
Al Bundestag
I Verdi vogliono garanzie ecologiche scritte da Merz per unirsi alla sua rivoluzione
Con la Cdu e l’Spd pronti alla grosse Koalition, il vecchio Bundestag si gioca le ultime carte per superare il freno costituzionale all’indebitamento. La grande partita dei Verdi: fondi per il clima e un nuovo peso politico nella Germania che verrà
Berlino. L’ultima occasione per lasciare il segno per i prossimi quattro anni. I Verdi non dovrebbero far parte del prossimo governo tedesco: anzi proprio oggi partono i negoziati ufficiali affinché entro Pasqua nasca una nuova maggioranza nero-rossa guidata dal presidente della Cdu, Friedrich Merz, con l’appoggio dei socialdemocratici di Lars Klingbeil (un nome da ricordare). Eppure, oggi tutta la politica tedesca ruota attorno ai Verdi. Il loro assenso è richiesto per votare a maggioranza qualificata un doppio poderoso sfondamento del bilancio statale. Un voto per impegnare da un lato 500 miliardi in dieci anni in opere infrastrutturali e dall’altro per finanziare il riarmo della Germania superando gli ostacoli legali, anzi costituzionali, che la stessa Germania si è data anni fa. Correva l’anno di grazia 2009 quando nel pieno della peggiore crisi finanziaria in occidente da decenni sia il Bundestag (la Camera bassa) sia il Bundesrat (il Consiglio federale in cui sono rappresentati i Länder) approvavano un emendamento costituzionale secondo cui a partire dal 2016 il disavanzo federale strutturale, non avrebbe dovuto superare lo 0,35 per cento del pil. Nasceva così il “freno all’indebitamento” che ha permesso di mantenere il debito tedesco sotto controllo per alcuni anni. Una pandemia e una guerra alle porte dopo, la situazione è cambiata: l’economia ristagna, le infrastrutture pubbliche sono arrugginite, e la Bundeswehr ha appena iniziato a riprendersi dopo anni di abbandono. Come se non bastasse, la Cdu, attenta al sociale quanto parsimoniosa negli investimenti, ha bisogno dell’Spd per andare al governo. E l’Spd batte cassa.
Le elezioni dello scorso 23 febbraio non indicano strade alternative: con i sovranisti dell’AfD al 20,8 per cento e il secondo drappello di deputati al Bundestag, al gruppone Cdu-Csu non resta altro che formare una nuova grosse Koalition con la Spd. Ma di grosse è rimasto solo il nome: se il progetto nero-rosso andrà in porto, i due partiti controlleranno 328 seggi su 630, ossia poco più della maggioranza assoluta (315). Per superare il freno costituzionale all’indebitamento serve però un voto dei due rami del Parlamento con la maggioranza dei due terzi. E qui l’affare si fa davvero ingarbugliato: nel Bundestag uscito dalle elezioni di fine febbraio questa maggioranza non c’è neppure con l’aiuto dei Verdi. Così è stato deciso che a stanziare le nuove somme-monstre sarà il Parlamento vecchio che, legge fondamentale tedesca alla mano, è nella pienezza dei poteri fino a quando, il 25 marzo, si costituirà quello nuovo. Il dibattito di ieri si è svolto dunque in uno scenario un po’ da basso impero con la Cdu che offriva ai Verdi 50 miliardi per il clima e la trasformazione energetica e questi che per voce della capogruppo Katharina Dröge replicavano: “Perché dovremmo fidarci di lei, signor Merz, che fino a ieri per il clima non voleva dare un marco?”. Difficile dare torto ai Grünen in questo frangente. Gli ecologisti tedeschi vogliono garanzie scritte che non si faccia un bel fondo generale per gli investimenti. Il rischio è che il prossimo governo, nel quale non dovrebbero entrare, prenda quei soldi per erogare pensioni alle casalinghe come auspicato dai cristiano-sociali bavaresi ai quali piace la moglie ancella del focolare, anziché per gli impianti a idrogeno verde che rischiano di essere solo detassati.
C’è poi un’altra ragione che spinge i Verdi a rallentare: non si tratta solo di ottenere più denari ma anche di evitare una figuraccia. Sulla competenza del Bundestag “vecchio” a impegnare grandi somme alla vigilia della costituzione del Bundestag nuovo pendono due ricorsi urgenti alla Corte costituzionale: uno promosso dall’AfD e uno dai socialcomunisti della Linke. Secondo i due partiti, oggi mancano le condizioni di urgenza per giustificare un voto in extremis del Parlamento vecchio, e nel paese c’è attesa per la pronuncia del tribunale di Karlsruhe. AfD e Linke guardano all’aula post 25 marzo: qua hanno una minoranza di blocco ossia controllano oltre un terzo dei deputati. Nel nuovo Parlamento non ci sarà dunque giudice costituzionale eletto o sfondamento di bilancio programmato senza il consenso di almeno una delle due estreme. Per questo c’è la gran fretta di Merz e di Scholz mentre i Verdi fanno gli equilibristi tenendo tutti con il fiato sospeso.