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Le due europe
C'è un'Europa che decide e una che tende a rinviare. Ma la colpa non è di Bruxelles
Dalla difesa alla sicurezza, passando per immigrazione, tassazione e regolamentazione dei mercati finanziari. Se su molte questioni fondamentali per il nostro futuro l’Unione europea non esiste, perché c'è chi rifiuta di farla esistere
Di fronte all’attivismo di Trump, che ogni giorno annuncia nuove misure, magari ritirandole o sospendendole subito dopo, non può non sorprendere l’apatia europea. L’Europa sembra assente dal nuovo scenario geopolitico. Non riesce a decidere. Ci si può chiedere allora, legittimamente, se l’Europa non decide, a cosa serve? In realtà, ci sono due Europe ben diverse tra di loro. Una che decide e una che invece stenta a decidere, e tende a rinviare.
Non bisogna confondere le due, altrimenti si commette un grave errore di valutazione. Cominciamo dall’Europa che decide. Si tratta dell’Unione europea e delle sue istituzioni che ogni giorno prendono misure rilevanti per la vita dei cittadini europei. La Banca centrale europea, ad esempio, decide sul tasso d’interesse che guida la politica monetaria unica dell’area euro per contrastare l’inflazione. Tre settimane fa il tasso è stato abbassato al 2,5 per cento. La Bce adotta inoltre misure che riguardano il rifinanziamento al sistema bancario europeo, la struttura del sistema dei pagamenti o la dimensione del proprio bilancio. Decreta in tema di vigilanza sul sistema bancario europeo, ad esempio sull’adeguatezza del capitale, e concede autorizzazioni per operazioni di fusioni e acquisizioni.
La Commissione europea, dal canto suo, decide sulle questioni di concorrenza e di protezione del consumatore, avviando anche procedure di infrazione. Promuove azioni commerciali, di apertura di nuovi mercati o restrizioni, incluse tariffe e ritorsioni a paesi terzi. Il Consiglio dei ministri europei agisce su proposta della Commissione su tutta una serie di tematiche. In sintesi, c’è una Europa – che possiamo definire federale – che decide sulle materie di sua competenza.
C’è poi una seconda Europa – che possiamo definire confederale – nella quale è difficile decidere e perciò spesso rimanda. In questa Europa i capi di governo dei 27 stati si riuniscono per discutere di questioni che sono principalmente di loro competenza, e non di competenza europea. Come la difesa, la sicurezza, l’immigrazione, la tassazione, la regolamentazione dei mercati finanziari. Sono materie sulle quali si decide insieme solo se tutti sono d’accordo. Il che è molto difficile perché ciascun paese può mettere un veto.
Questa è l’Europa che crea frustrazioni, perché non decide o è assente. Ma la responsabilità dell’immobilismo non è dell’Europa stessa, ma degli stati che la compongono. La colpa risiede nella natura confederale di questa seconda Europa.
In realtà, ci si può chiedere perché questa Europa esista del tutto. Perché gli stati membri discutono in ambito europeo di materie che in realtà spettano a loro stessi? Il motivo è semplice. Anche se sono materie di competenza nazionale, le decisioni dei singoli paesi sono spesso irrilevanti, o addirittura controproducenti, se prese senza alcun coordinamento con gli altri stati. L’esempio più evidente è quello dell’appalto per i vaccini durante la pandemia. Se ciascuno fosse andato per conto proprio, senza coordinarsi con gli altri e organizzare un acquisto unificato, ci sarebbe stata una rincorsa al rialzo dei prezzi che avrebbe danneggiato tutti.
Vista la necessità del coordinamento, perché gli stati membri non trasferiscono queste competenze all’Unione europea, accettando di decidere insieme, a maggioranza e non più all’unanimità, visto che ciascuno stato, da solo, conta poco o nulla?
Qui risiede la principale contraddizione che vive da sempre l’Europa. Nonostante l’irrilevanza delle decisioni prese singolarmente da ciascun paese, prevale la paura di perdere sovranità, o piuttosto di riconoscere apertamente di non avere più sovranità. L’esempio classico è la contrarietà all’adozione dell’euro che ha prevalso a lungo presso molti banchieri centrali e ministri delle Finanze che non volevano riconoscere il fatto di non avere più alcun controllo sulle rispettive monete nazionali. E’ la stessa contraddizione che spiega oggi l’avversione nei confronti di un mercato finanziario europeo integrato con un sistema di vigilanza unico. Una avversione che continua a prevalere nonostante la graduale scomparsa dei mercati finanziari nazionali, a fronte di un numero crescente di aziende europee che vanno a quotarsi a Wall Street.
Questa è l’Europa che non funziona e che non esiste, l’Europa confederale nella quale gli stati membri pensano ancora di essere singolarmente sovrani nella nuova concorrenza globale con gli Stati Uniti o la Cina. Se su molte questioni fondamentali per il nostro futuro l’Europa non esiste, la colpa non è dell’Europa ma di chi rifiuta di farla esistere.