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Euro Meloni

Su difesa e immigrazione Meloni a Bruxelles costruisce inedite alleanze

Pietro Guastamacchia

Sulla questione della lotta alla migrazione, la premier incassa un crescente interesse per il suo modello Albania. Sul tema delle armi invece nasce anche un’insolito feeling con il socialista Sánchez sulla proposta di cambiare nome al piano di riarmo Ue

Bruxelles. Un occhio al vertice e uno a Ventotene. Dopo i brindisi alla cena di mercoledì con gli eurodeputati di Fratelli d’Italia, la trasferta europea di Meloni è entrata nel merito della complicata situazione continentale. Sulla questione della lotta alla migrazione, la premier incassa un crescente interesse per il suo modello Albania. Roma, invece, frena gli entusiasmi europei sulla spesa per la difesa. 
Sul tema delle armi nasce anche un’insolita alleanza con il socialista Sánchez sulla proposta di cambiare nome al piano di riarmo Ue. Sullo sfondo dei movimenti della premier, in un vertice in cui la compattezza europea sulla difesa sembra iniziare a incrinarsi, rimbombano le polemiche italiane sulle critiche al Manifesto di Ventotene, su cui Meloni raddoppia la dose, tirando in ballo anche l’elitarismo degli editoriali di Eugenio Scalfari.

   

La giornata inizia con un fuori programma: un vertice della famiglia conservatrice e riformista europea (Ecr) con il nuovo premier belga, Bart De Wever, il ceco Petr Fiala e il presidente del partito Ecr, Mateusz Morawiecki. Una novità nella coreografia meloniana ai vertici Ue, dovuta al fatto che Ecr, con l’arrivo di De Wever, incassa un terzo premier tra i 27 del Consiglio europeo, insidiando così il ruolo dei socialisti come seconda famiglia politica europea.

 

Si allarga dunque la rete degli alleati della premier in Ue, e i risultati si vedono sin dal primo mattino. Subito dopo la colazione, infatti, Meloni presiede, assieme al primo ministro dei Paesi Bassi, Dick Schoof, e al ministro di Stato della Danimarca, Mette Frederiksen, la riunione dei cosiddetti falchi Ue sulla migrazione: un gruppo di 13 paesi che intende accelerare sulla questione dei rimpatri e su “modelli innovativi”, inciso che il governo legge come “modello Albania”. Al gruppo dei 13 si aggiunge, da ieri, per la prima volta anche il Belgio, grazie proprio alla nuova premiership di De Wever, incrementando l’influenza meloniana.

 

Alla riunione partecipa anche la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a confermare l’intesa tra Meloni e la Commissione in materia di migrazione. Con von der Leyen, poi, Meloni si ritaglia un lungo bilaterale prima dell’inizio del vertice europeo, in cui le due, stando a fonti ufficiali, affrontano il rilancio della competitività e il rafforzamento della difesa in tutti i suoi ambiti. Ma sul finanziamento agli investimenti per la difesa, l’intesa s’incrina. Sul punto, infatti, Meloni ribadisce la necessità di porre l’accento sulla partecipazione del capitale privato, come proposto dall’Italia, e su strumenti europei davvero comuni che non pesino direttamente sul debito degli Stati. “Le risorse previste dal RearmEU sembrano molte, ma sono virtuali”, taglia corto la premier parlando alla stampa.

 

Sulla questione della difesa, Meloni gioca partite parallele. La premier guadagna infatti l’appoggio della Polonia e di Varsavia per tenere aperta la porta agli acquisti di armi Usa e mettere un freno al vincolo “buy European” proposto da Macron. Un assist inatteso arriva invece dal premier spagnolo, Pedro Sánchez. “Devo dire che il termine ‘riarmo’ non mi piace affatto, non lo condivido. Dobbiamo parlare in modo diverso, rivolgerci ai nostri cittadini in modo diverso quando parliamo della necessità di migliorare la sicurezza e le capacità di difesa dell’Ue”, spiega il socialista spagnolo, ricalcando di fatto la posizione espressa da Meloni prima del voto di due settimane fa a Strasburgo.

 

Sul presunto oltraggio a Ventotene, invece, l’Europa nicchia. L’unica critica, in punta di penna, è quella della presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, che definisce il Manifesto firmato da Altiero Spinelli “un pezzo di storia europea”, per poi precisare di “non voler certo mettere in discussione l’impegno europeo della premier italiana”, con cui infatti si è vista mercoledì sera, poche ore dopo le polemiche alla Camera.

 

E infatti, a fine giornata, Meloni torna a calcare la mano: “Sono rimasta sconvolta dalla reazione che ho visto ieri in aula, con parlamentari della Repubblica che sono arrivati sotto i banchi del governo con insulti e ingiurie. Penso francamente che la sinistra stia perdendo il senso della misura”, spiega, prima di alzare il tiro. Dopo Spinelli, tocca a un altro totem della sinistra, Eugenio Scalfari, di cui la premier “ricorda straordinari editoriali in cui ci insegnava che l’unica forma di democrazia è l’oligarchia”.

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