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Quale difesa europea?

Se l'Europa non si interessa alla sua sicurezza, se ne occuperanno Washington, Mosca e Pechino

Andrea Gilli

Nove possibili opzioni militari dell’Ue in Ucraina e la possibilità che la Cina metta un piede in territorio europeo, con il rischio che studino i sistemi militari occidentali, per poi neutralizzarli. La pace può esistere, ma va mantenuta. A questo servono le forze militari

Mentre Stati Uniti e Russia si incontrano a Riad, in Europa si studiano le mosse sul dossier ucraino. All’iniziale idea di dispiegare un contingente di peace-enforcement, e dopo di non-combat support, è poi seguita la proposta di una no-fly zone, mentre si prende atto dell’apparente disponibilità della Cina di contribuire ad una missione internazionale.

Partiamo dai fatti. La pace è un’invenzione recente visto che gli esseri umani si sono combattuti per gran parte della loro esistenza. La pace può esistere: ma va mantenuta. A questo servono le forze militari. Non sappiamo cosa verrà fuori dal negoziato tra Stati Uniti e Russia, ma ci sono buone probabilità che un accordo non venga raggiungo, o comunque rispettato.

 

            

 

Il rischio, per l’Europa, è che il costo della pace finisca direttamente sugli ucraini, prima, e sugli europei dopo. Di quale costo stiamo parlando? Per l’Ucraina il costo è rappresentato dalla mutilazione territoriale e l’impossibilità di tornare ad una vita pre-guerra per tutto il paese, con la reale possibilità che le istituzioni statali, prima o poi, crollino – a vantaggio ovviamente di Mosca. 

Per i paesi europei, il costo è invece rappresentato dalla bellicosità russa. La sua economia è stata oramai riconvertita alla guerra. Lo stesso Putin avverte gli imprenditori che la pace non arriverà presto. I paesi europei si troverebbero dunque a dover confrontare Mosca ringalluzzita da una mezza vittoria politica e soprattutto da un più incerto sostegno americano all’Europa.

Cosa fare, dunque? In un rapporto per l’Institute for European Policy-Making dell’Università Bocconi, ho analizzato (insieme a Mauro Gilli e Niccolò Petrelli) nove possibili opzioni militari per un intervento europeo in Ucraina: si va dall’uso di forze speciali ad una no-fly zone, da non-combat support al peace-enforcement. Successivamente, abbiamo valutato queste opzioni attraverso una serie di parametri tra cui il costo, i tempi, i rischi di escalation o provocazioni russe – oltre all’effettiva fattibilità del tipo di intervento alla luce delle capacità militari europee. Il quadro è abbastanza drammatico. 

Quasi tutti i tipi di intervento non sono fattibili militarmente o politicamente. Militarmente, i paesi europei non hanno le capacità, o le quantità, necessarie. Politicamente, molte opzioni implicano rischi di escalation o di provocazioni russe che i paesi europei non sarebbero realisticamente disposti a tollerare. Il nostro suggerimento è di preparare una missione di peace-enforcement, possibilmente includendo paesi non-europei e avallata almeno dal tentativo di ottenere una risoluzione dell’Onu, e parallelamente una missione di non-combat security assistance e support che sostegna gli sforzi militari ucraini. La seconda missione servirebbe come deterrente contro la Russia. L’implicazione principale del nostro studio riguarda l’Europa: le sue capacità militari sono così ridotte dal lasciare poco spazio per opzioni strategiche

Mentre il nostro rapporto veniva pubblicato, la Cina si rendeva disponibile a partecipare ad una missione in Ucraina. Ciò obbliga ad una riflessione: conviene all’Europa? A mio modo di vedere, ci sono dei rischi, notevoli. Il primo, più evidente, riguarda l’intelligence: le truppe cinesi in Ucraina più che preoccuparsi della pace si potrebbero preoccupare di studiare i sistemi militari occidentali, per imparare a neutralizzarli. Nel caso migliore, ciò servirebbe per indebolire il loro appeal sui mercati globali. Nel caso peggiore, ciò servirebbe proprio per indebolire l’Europa.

Il secondo rischio, più speculativo ma non meno preoccupante, riguarda la cessione di parte della sicurezza europea alla Cina. In altre parole, soprattutto di fronte alla ritrosia europea a dispiegare le proprie forze in Ucraina, il rischio è che la Cina possa avere così accesso un possibile rubinetto da aprire o chiudere a piacimento per alzare o raffreddare la temperatura della sicurezza europea. Le sorti dell’Europa non solo verrebbero sempre più decise da Washington e Mosca, ma anche da Pechino. Possiamo non essere interessati alla guerra, ma la guerra sarà interessata a noi – dice una citazione apocrifa a Lev Trotskii. Se l’Europa non si interessa alla sua sicurezza, se ne occuperanno gli altri.

 

Andrea Gilli 
docente di Studi strategici all’Università di St Andrews e ricercatore associato all’Institute for European Policy-Making dell’Università Bocconi

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