(foto EPA)

medio oriente

E' finito il cessate il fuoco a Gaza

Micol Flammini

Israele ha ricominiciato la campagna di bombardamenti nella Striscia dopo tre settimane di stallo nei negoziati in cui Hamas non ha più liberato ostaggi. Il coordinamento con gli Stati Uniti, gli obiettivi, il nuovo capo di stato maggiore

Il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza è finito. Alle due del mattino, ora israeliana, l’esercito israeliano ha iniziato a condurre una serie di attacchi, colpendo i punti di riferimento segnalati dai servizi d’intelligence dello Shin Bet contro comandanti di Hamas, strutture di Hamas e del Jihad islamico. La zona di combattimento comprende sia parti al nord sia al sud di Gaza, includono Beit Hanoun, Harvat, Hazaa e Abasan. Ai civili è stato indicato di spostarsi nelle zone occidentali di Gaza city e meridionali di Khan Younis. Ai cittadini di Gaza è stato chiesto di allontanarsi dai confini con Israele per evitare di finire nel mezzo di una possibile invasione di terra, che finora non si è realizzata. 

 

La nuova campagna di bombardamenti, chiamata Forza e Spada è stata pianificata nelle ultime settimane in accordo con gli Stati Uniti. E’ stata tenuta segreta anche ad alcuni reparti dell’esercito e progettata come risposta nel caso in cui Hamas avesse continuato a rimandare le negoziazioni per la seconda fase degli accordi e quindi la liberazione dei cinquantotto ostaggi che sono ancora nella Striscia, ventiquattro dovrebbero essere ancora in vita. La scorsa settimana l’inviato speciale americano per il medio oriente, Steve Witkoff, era andato a Doha per mediare quello che aveva definito un accordo ponte, chiedendo a Hamas di liberare Edan Alexander, l’ultimo ostaggio con cittadinanza americana ancora vivo detenuto dai terroristi, e i corpi di quattro ostaggi. Il gruppo si è rifiutato di accettare l’intesa, ha preso tempo bloccando le negoziazioni. 

 

Secondo gli accordi, durante il cessate il fuoco e fino all’arrivo della terza fase dell’intesa tra Israele e Hamas, il gruppo terrorista avrebbe dovuto continuare a liberare ostaggi. E’ venuto meno ai suoi impegni il primo marzo, l’8 marzo e il 15 marzo. Israele aveva iniziato a preparare la nuova campagna di bombardamenti, la prima che si svolge con il nuovo ramtkal, il capo di stato maggiore Eyal Zamir, che dal 5 marzo ha preso il posto del dimissionario Herzi Halevi. 

 

Durante il periodo del cessate il fuoco che era entrato in vigore prima del 20 gennaio, giorno di insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, non ci sono stati controlli dentro la Striscia. Hamas è riuscito a riorganizzarsi, arrivando a una forza di venticinquemila uomini e lo stesso ha fatto il Jihad islamico che è tornato a contare tra i suoi ranghi cinquemila combattenti. L’assenza di qualsiasi forma di ispezione a Gaza ha consentito ai gruppi di reclutare nuovi membri e di approfittare dell’arrivo degli aiuti umanitari, gestirne la distribuzione e aumentare il controllo sulla popolazione. 

 

I combattimenti a Gaza sono ricominciati mentre gli Stati Uniti hanno cominciato i bombardamenti contro obiettivi houthi nello Yemen. Non è escluso che Tsahal e il comando americano non si siano coordinati anche per lanciare un messaggio di forza in medio oriente. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)