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Spalle al muro

“Forse Sansal non lo rivedremo vivo”. Appello all'Onu, sotto scacco delle dittature

Giulio Meotti

Lo scrittore è in prigione da quattro mesi. L'avvocato si rivolge alle Nazioni unite per smuovere le acque, ma l’Algeria è membro del Consiglio dei diritti umani, dove ha al suo fianco Cina, Cuba, Qatar e molti altri alleati

“Dall’altra parte del Mediterraneo, un uomo anziano, malato e prigioniero, è minacciato di morte. Innocente come Dreyfus, profetico come Solzenicyn, dissidente come Navalny, le sue uniche armi sono la sua voce e la forza della sua penna. Sono trascorsi quattro mesi da quando Boualem Sansal è stato gettato in prigione”. Così un editoriale non firmato del Figaro. 

 

                

 

Almeno a Berlino, Sansal non è stato dimenticato: questo il messaggio lanciato dal Deutsches Theater di Berlino. Il dissidente Liao Yiwu, che si è fatto quattro anni di prigione in Cina, la Nobel per la Letteratura Herta Müller che è entrata in conflitto con la Securitate di Ceausescu e il Nobel per la Pace Irina Scherbakova di Memorial che ha lasciato la Russia di Putin si sono ritrovati per aiutare Sansal. Il romanziere algerino Kamel Daoud, arrivato da Parigi, ha detto: “Non c’è speranza per Sansal”. Ma la frase più triste della serata è stata quella dell’editore tedesco di Sansal: “Mi chiedo se lo rivedremo vivo”. Inflessibile nella sua violenza, il regime di Algeri non ha intenzione di cedere. E così Sansal è accusato anche di spionaggio dal tribunale di Dar El Beïda, oltre che di “attentato alla sicurezza dello stato”. Una spia, come Dreyfus. 

Nonostante la cautela, su Sansal la Francia si ritrova con le spalle al muro. Da quando il governo e l’Eliseo hanno condannato la detenzione del romanziere, il regime oligarchico di Algeri ha raddoppiato la sfida. L’avvocato di Sansal, François Zimeray, prova a smuovere le acque chete rivolgendosi all’Onu: “Deferiremo la questione all’Alto commissariato per i diritti umani”. Peccato che l’Algeria sia membro del Consiglio dei diritti umani dell’Onu e che lì abbia molti alleati (Cina, Cuba, Qatar e molti altri). Un libro contenente una ventina di contributi, sotto la direzione degli accademici della Sorbona Emmanuelle Hénin, Xavier-Laurent Salvador e Pierre Vermeren, avrebbe dovuto essere pubblicato il 9 aprile dalla prestigiosa Presses Universitaires de France. Il nome dell’opera? “Face à l’obscurantisme woke”. Ma il famoso storico Patrick Boucheron, parlando al Collège de France il 7 marzo, ha preso di mira il libro. “C’è chi sostiene che le minacce più grandi che affrontiamo oggi sono l’islamogoscismo e il wokismo, come il libro ‘Face à l’obscurantisme woke’”. E così l’editore ha mandato al macero l’opera. 

In Francia, un professore del Collège de France può apertamente chiedere la censura di un’opera e gran parte della classe intellettuale rimane indifferente al destino di un romanziere al gabbio. Tra il censore e lo scrittore, una parte delle élite culturali, per procrastinazione o ideologia, ha scelto il primo.
 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.