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il colloquio

“Per l'occidente, liberiamo Sansal”. Intervista a Robert Redeker

Giulio Meotti

“Dov’è la sinistra che si batteva per i poeti uccisi da Pinochet? Innocente, ‘islamofobo’, amico della nostra civiltà, Sansal è il capro espiatorio perfetto”. Parla il filosofo e saggista francese

“Penso che si possa parlare di una sconfitta globale, o quantomeno, di un profondo esaurimento del pensiero e dei sistemi politici illuministi che hanno strutturato il mondo negli ultimi secoli”. Dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, così Boualem Sansal parlava a Robert Redeker sulla rivista Marianne. Sansal da quattro mesi si trova in un carcere algerino e tocca a Redeker difenderlo. “Che Boualem Sansal venga dichiarato non colpevole dei fatti immaginari di cui è accusato, ogni altra decisione sarebbe un’ingiustizia”. Questo è il verdetto che Redeker, filosofo e saggista, si augura arrivi dal tribunale di Algeri, che oggi emette la sentenza sullo scrittore di “2084” per il quale il procuratore algerino ha chiesto dieci anni. “Questo processo è la copia carbone di quelli celebrati contro gli intellettuali nell’ex Unione sovietica” dice al Foglio Redeker, che ha scritto un contributo al libro collettivo “Pour Boualem Sansal”. “Il governo algerino, per mantenere la popolazione in uno stato di torpore, ha bisogno di creare capri espiatori. Innocente, islamofobo, amico della civiltà francese, Sansal è un capro espiatorio perfetto”. Il mondo della cultura latita, poche le voci che si sono spese davvero.

“Sansal non è molto sostenuto dal mondo culturale francese perché ha la reputazione di non essere di sinistra. La sinistra organizzò grandi raduni, mobilitò filosofi e artisti, cantanti di talento come Bernard Lavilliers e Jean Ferrat, per sostenere (giustamente) Neruda e Jara. Mi sarebbe piaciuto che Lavilliers, che ha difeso con tanto talento Jara, facesse lo stesso per Sansal. Ma sta attento a non farlo. Forse la sua posizione filo-palestinese ha qualcosa a che fare con questo pietoso silenzio?”. Redeker ricorda il poeta e cantautore Victor Jara, assassinato il 16 settembre 1973, pochi giorni dopo il golpe del generale Pinochet. “La sinistra si levò contro questo regime sanguinario che ha assassinato, torturato e imprigionato i pensatori, gli scrittori e i musicisti che gli resistevano”.

 

Prosegue Redeker: “Al minimo evento culturale, concerto, festival teatrale o fiera del libro, la sinistra manifestò il suo attaccamento al diritto universale di pensare, scrivere e creare senza essere minacciati dai poteri politici. Dov’è finita? Oppure era già ipocrita? Queste domande sorgono al momento della prigionia di Boualem Sansal”. La questione del caso Sansal è una questione di civiltà. “Libertà di pensare e scrivere che non esiste al di fuori della civiltà del liberalismo occidentale che deriva dal cristianesimo e nonostante gli ostacoli che sono stati posti nel corso della storia su questa libertà da parte delle autorità cristiane stesse, sono il nostro bene più prezioso.  Questa libertà è il figlio più bello della ‘cura dell’anima’, che fu scoperta da Platone e dall’ebraismo, e dal filosofo dissidente ceco Jan Patočka, perseguitato anche lui dalle autorità, morto nella primavera 1977 dopo un interrogatorio della polizia particolarmente intenso. Abbandonare Sansal ai suoi persecutori significa tradire l’essenza spirituale dell’Europa e la sua triplice origine: Atene, Gerusalemme e Roma – è tradire noi stessi”. 

 

Anche l’Europa ha fischiettato un po’, a parte la risoluzione al Parlamento europeo. “L’Europa dorme di fronte ai pericoli che la minacciano. Con l’imprigionamento di Sansal ha l’opportunità di dimostrare di essere degna di Voltaire, di essere capace di esigere da uno stato non europeo la liberazione di un cittadino preso in ostaggio (Sansal ha la nazionalità francese). Emmanuel Macron non riesce a battere il pugno sul tavolo davanti al presidente algerino per imporre l’immediato rimpatrio del cittadino francese Sansal, tenuto in ostaggio”. Questo caso è decisivo, cartina di tornasole dei rapporti fra occidente e islam. “E perché mette in luce lo stato di decomposizione della morale politica del governo francese, perché mostra che il ‘re è nudo’, in altre parole perché ci mette di fronte al vuoto politico e intellettuale. La codardia del mondo culturale e artistico rivela un vuoto che suscita sgomento. Questa inazione e questa codardia ci costringono a vedere qualcosa che, come la morte e il sole, non può essere guardato dritto in faccia: il vuoto del potere e dell’intellighenzia”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.