Norvegia, Pyramiden: un mosaico nell'ex mensa dell'insediamento minerario sovietico abbandonato (Sebastian Kahnert/Getty Images) 

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Marco Arvati

La sfida russa alle Svalbard cambia gli equilibri. Bandiere sovietiche e accuse alla Norvegia: Mosca alza la pressione, l’opposizione norvegese rilancia l’adesione all’Unione europea

Bruxelles. I carri armati che saranno prodotti con i fondi della coesione dell’Unione europea, grazie alla flessibilità annunciata da Ursula von der Leyen con il suo piano di riarmo, dovranno essere elettrici e zero emissioni? Nel momento in cui la Commissione si prepara a presentare le sue proposte per la revisione di metà mandato della politica di coesione, questo è uno degli interrogativi che circola tra i governi pronti a usare la possibilità promessa da von der Leyen di dirottare i soldi dell’Ue dalle regioni più arretrate verso l’industria della difesa. La domanda potrebbe apparire assurda, ma solo fino a un certo punto. Le regole attuali della politica di coesione, introdotte nel 2021 e in vigore fino al 2027, prevedono una componente ambientale e climatica nei programmi e progetti che vengono finanziati dall’Ue. La scelta fatta all’epoca era stata di allineare i principali fondi dell’Ue al Green deal. Quattro anni dopo l’urgenza è cambiata. Di fronte alla guerra della Russia e al disimpegno degli Stati Uniti, von der Leyen ha proposto un piano di riarmo da 800 miliardi di euro basata sul debito nazionale. La Commissione è pronta a fare la sua parte offrendo la possibilità agli stati membri di spostare i fondi della coesione verso l’industria della difesa o la mobilità militare. Ma, agli occhi dei governi interessati, le condizionalità ambientali e climatiche rischiano di essere un ostacolo.

   

Raffaele Fitto, il vicepresidente per la Coesione, oggi dovrebbe proporre una modifica delle regole attuali. L’occasione è la revisione di metà periodo 2021-27. L’esercizio è politicamente delicato, e non solo per le polemiche sul piano di riarmo. I fondi della coesione sono in gran parte destinati alle regioni più arretrate. Sono una manna da 392 miliardi di euro di sovvenzioni in sette anni (circa un terzo del bilancio dell’Ue). Dirottare il denaro verso altri obiettivi rischia di innescare rivolte politiche interne agli stati membri tra autorità locali e governi centrali. Le proposte di Fitto sono già state ritardate di una settimana per trovare l’equilibrio politico e tecnico giusto. La revisione è resa ancora più urgente dai ritardi accumulati nella programmazione e nella spesa dei fondi. Secondo la Commissione, soltanto il 6 per cento delle risorse della coesione è stato effettivamente speso e poco più del 30 per cento è stato programmato per il periodo di sette anni. Il ritardo è in gran parte dovuto alla scelta della Commissione e dei governi di spendere prioritariamente le risorse dei Pnrr la cui scadenza è fissata all’agosto del 2026. L’obiettivo della revisione è di accelerare sulla coesione con un aumento del prefinanziamento europeo, una riduzione della quota di cofinanziamento nazionale e uno snellimento delle procedure.

 
 Durante i suoi due mandati, Ursula von der Leyen ha fatto sempre più ricorso ai fondi della coesione per mettere una toppa alle crisi del momento. E’ accaduto con la pandemia di Covid nel 2020 e con l’aumento dei prezzi dell’energia nel 2022. Accade regolarmente quando una catastrofe naturale colpisce uno stato membro. Ogni volta viene offerta la possibilità ai governi di dirottare una parte dei soldi della coesione. Gli annunci sui miliardi messi a disposizione dalla Commissione consentono a von der Leyen di fare le prime pagine locali, come nel settembre del 2024 quando ha promesso fino a 10 miliardi di euro per i paesi dell’Europa centrale e orientale colpiti dalle alluvioni. Poi regole e procedure rendono tutto più difficile. L’Austria ha fatto notare che ha già impegnato quasi tutti i fondi della coesione. La Polonia ha scoperto che le condizionalità climatiche sono un impedimento per i progetti volti a ricostruire rapidamente zone devastate. Il governo di Varsavia – come altri interessati a dirottare i fondi della coesione verso l’industria della difesa – ora è preoccupato che lo stesso accada gli investimenti nella produzione di carri armati e munizioni finanziati con i fondi della coesione. Il 30 per cento del Fondo europeo per lo sviluppo regionale e il 37 per cento del Fondo di coesione devono essere destinati a obiettivi climatici, attraverso un complesso meccanismo di calcolo dei contributi dei singoli progetti. Il Fondo per la transizione giusta è al 100 per cento dedicato alle politiche ambientali e climatiche. Il premier polacco, Donald Tusk, spesso cita l’esempio delle piste ciclabili costruite con i fondi dell’Ue nella regione al confine con la Bielorussia, dove non ci sono più turisti a causa delle tensioni geopolitiche, ma servirebbero soldi europei per costruire il suo scudo orientale contro un’invasione della Russia.

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