(foto EPA)

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L'Ue non cede e a revocare le sanzioni alla Russia non ci sta

Far passare le richieste per concessioni. L'arte russa del negoziato

Micol Flammini

Gli obiettivi di Putin con l’accordo sul Mar Nero sono due: uno è economico, l’altro diplomatico

Secondo Janis Kluge, economista esperto di Russia e membro dell’istituto Swp di Berlino, l’arte russa dell’accordo segue uno schema preciso e ripetitivo: presentare  richieste come fossero delle concessioni  e poi pretendere l’eliminazione delle sanzioni. Dopo l’incontro a Riad tra americani e russi, le delegazioni non sono riuscite a presentare un comunicato congiunto. Ognuno ha pubblicato una nota e quella russa, presentata martedì a fine giornata, appariva più dettagliata di quella americana soprattutto nel soffermarsi sui particolari  delle sanzioni che Mosca vuole  vengano rimosse prima che il cessate il fuoco nel Mar Nero entri in vigore. A Riad, la delegazione russa composta da due negoziatori esperti ha puntato molto in alto  chiedendo  che all’Ucraina venga impedito di attaccare le navi da guerra russe, che la Russia possa ispezionare le navi ucraine e che vengano rimosse le sanzioni.  La richiesta che il Cremlino espone nel suo comunicato è che le principali banche russe coinvolte nel commercio di prodotti agricoli e fertilizzanti vengano ricollegate alla rete di pagamento Swift, da cui sono state escluse dopo l’inizio dell’invasione del 24 febbraio del 2022. Gli Stati Uniti in questa decisione c’entrano poco, è soprattutto l’Europa su cui Vladimir Putin vuole che venga fatta pressione. Nella nota russa si fa riferimento alla Rosselkhozbank, una banca statale che si occupa di industria agroalimentare, e si accenna ad altri istituti. Secondo il diritto internazionale, le sanzioni non possono colpire direttamente le esportazioni del grano, quindi l’Ue ha trovato il modo di colpire Mosca attraverso il circuito bancario. Il Cremlino si è sempre lamentato di questa decisione e ha  cercato di fare pressione affinché le restrizioni venissero rimosse. Finora il commercio russo del grano e dei fertilizzanti ha risentito meno di altri campi economici, l’obiettivo che Putin persegue con la sua richiesta non guarda tanto al settore agricolo, ma punta a indagare fino a dove è pronto a spingersi Donald Trump nei suoi favori alla Russia. L’economista Edward Fishman, che per anni si è occupato di sanzioni negli Stati Uniti, ha detto al Wall Street Journal che il fine di Putin è quello di convincere il presidente americano a revocare le restrizioni alle compagnie energetiche per “consentire al Cremlino di attingere alla valuta forte di cui ha disperatamente bisogno”. Fishman però è scettico: “Sembra esserci una distanza tra Mosca e Washington. La dichiarazione russa va molto oltre l’alleggerimento delle sanzioni rispetto alle dichiarazioni degli Stati Uniti”. 

 

Già la scorsa settimana, dopo la chiamata fra Trump e Putin, la Casa Bianca e il Cremlino avevano pubblicato due resoconti della conversazione: quello americano era piuttosto sintetico, quello russo era invece pieno di dettagli. E’ successo lo stesso con le note diffuse dopo l’incontro a Riad. E in entrambi i casi non c’è stata nessuna smentita da parte degli Stati Uniti.  Trump martedì si è limitato a dire che Mosca “vuole finire la guerra ma è possibile che intenda tirarla per le lunghe”, e lui sa bene come funzionano certi negoziati. 
La Russia ha detto che la tregua nel Mar Nero avrà inizio soltanto quando le sanzioni saranno ritirate e  non  è  una decisione che può prendere Washington: serve consultare gli europei. La Commissione ha risposto in modo molto diretto che  le restrizioni non cadranno fino a quando l’esercito russo non avrà  ritirato in modo incondizionato le sue truppe.  Peskov ha accusato l’Europa di aver ridotto il commercio del grano mondiale con le sue sanzioni, ma le affermazioni del portavoce del Cremlino contrastano con un report della testata russa Rbc che lo scorso anno vantava un incremento dell’export di Mosca. 

 

Il Mar Nero si è rivelato un test negoziale dall’inizio della guerra. Sul Mar Nero era l’unica intesa conclusa tra Russia e Ucraina per far ripartire la navigazione, poi  stracciata per volontà del Cremlino. E con il Mar Nero  Putin sta provando a mostrarsi pronto a negoziare, facendo finta di non chiedere nulla di importante, ma di fatto pretendendo di assicurarsi l’inserimento delle sue banche nei circuiti internazionali chiedendo agli Stati Uniti di  impegnarsi a favorire il ritorno di Mosca nel commercio globale dei cereali, con una  decisione che non deve essere presa a Washington, ma a Bruxelles. L’arte russa dell’accordo prevede la costruzione di negoziati il cui fallimento va sempre imputato a qualcun altro –  questa volta agli europei che non vogliono eliminare le restrizioni fino a quando i soldati russi attaccano l’Ucraina – e mai alla Russia che avanza pretese inaccettabili per farsi dire di “no”. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)