Foto ANSA

Tra minacce e sberleffi

Il "pizzo" di Trump e tutte le intimidazioni a Kyiv

Vittorio Emanuele Parsi

La diplomazia della Casa Bianca somiglia sempre più al Padrino. In cento giorni scarsi a Washington non si sono fatti mancare niente del campionario camorristico-mafioso. Compresi gli aspetti più grotteschi, a metà tra John Landis o a Mel Brooks

La sensazione è che l’editoriale del New York Times che commentava l’agguato dello Studio ovale al presidente Zelensky non avesse per nulla esagerato i toni, quando concludeva: “Una banda di gangster ha occupato la Casa Bianca”. Il comportamento di questa Amministrazione suggerisce che, sempre di più, vale per Trump e i suoi accoliti quello che veniva osservato per Putin e i suoi gregari. Per decrittarne le mosse e i moventi è assai più utile la lettura del “Padrino” che non quella dei manuali di Scienza politica o Diritto costituzionale. Ed evidentemente non è una buona notizia. Se proviamo a mettere in fila un po’ di eventi, possiamo dire che, in cento giorni scarsi, a Washington non si sono fatti mancare niente del campionario camorristico-mafioso, compresi gli aspetti più grotteschi, alla John Landis o alla Mel Brooks. 

 

                

                  

L’aggressione e l’agguato lo abbiamo visto in occasione della visita del presidente ucraino alla Casa Bianca, con “l’uomo di mano”, J.D. Vance nella parte del guappo provocatore. Lo stesso fine intellettuale e noto conoscitore delle istituzioni democratiche (sue e nostre) che alla Conferenza di Monaco si era permesso di spiegarci in che cosa consistessero la democrazia e la libertà…  

Nelle settimane successive abbiamo avuto le minacce seguite dal blocco degli aiuti militari (peraltro già approvati dal Congresso) quando stavano per essere consegnati agli ucraini unito allo stop alla condivisione delle informazioni di intelligence, cruciali per consentire a Kyiv di difendersi dalle incursioni aeree omicide russe. Ma l’intimidazione è stata esercitata anche nei confronti della Groenlandia, con uno stile tipicamente mafioso, ovvero spiegato con la necessità di poter meglio proteggere la sicurezza di quel paese. La classica argomentazione del racket: “Vedi che devi accettare la mia protezione, perché solo così potrai essere sicuro”, il tutto condito dall’affermazione stentorea che “in un modo o nell’altro” gli Stati Uniti otterranno la Groenlandia.

La minaccia, l’intimidazione e lo sberleffo per chi crede e si affida al rispetto delle leggi (in questo caso internazionali) sono state applicate anche nei confronti degli alleati europei a più riprese. Nella “chat delle mamme” in cui il segretario alla Difesa, il consigliere per la Sicurezza nazionale e il vicepresidente si scambiavano commenti preadolescenziali sulle questioni della sicurezza di navigazione nell’Oceano indiano farciti di insulti all’Europa (ancora) con un giornalista incluso per errore tra i partecipanti. E questo è l’aspetto che sarebbe piaciuto a John Landis o a Mel Brooks, inutile a dirsi. Ma la scena dei “maschi alfa di cartone” che si scambiano battute cretine sugli altri, sugli “scrocconi europei”, l’avrei vista bene anche in “Animal House”.

Ovviamente non nella confraternita di John Belushi, ma in quella rivale dei superpatriottici e invasati, vittime della propria imbecillità prima ancora che degli scherzi del rimpianto Belushi. Ma non c’è racket che si rispetti senza estorsione. Ancora una volta, per ora, è stata l’Ucraina a esserne il primo oggetto, costretta a subire finti negoziati di pace in cui i capi di due “famiglie” si spartiscono i suoi beni. Come definire diversamente quello che è in corso in Arabia Saudita, dove la mediazione di Trump consiste nell’adottare la narrazione di Putin per forzare gli ucraini a una sostanziale resa senza condizioni, dove i vantaggi per l’aggressore sono evidenti e ravvicinati mente quelli per l’aggredito fumosi e procrastinati nel tempo? Il “pizzo”, ovviamente, si applica anche nei confronti degli europei che, stando alle parole del delfino di Trump, del piccolo boss in ascesa, dovranno pagare per i servizi resi dagli americani. Già, perché gli houthi minacciano la libertà di navigazione all’ingresso del Mar Rosso, peccato che lo facciano anche per contestare le politiche americane nel medio oriente…

Infine, non mancano le manifestazioni di rispetto per chi usa la massima violenza per ottenere ciò che pretende anche contro ogni legge e principio di giustizia e la totale mancanza di empatia per chi da quella violenza è fatto oggetto: il culto dell’uomo forte (cioè violento e prepotente) è lo spettacolo più raccapricciante a cui dobbiamo assistere. Dalle pianure europee al Levante, dal Bosforo al Mar Rosso.

La cosa grottesca, ma non per questo meno tragica, è che il tizio che siede alla Casa Bianca e che si crede il “boss dei boss” è riuscito a farsi fregare dal suo nuovo amico (o consolidato? “Segui i soldi” diceva Falcone, uno che di mafia se ne intendeva, e i rapporti di affari tra Donald Trump e banche russe risalgono molto indietro nel tempo, a quando il palazzinaro di Manhattan era sull’orlo della bancarotta e molto tempestivi finanziamenti russi lo salvarono). Già. Perché è inverosimile che Trump non si accorga che Putin lo sta fregando. Peccato che lui non possa dirlo, perché significherebbe riconoscere che la strategia di cui tanto si vanta è stata fallimentare
 

Di più su questi argomenti: