Foto Getty

L'editoriale dell'elefantino

Pankaj Mishra mostrifica Israele, ma alla fine sta dalla parte dei “bianchi”

Giuliano Ferrara

Con raffinato antioccidentalismo, lo scrittore e ideologo di grido parla di pulizia etnica dopo il genocidio dei palestinesi della Striscia. Ma la sua sapiente retorica è un puro prodotto della cultura occidentale 

C’è un saggio di Pankaj Mishra, pubblicato da Guanda, che ha per titolo “Il mondo dopo Gaza”. Mishra è uno scrittore, romanziere, storico, critico e ideologo di valore e di grido (abbiamo pubblicato in passato alcune cose sue di rilievo). La sua produzione, prolifica, è su tutte le testate nobili del giornalismo e della cultura dell’occidente. Indiano di buona famiglia bramina, occhi neri, non bianco, è un epigono dell’autore di “Orientalismo”, Edward Said, intellettuale cristiano palestinese che dagli anni Settanta ha scorticato la cultura occidentale, imputandole una visione discriminatoria e suprematista di tutto ciò che è oriente, con risultati esplosivi tra i quali la dilagante, fortissima accademia di studi postcoloniali e la critical race theory che sono il nucleo duro dell’ideologia woke (sta’ attento alle ingiustizie, censura e cancella ciò che è storicamente discriminatorio, promuovi lingua e diritti di minoranza per ogni dove, fino ai noti eccessi compulsivi oggi in parziale ritirata per buone e cattive ragioni).

La tesi del libro di Mishra è che la guerra di Gaza finirà con la vittoria sul campo di Israele e della vasta alleanza occidentale che lo sostiene, con effetti di pulizia etnica dopo il genocidio dei palestinesi della Striscia, ma da questa guerra esce distrutto il mito politico strumentale della Shoah, lo sterminio degli ebrei d’Europa come base per l’affermazione del sionismo e dello stato-nazione ebraico, che la coscienza collettiva di una intera nuova generazione non è più disposta a riconoscere quando, a parti rovesciate, da vittima Israele, l’avamposto mondiale ebraico, si fa carnefice. Mishra scrive e ragiona da moralista, le sue incursioni nella storia d’Europa e d’America sono pregne di una passionaccia militante che si nutre di conoscenza vera, di curiosità autentica, di una certa libertà critica, eppure il risultato è la mostrificazione di Israele e una specie di normalizzazione angelicata di Hamas, sullo sfondo di un mondo in cui un inverosimile occidente ha la colpa di essere il male assoluto del dominio e dell’oppressione sugli altri, mentre l’oriente post coloniale è un concentrato di virtù che sta penetrando con il suo pungolo nelle migliori coscienze del paese del diavolo. Mishra sa muoversi con un certo agio di superficie, anche molto brillante in certe pagine, nella storia ebraica, nella comunità dell’intelligenza occidentale, nelle sinuose strade del risveglio asiatico, africano, arabo, ma non sa rispondere se non con l’evasiva virtuosità del moralismo a domande storiche e politiche decisive.

Bisogna liberare la Palestina dagli ebrei o Gaza e la Cisgiordania da Hamas? Israele è figlio dell’etno-nazionalismo di Herzl e Nordau o di un ritorno alle origini, sancito dalla comunità internazionale, di un popolo perseguitato e sterminato nei secoli, fino alla Shoah? Il nucleo politico di ciò che si chiama occidente è nel nesso tra sterminio e dominazione o nel legame tra capitalismo e democrazia politica? Il diritto di autodifesa di una nazione, stato e popolo, è un mascheramento genocidario o un predicato necessario della sua esistenza in vita? In molti casi, e questo è uno di quei casi, la semplicità della politica, che alla fine nella storia perde spesso le ragioni dell’umanità e dell’umanitarismo, salva la morale dal suo irrazionalismo sentimentale e dal suo sottosuolo di ipocrisia. Mishra con la sua sapiente retorica antioccidentale, con il suo bagaglio di conoscenza e talento, è un puro prodotto della cultura occidentale, e nella “linea del colore”, quella che secondo W.E.B. Du Bois, il grande emancipazionista nero americano, premio Lenin nell’Unione sovietica post stalinista, è il vero spartiacque dell’autentica civiltà, Mishra sta dalla parte dei bianchi, gli unici che possono allearsi ai coloured, oltre la linea, e battere i suprematisti e i wokisti di ogni specie moralistica e fanatica.          

 

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.