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Liberati dai libri. Un'operazione di intelligence a colpi di pensiero libero
Durante la Guerra fredda, la Cia introdusse milioni di volumi proibiti nei paesi comunisti. La storia del “Piano Marshall per la mente” raccontata da Charlie English
Venerdì 23 marzo 1984. Albeggia nel porto baltico di Swinoujscie, nella Polonia nord-occidentale, mentre un traghetto in arrivo da Copenaghen riversa i veicoli sul molo. C’è un camion Mercedes carico di una spedizione di beneficenza di vestiti e medicine, guidato da un giovane funzionario delle tasse francese di nome Jacky Challot. Come faceva sempre quando sbarcava, Challot inizia a distribuire dollari, cioccolato occidentale e sigarette Marlboro per facilitarsi il passaggio attraverso la frontiera.
Ma i doganieri si insospettiscono e trovano un pannello interno. Un nascondiglio di libri, ottocento esemplari, e macchine da stampa illegali. “Oh merda! Propaganda reazionaria!”, esclama l’ufficiale. Il destinatario di questa spedizione era Solidarnosc, il movimento che era stato messo al bando dal generale Wojciech Jaruzelski nel 1981. Tra i libri, “1984” di George Orwell, Adam Mickiewicz, testi filosofici di Hannah Arendt, gialli di Agatha Christie e copie del Manchester Guardian Weekly. E ancora, “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley e “L’uomo in rivolta” di Albert Camus. La spedizione faceva parte di un programma clandestino della Cia.
I libri arrivavano in treno, a bordo di yacht, in scompartimenti segreti costruiti in furgoni e camion, per posta. Venivano infilati negli spartiti dei musicisti in tournée o imballati in scatole di cibo o scatole di Tampax. In un caso, una copia di “Arcipelago Gulag” di Aleksandr Solzenicyn fu trasportata su un volo per Varsavia nascosta nel pannolino di un bambino. Dieci milioni di libri. Parte di un’operazione di intelligence statunitense durata decenni e progettata, nelle parole del leader del programma George Minden, per attaccare il blocco orientale con un’“offensiva di pensiero libero”. Minden, dal suo ufficio di New York al 14esimo piano di 475 Park Avenue, credeva che “la verità è contagiosa” e che se fossero riusciti a consegnarla ai popoli oppressi della zona sovietica, avrebbe sicuramente avuto un effetto. Minden, che nel 1946, quando i comunisti presero il controllo della Romania, fuggì in Inghilterra con la moglie e due figli e le sue terre e la sua fortuna furono confiscate, aveva il titolo di presidente dell’International Literary Center.
La storia è raccontata in “The Cia Book Club. The Best-Kept Secret Of The Cold War”, il libro scritto da Charlie English, già autore dei “Ladri di libri di Timbuctu”. Insieme a copie della New York Review of Books, la Cia ha inviato opere di autori inseriti nella lista nera come Boris Pasternak, Czeslaw Milosz e Joseph Brodsky, scritti antitotalitari di Arendt e Camus, narrativa di Philip Roth e Kurt Vonnegut, consigli di scrittura di Virginia Woolf, le opere teatrali di Václav Havel e Bertolt Brecht e i thriller di spionaggio di John le Carré.
L’idea nacque da un programma della Cia che consisteva nel distribuire volantini e altro materiale di propaganda anticomunista nell’Europa orientale da palloni all’idrogeno lanciati dalla Baviera. L’inglese Roger Scruton aveva arruolato un importante gruppo di mecenati che includeva personaggi eminenti come Harold Pinter, Tom Stoppard, Yehudi Menuhin e Iris Murdoch. Oltre a insegnare filosofia all’Università di Londra e a scrivere una rubrica settimanale per il Times, Scruton stava reclutando accademici da Cambridge e studiosi di primo piano per contrabbandare libri proibiti. Durante la sua prima visita in Cecoslovacchia, ha portato Jessica Douglas-Home a incontrare cinque filosofi per prendere confidenza con la vita dietro la cortina di ferro. “Roger mi aveva informato su come affrontare l’arrivo all’aeroporto di Praga, come comportarmi se i libri che stavo contrabbandando fossero stati scoperti e cosa fare se fossi stata arrestata. Aveva viaggiato in treno da Vienna e tutti i libri che trasportava sono stati confiscati dalle guardie di frontiera ceche”. Philip Roth era un altro che si dava da fare e per mesi fece avanti e indietro da New York a Praga per aiutare il dissenso culturale.
