sulla fattibilità del piano elaborato dalla Commissione europea. Nessuno dei paesi nordafricani – nemmeno la Tunisia, dove l’odio nei confronti dei subsahariani è noto e cavalcato dal presidente-dittatore Kais Saied –  si è mai detto finora disponibile a gestire questi centri sul proprio territorio. Un problema serio, se è vero come dice Frontex che il Mediterraneo centrale resta una delle principali vie di accesso dei migranti in Europa, con 7 mila persone sbarcate nei primi mesi del 2025.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.