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verso il vertice di parigi
I volenterosi vogliono aiutare Kyiv, ma con molti vincoli
Con il presidente ucraino Zelensky al fianco di Macron e Starmer, la coalizione dei volenterosi si prepara a rafforzare la sicurezza dell'Unione europea. Le paure che accompagnano i boots on the ground in Ucraina
Bruxelles. Emmanuel Macron ha convocato il 27 marzo i paesi che faranno parte della coalizione dei volenterosi per un vertice a Parigi sulla pianificazione della missione militare volta a proteggere un eventuale accordo di pace in Ucraina. La riunione di giovedì dei capi di stato maggiore a Londra, organizzata dal premier britannico, Keir Starmer, ha permesso di fare passi avanti. Il progetto è quello di un contingente da 10 a 30 mila soldati, composto principalmente da paesi europei e senza gli Stati Uniti, compresi assetti aerei e navali. Ma la pianificazione di Macron e Starmer, oltre che da un accordo di pace (o almeno di cessate il fuoco), dipende da altri due fattori: il consenso di Vladimir Putin alla presenza di un contingente e la decisione di Donald Trump di fornire un “backstop” degli Stati Uniti. Macron sta esplorando la possibilità di una missione di peacekeeping delle Nazioni Unite perché non vuole impegnare soldati sul terreno se la Russia si opporrà. Starmer ha spostato l’attenzione sul cielo e il mare più che sulle truppe sul terreno. La paura dei volenterosi di ritrovarsi in una guerra diretta con la Russia potrebbe essere più forte delle buone intenzioni retoriche.
Al vertice di Parigi di Macron sarà presente il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Nel suo intervento al Consiglio europeo giovedì, Zelensky ha chiesto a tutti gli stati membri dell’Ue di partecipare allo “sforzo” sulle future garanzie di sicurezza. Per ora una manciata di paesi ha annunciato il potenziale invio di truppe: Francia, Regno Unito, Danimarca, Svezia e Australia. Ieri il presidente della Lituania, Gitanas Nauseda, ha confermato a Bloomberg il suo impegno. “Stiamo parlando di numeri molto concreti delle nostre truppe militari, ma ci dovrebbe essere l’impegno di tutti i paesi di questa coalizione per fornire questo supporto”. La Lituania è piccola ed è l’unico dei paesi alla frontiera orientale ad aver detto pubblicamente di voler inviare soldati. Gli altri, in particolare la Polonia con il più grande esercito nell’Ue, sono molto prudenti per il timore di un disimpegno americano dal fianco orientale della Nato. Il premier polacco, Donald Tusk, ha già detto che non invierà truppe perché la priorità è difendere la sua frontiera con la Russia e la Bielorussia.
Il dispiegamento di un contingente di volenterosi dovrebbe scoraggiare la Russia una volta raggiunta la pace. “Sappiamo una cosa per certo, ovvero che un accordo senza nulla dietro di serio è qualcosa che Putin violerà”, ha detto Starmer giovedì. Ma, rispetto alle scorse settimane quando aveva parlato soprattutto di “boots on the ground” (soldati sul terreno), Starmer ha messo l’accento più sulla necessità di rafforzare militarmente l’Ucraina e di proteggere i cieli e il Mar nero. “Stiamo guardando al mare in uno scenario, al cielo, ovviamente terra e frontiere e rigenerazione”, ha detto Starmer. Il premier britannico ha insistito su fatto che l’Ucraina ha le capacità, i numeri e l’esperienza sul campo di battaglia per difendersi. Lo stesso messaggio sulla strategia di rafforzare l’Ucraina, il suo esercito e la sua industria militare come principale garanzia di sicurezza è emerso dal Consiglio europeo.
Un paper di Andrea Gilli, Mauro Gilli e Niccolò Petrelli per l’Institute for European Policymaking della Bocconi suggerisce di pianificare una missione di Peace Enforcement (tra i 30 e i 60 mila uomini per stabilizzare un cessate il fuoco) e prepararsi a una Missione di assistenza alla sicurezza (tra i 10 e i 40 mila uomini per logistica, addestramento e intelligence) o a una Forza di reazione rapida mobile (tra i 20 e i 40 mila uomini in grado di scoraggiare un’aggressione e reagire se necessario). Secondo l’International Institute for Strategic Studies, il minimo per essere efficaci è una forza di 30 mila soldati, ma ne servirebbero da 60 a 100 mila per una guerra ad alta intensità prolungata nel tempo. E’ uno sforzo militare che i paesi europei da soli difficilmente possono permettersi. Come minimo, servirebbe il sostegno logistico e di intelligence degli Stati Uniti. Il “backstop” – una rete di sicurezza degli Stati Uniti in base alla quale dovrebbero intervenire in caso di attacco russo – è considerato essenziale da gran parte dei volenterosi per non ritrovarsi in guerra diretta con la Russia.
Nelle conversazioni degli ultimi giorni, Macron ha detto ai suoi interlocutori che esclude di inviare un contingente significativo se la Russia si opporrà alla presenza di paesi Nato in Ucraina. Il presidente francese ha chiesto al segretario generale dell’Onu, António Guterres, di valutare una missione di peacekeeping. Ma Guterres è scettico. La Russia è membro del Consiglio di sicurezza dell’Onu con diritto di veto e avrebbe la possibilità di dettare le regole di ingaggio. Al massimo, l’ipotesi permetterebbe di guadagnare tempo per rinforzare le capacità dei volenterosi europei e dell’Ucraina. Una settimana fa, Macron aveva spiegato che se “l’Ucraina decide e chiede a forze alleate di essere sul suo territorio, non tocca alla Russia accettare o meno”. Zelensky ha detto ieri che non considera una missione dell’Onu come alternativa a un contingente militare straniero né alle garanzie di sicurezza.

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