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Il messaggio
Gli attacchi degli Stati Uniti in Yemen come risposta all'Iran. Una questione non solo israeliana
Donald Trump promette conseguenze “terribili” per il regime di Teheran, sempre più al fianco degli houthi. Un messaggio per dimostrare che sfinire il suo asse della resistenza è possibile, e che eliminare la minaccia che va avanti da oltre un anno, non è una priorità solo dello stato ebraico
Gli Stati Uniti hanno colpito alcuni obiettivi houthi dentro lo Yemen, eliminando anche uno dei capi del gruppo che dal 7 ottobre non soltanto partecipa alla guerra contro Israele, ma attacca le navi mercantili che transitano nel Mar Rosso. Gli houthi sono tra i gruppi sostenuti dalla Repubblica islamica dell’Iran, e si stanno conquistando sempre più il rispetto e l’attenzione del regime di Teheran proprio per la pervicacia con cui hanno portato avanti i loro attacchi non soltanto contro Israele ma anche contro gli americani e altri paesi occidentali, inclusa l’Italia.
Il presidente americano Donald Trump ha detto che ogni colpo sparato dagli houthi sarà considerato “da questo momento in poi” responsabilità dell’Iran e quindi l’Iran ne subirà le conseguenze che “saranno terribili”. Teheran ha preso le distanze, quasi negando che il gruppo sia un tassello del sedicente “asse della resistenza”, parte dell’anello di fuoco costruito attorno a Israele. Attaccare gli houthi, proprio come attaccare Hezbollah in Libano, è anche un modo per mandare un messaggio all’Iran e dimostrare in primo luogo che è possibile sfinire il suo asse della resistenza, in secondo luogo che se ora tocca ai suoi alleati essere colpiti prima o poi toccherà al regime stesso. Gli houthi hanno una particolarità rispetto agli altri gruppi che attaccano Israele: sono i primi ad aver sfidato apertamente i suoi alleati. Eliminare la minaccia che va avanti da oltre un anno, non è una priorità solo dello stato ebraico.