Del ruolo della Cia invece si è sempre parlato male. Basta pensare a “The Cultural Cold War” di Frances Saunders. Descrive il coinvolgimento della Cia in termini di manipolazione occidentale e gli intellettuali coinvolti come burattini di una campagna di propaganda statunitense. “The Cia Book Club” ristabilisce la verità. I primi omaggi librari della Cia furono gestiti a partire dal 1958 da un giovane dipendente della Free Europe Press di nome Andy Stypulkowski, che iniziò a distribuire libri ai viaggiatori polacchi che si fermavano nella sua casa a Chiswick, a ovest di Londra. Portare libri proibiti attraverso la Cortina di ferro richiedeva coraggio. Quando la notizia degli omaggi si diffuse, sempre più persone si presentarono a casa Stypulkowski. Ben presto, i libri venivano distribuiti ovunque si trovassero dei polacchi: nei porti scozzesi dove attraccavano i pescherecci polacchi; ai tornei di basket francesi dove gareggiavano le squadre polacche; ai concerti dei cori polacchi a Londra. In seguito, oltre a contrabbandare libri, la Cia avrebbe spedito in Polonia macchine e attrezzature per la stampa dei samizdat, in modo che i titoli proibiti potessero essere riprodotti in grandi quantità da tipografi clandestini in loco. Miroslaw Chojecki, noto alla Cia con il criptonimo di “QRGUIDE” e che English descrive come “il ministro del contrabbando di Solidarnosc”, era una figura chiave di questa operazione clandestina. In Polonia, intere collezioni di libri illeciti, note come “biblioteche volanti”, iniziarono a circolare, basate sul principio che i libri non sarebbero mai rimasti nello stesso posto abbastanza a lungo da essere trovati dalla polizia segreta. Spesso, un libro proibito arrivava camuffato da qualcos’altro, come un manuale tecnico informatico, ad esempio, o avvolto in una copia del giornale del partito. Ai lettori veniva data una sola notte per finire il libro prima di passarlo ad altri. Verso la fine degli anni 70, un gran numero di dissidenti polacchi erano cresciuti con questi libri, tra cui il cardinale Karol Wojtyla, che scrisse una cartolina all’organizzazione di Minden esprimendo la sua gratitudine. Per dirla con Zbigniew Bujak, presidente della sezione di Varsavia del sindacato Solidarnoscść, “una volta la resistenza significava impugnare una pistola. Ora, la gente prendeva le macchine da scrivere”.
A differenza dei nazisti, che bruciavano i libri come in un rituale pubblico, la distruzione sovietica della letteratura era progettata per essere “invisibile”. L’impatto della marea letteraria sponsorizzata dalla Cia fu enorme. Verso la metà degli anni 80, la cosiddetta “seconda circolazione” di letteratura illecita in Polonia divenne così grande che il sistema di censura comunista iniziò a crollare. La Polonia era la più cruciale delle nazioni del blocco orientale: quando il comunismo venne giù nel 1989, questa fu la prima tessera del domino sovietico a cadere. Come ha affermato il principale dissidente polacco Adam Michnik, “sono stati i libri a vincere nella lotta. Un libro è come una riserva di libertà, di pensiero indipendente, una riserva di dignità umana. Un libro era come aria fresca. Dovremmo costruire un monumento ai libri… ci hanno permesso di sopravvivere e di non impazzire”.
Un migliaio di persone erano a conoscenza del programma. Gli sponsor includevano l’American Council for Learned Societies, l’Architectural Forum, Barnes and Noble, la Brookings Institution, l’Enciclopedia Britannica, Harper and Row, Faber and Faber e Macmillan and Co. L’operazione era gestita da New York e Monaco.
