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I dati

Nonostante il 7 ottobre, in Israele c'è stato un altro baby boom

Giulio Meotti

Le nascite nello stato ebraico sono state 134mila nel 2024, contro le 131mila dell'anno precedente. E in mezzo alle guerre contro Hamas a Gaza e Hezbollah in Libano, continua a rimanere nella classifica dei paesi più felici al mondo. Rispondere alla morte con l'amore per la vita

Un paese per quindici mesi angosciato dal destino di due bambini, Ariel e Kfir Bibas, e dove la guerra entra nelle case di tutti, non è solo l’unico paese occidentale, sviluppato, ricco, libero e moderno che ha ancora tassi di sostituzione demografica, è anche l’unico paese al mondo che in guerra vede crescere le nascite

Nonostante quindici mesi di guerra, Israele sta vivendo quello che i funzionari definiscono un “baby boom”, con un balzo del dieci percento nelle nascite durante gli ultimi mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023. Secondo Shlomo Winker, responsabile della divisione medica presso Leumit Health Care Services, un aumento del tasso di natalità dopo un periodo di guerra o tragedia nazionale è un fenomeno noto sia a livello internazionale che in Israele in particolare.

“Questo è stato particolarmente vero subito dopo la guerra dello Yom Kippur”, ha detto Winkler a Channel 12. “Tuttavia, l’attuale baby boom è sorprendente, dato che tali aumenti di solito si verificano dopo la fine della guerra: l’esempio più famoso è il drammatico aumento dei bambini  in America dopo la Seconda guerra mondiale, che ha definito un’intera generazione”. I dati del 2024 presentano un quadro unico per Israele: 134mila nascite, contro le 131mila del 2023 e le 132mila del 2022.  Israele rimane anche nella top ten dei paesi più felici al mondo nonostante un anno di guerre contro Hamas a Gaza e Hezbollah in Libano.

Israele si è classificato all’ottavo posto nel World Happiness Report 2025, in calo rispetto al quinto posto dell’anno precedente. Finlandia, Danimarca e Islanda sono di nuovo in cima alla lista, seguite da Svezia e Paesi Bassi per chiudere la top five. Costa Rica e Norvegia hanno superato Israele, seguito da Lussemburgo e Messico. Nessuno di questi paesi è in guerra, solo Israele. Lo stato ebraico detiene il primo posto in medio oriente. Il Libano è in fondo alla classifica al 145esimo posto, lo Yemen è al 140esimo posto a livello mondiale, i territori palestinesi al 108esimo e l’Iran al 99esimo. Ciò che rende questo minuscolo paese sulla costa sud-orientale del Mediterraneo interessante agli occhi dei demografi non è la sua alta natalità in sé: con tre figli per donna, gli israeliani hanno solo la metà dei figli di paesi a massima natalità come il Ciad o la Repubblica Centrafricana. Piuttosto è il fatto che Israele è un paese moderno, dinamico e di successo, parte a tutti gli effetti del mondo sviluppato.

Si tratta di un tasso di fecondità che è cresciuto da 2,5 a 3 nella passata generazione, mentre nel resto del mondo è collassato.  Le donne israeliane non solo hanno tre o quattro volte il numero di figli delle sudcoreane che non sono più ricche, né più istruite o urbanizzate, ma hanno anche più del doppio dei figli di donne che abitano in paesi molto meno sviluppati come Tailandia e Giamaica. Mentre il regime islamico iraniano e i suoi sgherri in occidente gridano “morte agli ebrei”, Israele risponde con l’amore per la vita.
 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.