
Foto LaPresse
L'intervista
“Hamas vuole tenersi per sempre alcuni ostaggi”. Parla Mordechai Kedar
“Quando l’Iran sarà privato dei suoi proxies, come in Iraq, Siria e Libano, sarà più facile piegarlo anche nelle sue ambizioni nucleari” dice l'accademico. Un messaggio all'occidente: “Quello che succede a Gaza fa parte delle atrocità nel mondo arabo”
Nella prima ondata di attacchi dall’inizio del cessate il fuoco il 19 gennaio, martedì mattina Israele ha iniziato a condurre una serie di raid aerei su vasta scala a Gaza contro comandanti di Hamas e alti dirigenti politici del movimento islamico. Ucciso il premier di Gaza, Issam al Da’alis, e altri capi del movimento islamista, così come il portavoce della Jihad Islamica, Abu Hamza. Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ha detto: “Nelle ultime due settimane e mezza, abbiamo raggiunto un punto morto: senza nostri attacchi né ritorno degli ostaggi, e questa è una cosa che Israele non può accettare. Il ritorno ai combattimenti è una continuazione del nostro impegno per raggiungere gli obiettivi della guerra”.
Hamas ha preso tempo dal primo marzo, quando è terminata la prima fase della tregua, continuando a riarmarsi senza restituire un solo ostaggio, né in vita né deceduto (su 59 ostaggi rimasti a Gaza, si ritiene che 22 siano ancora vivi). Hamas si è rifiutata di rilasciare altri ostaggi il primo marzo, l’8 marzo e di nuovo il 15 (a oggi avrebbe dovuto rilasciarne nove). Nel frattempo, Hamas ha rifiutato le proposte dell’inviato statunitense Steve Witkoff, accettate invece da Israele. L’Hostages and Missing Families Forum accusa il governo di “aver scelto di rinunciare alla vita degli ostaggi”. “La più grande paura delle famiglie, degli ostaggi e dei cittadini israeliani si è realizzata”. Molti kibbutz al confine con Gaza sono di nuovo in corso di evacuazione preventiva.
Gli attacchi aerei sono progettati non solo per spingere Hamas a cedere gli ostaggi, ma anche per degradare le sue capacità militari, dopo che è uscita la stima dell’intelligence secondo cui il gruppo terroristico è tornato a una forza di 25mila uomini e la Jihad islamica a cinquemila. Elementi noti alle Forze di Difesa israeliane. Ma finché c’era la speranza di arrivare a un accordo sugli ostaggi, Israele si era astenuto da attacchi. Ora la situazione è cambiata. E al governo torna la destra di Itamar Ben Gvir, che aveva posto come condizione la ripresa della guerra.
Hamas ha riferito di quattrocento morti nei raid, sebbene non c’è modo di verificare i numeri o di distinguere tra terroristi e civili dall’inizio della guerra. L’attacco è stato coordinato con gli Stati Uniti e sincronizzato con gli attacchi aerei americani contro gli Houthi dello Yemen. “Siamo tornati a combattere a Gaza alla luce del rifiuto di Hamas di rilasciare i rapiti e le minacce a soldati e comunità israeliane”, ha detto il ministro della Difesa Israel Katz.
“La decisione di attaccare è un accordo tra l’Amministrazione Trump e il governo di Benjamin Netanyahu per sbarazzarsi dei tentacoli della piovra iraniana” dice al Foglio Mordechai Kedar, analista, accademico, tra i massimi esperti di geopolitica mediorientale e a lungo nelle forze armate (è ancora colonnello della Riserva). “Gli americani attaccano in Yemen e Israele a Gaza”.
Secondo Kedar, “quando l’Iran sarà privato dei suoi proxies, come in Iraq, Siria e Libano, sarà più facile piegarlo anche nelle sue ambizioni nucleari. Il messaggio da Gaza è all’Iran: questo accadrà a voi se non vi arrendete. Israele capisce che Hamas vuole solo prendere tempo per riprendersi dal 7 ottobre e farlo di nuovo. Israele sa che Hamas non può rimanere al potere”.
Cosa succederà ora dipende da Hamas: “Se rilascia gli ostaggi, la guerra si ferma di nuovo. Ma non consentiremo a Hamas, che è come al Qaida e Isis, di vivere accanto a noi. Fanno parte della stessa guerra jihadista. Usano la popolazione per proteggere se stessi e non hanno alcuna premura del loro popolo. Tutti quelli di Gaza possono essere uccisi nella guerra a Israele. In occidente non capite che dall’inizio della guerra, Hamas non ha mai dato una lista degli ostaggi, chi è vivo e chi no. Tutti i numeri che girano sono israeliani. La ragione è che Hamas vuole tenere alcuni ostaggi con sé per sempre, in modo che la guerra non riprenderà mai. Si prendono un vantaggio sulla psicologia israeliana, che conoscono molto bene. Lo slogan, ‘rilasciate tutti gli ostaggi’, è senza significato. Nessuno qui sa chi sono, se sono vivi o morti”.
In occidente però la guerra di Israele è orfana nell’opinione pubblica. “All’occidente dico: quello che succede a Gaza fa parte delle atrocità nel mondo arabo” conclude Kedar. “Guardate il massacro in Siria con gli alawiti, in Yemen, in Sudan, in Libano, in Iraq. Hamas non ha alcun interesse su Gaza, è la cultura del mondo arabo islamico, ma gli europei non lo capiscono. L’Europa pensa tutto attraverso lenti europee, ovvero diritti e vita umana. Ma qui in medio oriente, diritti e vita sono al fondo delle società e dei loro capi. Sacrificheranno sempre il loro popolo per i loro obiettivi: gli sciiti dominare il mondo islamico come fino al VII secolo e i sunniti dominare il resto del mondo. E Israele è un ostacolo sul loro cammino. E se dovesse cadere Israele, l’Europa sarebbe la prossima. Ricordatelo bene”.