“The Cia Book Club” racconta la trafugazione nei paesi comunisti delle poesie di Vladimir Mayakovsky, “Il socialismo dopo Marx” di Robert Kilroy-Silk, “Logica e conoscenza” di Bertrand Russell, “Kaytn. Un crimine senza uguali” di Louis Fitzgibbon e tanti altri. Quel programma ha avuto un ruolo decisivo nella sconfitta del comunismo polacco e nell’accelerare la fine di regimi simili in Romania, Bulgaria, Cecoslovacchia e Ungheria. Ed era economico: due-quattro milioni di dollari all’anno. Durante lo stesso periodo della Guerra fredda, la Cia spendeva settecento milioni di dollari per sostenere i mujaheddin nell’Afghanistan occupato dai sovietici. Questa storia invece sarebbe finita male. Minden, l’ufficiale della Cia responsabile, stimò che quasi dieci milioni di articoli furono contrabbandati verso est, con 316.020 libri spediti nell’ultimo anno del programma.
Una giovane donna, Teresa Bogucka, iniziò a far circolare una copia in lingua polacca di “1984” di George Orwell. I suoi amici erano esaltati e traumatizzati dall’accuratezza del romanzo nel descrivere le loro vite. Teresa ebbe l’idea di creare una “biblioteca volante”. Nel 1978 aveva collezionato cinquecento titoli. Era stato il padre di Teresa, il critico d’arte Janusz Bogucki, a portare il libro di Orwell in Polonia. Nel 1957, durante la breve finestra di liberalizzazioni che si aprì dopo la morte di Stalin, a Janusz fu concesso di visitare l’occidente per la prima volta e scelse di vedere Parigi. Prese la traduzione di Orwell da un distributore polacco in una piccola libreria sull’Ile Saint-Louis, non lontano da Notre Dame. Prese anche diversi altri titoli, tra cui una raccolta di poesie del futuro premio Nobel Milosz, l’autore della “Mente prigioniera”. Sebbene tutti questi fossero vietati in Polonia all’epoca, Janusz li fece passare di nascosto attraverso il confine nel suo bagaglio e li portò nella cittadina rurale dove lui e la sua famiglia si erano trasferiti per sfuggire alle purghe staliniste. Diede “1984” a sua figlia. La richiesta di libri di Bogucka era tale che presto dovette trovarne altri. Potevano arrivare solo dall’occidente. Amici attivisti riuscirono a comunicare di nascosto la notizia a Londra, dove editori emigrati organizzarono l’invio di trenta o quaranta volumi alla volta. Li dovevano portare alla Gare du Nord di Parigi, il capolinea occidentale del servizio di vagoni letto transcontinentali che faceva la spola avanti e indietro attraverso l’Europa continentale. Un corriere saliva sul treno con una valigia di libri e si dirigeva verso lo scompartimento del bagno, dove svitava un pannello del soffitto e spingeva la valigia nel vano del tetto. Dopo essere scesi dal treno, avrebbero trasmesso il numero della carrozza a Varsavia tramite una chiamata telefonica codificata. A Poznan, la prima fermata del treno in Polonia, un altro passeggero saliva, svitava il pannello e rimuoveva la valigia, portando i libri a Bogucka.
Il materiale esportato da Minden, scomparso nel 2006 a 85 anni, spaziava da dizionari a testi medici, dai romanzi di Joyce e Nabokov a cataloghi di musei d’arte e riviste di moda parigine. Nel novembre 1957, chiese al Whitney Museum of American Art di inviare trecento copie di un libro appena pubblicato, “Three Hundred Years of American Painting”, ai dipartimenti d’arte, ai musei e agli artisti dell’Europa orientale. Voleva fare concorrenza al “realismo socialista”, far vedere ai popoli europei che c’era anche un’altra arte. Negli anni successivi, un terzo dei destinatari inviò lettere di ringraziamento che, insieme a molti altri documenti, Minden donò all’Hoover Institution of War, Revolution and Peace. In una lettera inviata all’istituzione si citava il “grande lavoro del signor Minden che ha dato un contributo molto significativo alla trasformazione pacifica dell’Europa orientale”. Un “Piano Marshall per la mente”.
Oggi sarebbe impensabile. Gli stessi romanzi di Agatha Christie sono riscritti e censurati in occidente perché considerati “razzisti”, uno scrittore dissidente come Boualem Sansal marcisce in una galera algerina nell’indifferenza occidentale, le nostre scuole censurano “Persepolis” di Marjane Satrapi e le fiere del libro vanno a Teheran a decantare le magnifiche sorti del dialogo con le dittature. Una Ostpolitik multiculturale.