Occhi sul Sudan

Le macerie di Khartoum e i conti con Trump, che non vede i popoli ma solo il potere

Paola Peduzzi

L'esercito sudanese ha riconquistato il palazzo presidenziale, ma la guerra civile continua tra le forze regolari e le Rsf. Il taglio degli aiuti internazionali voluti dall’Amministrazione americana ha avuto effetti devastanti

L’esercito sudanese ha ripreso il palazzo presidenziale di Khartoum, che era stato conquistato quasi due anni fa dalle Forze di supporto rapido (Rsf) del comandante Hemedti, all’inizio di una guerra civile che è considerata dall’Onu la più grande crisi umanitaria attualmente in corso nel mondo. Le Rsf stanno ancora resistendo, hanno lanciato un drone contro le forze dell’esercito regolare, ci sono stati almeno 40 morti tra cui tre giornalisti della televisione di stato, ci sono macerie e corpi ovunque, ma questa, per i sudanesi stremati, è da considerare una buona notizia: il sogno di una transizione a un governo della società civile nato con la caduta del regime di Omar al Bashir, nel 2019  è stato frantumato dallo scontro di potere e poi di guerra di due forze armate, i sudanesi non avrebbero mai voluto scegliere da che parte stare in questo conflitto, ma sono stati costretti e di fronte all’efferatezza delle Rfs hanno dolorosamente festeggiato il ritorno dell’esercito regolare nel cuore della città. 

Il comandante Hemedti non si dà per vinto, i combattimenti a Khartoum continuano, lui si è autoproclamato a capo delle regioni sotto il suo controllo, uno stato nello stato in cui la fedeltà si impone con la pulizia etnica. Hemedti ha dismesso il cappellino e la mimetica e indossa di nuovo il kadamol, la sciarpa per coprire testa e volto usata dai janjaweed che straziarono il Darfur all’inizio del secolo di cui lui era il leader. Le terre che controlla nel sud-ovest del Sudan, molto più ampie del solo Darfur, sono il suo nuovo regno: il potere lo ha conquistato nel tempo –  approfittando anche della paura europea per i migranti – controllando il flusso di persone dirette in Libia, diventando a sua volta un trafficante di uomini e gestendo il mercato dell’oro, che gli ha garantito il sostegno in particolare degli Emirati Arabi Uniti. Quando c’è stato da far confluire le sue Rsf nell’esercito regolare, Hemedti ha dichiarato guerra al governo e a tutti i sudanesi che non stavano dalla sua parte o erano di un’altra etnia.

L’indifferenza è stata la politica adottata dall’occidente verso il Sudan quasi sempre, a parte qualche negoziato finito in nulla di fatto o qualche strage o report insostenibile dal punto di vista umanitario. Il taglio degli aiuti internazionali degli Stati Uniti voluti dall’Amministrazione Trump ha avuto effetti devastanti sui sudanesi, i racconti e i resoconti delle morti di migliaia di persone si accumulano sulle immagini delle fosse comuni della guerra civile. Ma come dice uno degli esperti di Sudan più seguito, Cameron Hudson, è inutile tentare di fare leva su Trump con la catastrofe umanitaria. Nei calcoli del presidente americano, i popoli e le loro sofferenze non contano: in Ucraina si vede benissimo che le conseguenze di accendere e spegnere le forniture di armi e i satelliti si misurano in numero di morti, ma a Trump non interessa. E’ per questo che bisogna cambiare approccio per attirare un’attenzione necessaria, bisogna valutare gli interessi strategici nel Mar Rosso, le mire russe sui porti sudanesi, il traffico e i proventi della vendita dei metalli preziosi – bisogna legare la pace in Sudan a una stabilità nella regione da cui l’America può guadagnarci qualcosa. Sperando che il tornaconto risulti chiaro, si raccolgono corpi e macerie, sopravvivendo e sostenendo il meno efferato.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi