(LaPresse)

quello che l'Italia finge di non sapere

Balle sulla difesa Ue e cose che l'Europa può fare subito per Kyiv

Oscar Giannino

Per la premier il piano franco-britannico è "rischioso e impercorribile" ma in realtà intende estendere la forza militare congiunta già esistente a Canada, Norvegia, Turchia e tutti i paesi Ue che intendano parteciparvi e non è vero che comporterebbe conflitti con la Nato

Tra pacifismo di piazza che non cita neanche Putin, divisioni nel Pd e nella maggioranza di governo, il dibattito pubblico italiano segue le rissose cronache della politica interna e perde di vista ciò di cui si parla, sia sul necessario salto di qualità e quantità della difesa europea, sia sul tema immediato e di come l’Europa possa offrire garanzie di difesa all’Ucraina. Da una parte, larga parte della sinistra e della destra italiana non vogliono neanche citare il ReArm Europe, già la parola dà loro fastidio. Dall’altra, la premier Meloni torna a dire che dell’impiego di truppe e mezzi della difesa italiana a garanzia dell’Ucraina non se ne parla proprio, perché il piano franco-britannico è “rischioso e impercorribile”, e in ogni caso non bisogna far nulla senza il sì di Trump e l’impiego di forze statunitensi. Vediamo allora se, fatti alla mano, queste affermazioni reggono oppure no.

 

Partiamo dalla posizione americana. Che altro deve accadere, perché sia chiaro che Trump ha una concezione della Nato radicalmente distorta? Ha ripetuto più volte che mentre sarà presidente non vale l’automaticità dell’intervento americano se un paese dell’Alleanza viene attaccato: sono gli Stati Uniti a decidere se quel paese è degno di protezione, dipende non solo da quanto spenda per la difesa ma soprattutto se assecondi o meno gli interessi economici e finanziari degli Stati Uniti.  Di questo stravolgimento della Nato è bene che l’Europa prenda atto. Ed è per questo che Trump asseconda la volontà di Putin di una trattativa sulla testa degli ucraini senza ruolo per l’Europa. Putin ha sempre ripetuto che un’eventuale presenza europea armata a garanzia dell’Ucraina sarebbe considerato dalla Russia una diretta minaccia militare. Putin e Trump condividono l’idea di un’Europa che torni a due grandi aree d’influenza. Una americana e una russa, una caricatura fuori tempo dei patti di Jalta del febbraio 1945. Alla luce di queste premesse, dire “nessun coinvolgimento italiano in Ucraina, ed è impercorribile un coinvolgimento europeo” significa accettare supinamente che siano Trump e Putin a decidere che cosa fare di un paese a cui l’Ue ha aperto formalmente – sotto una forte spinta esercitata  dal governo italiano guidato allora da Mario Draghi – il dossier per il suo ingresso nell’Unione. Un bel disco verde alle prossime azioni militari di Putin in Europa, in linea con quanto ha già fatto dal 2008 in poi. 

 

Veniamo poi all’“impercorribilità” di una forza europea in Ucraina. Teniamo la questione ben distinta dagli sviluppi che sono finalmente in corso per un grande potenziamento della difesa europea attraverso modifiche al Patto di stabilità, garanzie della Bei e un  nuovo fondo comune europeo fino a 150 miliardi sia a disposizione degli stati membri per spese militari aggiuntive sia, soprattutto a garanzia di capitali privati per il potenziamento delle sinergie e cooperazioni delle diverse industrie europee per la difesa. Limitiamoci al problema immediato. Quello dell’Ucraina così tanto disprezzata da Putin e Trump. Per realizzare in tempi rapidi un credibile strumento militare congiunto con forze e sistemi di difesa avanzati, è assolutamente falso che sia nel breve impossibile perché si parte da zero. Non è così. La “coalizione dei volenterosi” promossa dal premier laburista Starmer e da Macron si fonda su esperienze di cooperazione militare già operative da anni. Nel 2010 Francia e Regno Unito firmarono il Trattato di Lancaster House che fissò le basi di una diretta cooperazione militare e nucleare tra i due paesi. Dal 2020 è diventata operativa la Forza d’Intervento Rapido franco-britannica, con reparti e piattaforme terrestri assegnate e congiuntamente addestrate, terrestri, navali e aeree, e che ha visto già i due paesi operare insieme contro il Daesh e in Mali. La proposta di Starmer che Meloni respinge intende estendere la forza militare congiunta esistente a Canada, Norvegia, Turchia e a tutti i paesi Ue che intendano parteciparvi. Non è vero neanche che ci sarebbero conflitti con la Nato. L’accordo conosciuto come Berlin Plus Agreement, sottoscritto nel marzo 2023, consente ai paesi Nato e membri Ue di poter riallocare asset, depositi e piattaforme militari integrate nell’Alleanza a favore invece di operazioni in cui la Nato non sia coinvolta. E l’accordo del 2023 è esteso alla condivisione dell’intelligence e delle strutture di comando. Tanto da prevedere che il comando potrebbe incardinarsi sul comandante supremo delle forze alleate in Europa (in acronimo militare DsacEur), in piena cooperazione con lo staff militare che affianca per le questioni di difesa l’Alto rappresentante per la Politica estera e di Difesa Ue, Kaja Kallas. Perché fingere che tutto questo non esista già? E’ una finzione che invera la previsione che accomuna Putin e Trump: il più dei governi europei non ci pensa proprio a battersi per difendere libertà e democrazia contro chi le distrugge con armi e repressione.

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