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soldati e unità del paese

I due fronti di Israele: lo scontro tra Netanyahu e Bar e la svolta militare su Gaza 

Giulio Meotti

Continuano le proteste nelle piazze mentre lo stato ebraico deve scegliere se lanciare un’invasione totale della Striscia, optare per attacchi graduali o cercare un altro accordo alle condizioni di Hamas. In gioco ci sono le vite di ostaggi e soldati

Sono giorni difficili in Israele in cui sono in gioco le vite di ostaggi e dei soldati, l’unità del paese e la democrazia. Due fronti legati, quello politico interno e quello di Gaza. L’ex presidente della Corte Suprema, Aharon Barak, teme una “guerra civile”. L’Israel Business Forum, che rappresenta duecento delle più grandi aziende israeliane, minaccia di “chiudere l’economia israeliana”. Al centro, il licenziamento di Ronen Bar e l’ingiunzione temporanea della Corte Suprema contro la cacciata del capo dello Shin Bet, l’agenzia di sicurezza interna (sarebbe la prima volta nella storia del paese che il capo dei servizi di sicurezza è licenziato). All’accusa delle piazze è che Bar è stato licenziato perché aveva preparato le carte per un “Qatar Gate” che accusa un collaboratore nell’ufficio del premier Benjamin Netanyahu di aver preso denaro da Doha, dal governo si replica che Bar se ne va per aver sottovalutato ciò che si stava preparando sotto i loro occhi il 7 ottobre e di non lo averlo considerato degno di essere comunicato al premier. 

 

            

 

Israele si trova di fronte a una scelta critica a Gaza: lanciare un’invasione totale, optare per attacchi graduali o cercare un altro accordo alle condizioni di Hamas. Mentre le forze israeliane tornano a Gaza dopo un cessate il fuoco di due mesi con Hamas crollato e che il Cairo ora prova a rianimare, i leader politici e militari israeliani stanno valutando una nuova campagna di terra che potrebbe includere un’occupazione militare dell’intera enclave per mesi o più. Un cambio di leadership all’interno dell’establishment militare ha portato nuovi falchi al governo. 

Secondo il Wall Street Journal, Netanyahu e il suo nuovo team per la sicurezza stanno pianificando un’offensiva di terra a Gaza, nella convinzione che prendere fasce di territorio consentirà loro di sconfiggere Hamas. Amir Avivi, ex vice comandante della divisione militare di Gaza, al Washington Post dice che la campagna militare finora è stata limitata da disaccordi tra leader politici e militari sulla strategia e dalle preoccupazioni dell’Amministrazione Biden sui danni ai civili palestinesi. “Ora c’è una nuova leadership dell’esercito, c’è il sostegno degli Stati Uniti, c’è il fatto che abbiamo abbastanza munizioni e il fatto che abbiamo terminato le nostre missioni principali nel nord e possiamo concentrarci su Gaza”, ha detto Avivi.  

Il ministro della Difesa, Israel Katz, e il capo di stato maggiore, Eyal Zamir, sono per la linea più dura. Ma un sondaggio del 9 marzo dell’Israel Democracy Institute ha rilevato che il 73 per cento degli israeliani è favorevole a negoziare con Hamas per porre fine ai combattimenti in cambio del rilascio degli ostaggi rimasti. “Più Hamas persiste nel suo rifiuto, più territorio perderà, che sarà annesso a Israele”, ha detto Katz. Ieri intanto un altro attacco terroristico nella valle di Jezreel e vicino a Yokneam, nel nord di Israele: un uomo di 75 anni è rimasto ucciso, quando il terrorista ha prima investito delle persone che aspettavano alla fermata dell’autobus, poi è sceso dall’auto e ha aperto il fuoco contro i civili.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.