
il racconto
Il regime militare in Myanmar è ben protetto
La passerella diplomatica dei generali a Bangkok, mentre nel paese il terremoto e i bombardamenti hanno distrutto ogni speranza. "Manca tutto. Ma sai cosa manca di più? I sacchi per i cadaveri”
“Casa mia è distrutta. Fortunatamente la famiglia sta bene. Sì, a Naypyitaw sono crollati anche i palazzi dei militari. Speriamo che gli aiuti arrivino presto”. A raccontare la sua storia al Foglio non è uno dei tanti profughi bimani in Thailandia (del resto vive nella capitale-bunker del paese). Con nostra grande sorpresa si presenta come il responsabile della sicurezza del generale Min Aung Hlaing. Lo incontriamo nella lobby dello Shangri-La hotel di Bangkok dove si sta svolgendo il summit del Bimstec (Bay of Bengal initiative for Multi-Sectoral Technical and Economic Cooperation). Sono presenti Thailandia, India, Bangladesh, Nepal, Sri Lanka e Bhutan e, appunto, Myanmar.
Per uno scherzo del destino fu proprio qui, allo Shangri La Hotel, che nel maggio 2012 Aung San Suu Kyi fece la sua prima apparizione in occasione del World Economic Forum on East Asia. “Abbiamo fatto il pienone. E’ per il livello dei relatori o la presenza della Lady?”, aveva detto l’allora segretario dell'Asean Surin Pitsuwan all’apertura di un dibattito indicando una raggiante Aung San Suu Kyi, seduta al centro della prima fila.
Il 3 e il 4 aprile 2025, invece, l’ospite su cui era concentrata l’attenzione era il generale Min Aung Hlaing, che ha rubato la scena a tutti gli altri leader, compreso lo stesso presidente indiano Modi, con cui si è fatto fotografare in cordiale colloquio. A pochi giorni dal terremoto che ha colpito la Birmania provocando un numero di morti indefinito (ufficialmente la cifra è di circa 4000), tutte le organizzazioni della società civile thailandese hanno protestato per la presenza del leader di un governo bandito dai summit dell’Asean, l’associazione dei paesi del sud-est asiatico. Proprio per questo il generale ha fatto di tutto per esserci presente: era l’occasione per uscire dall’isolamento, incontrare i leader dei paesi affacciati sul Golfo del Bengala, dove la Birmania si colloca in una posizione tanto strategica da essere definita “L’occhio del Buddha”.
E' soprattutto in questa prospettiva strategica che il generale ha dichiarato di aderire al cessate il fuoco già messo in atto dalle milizie etniche che stanno conquistando la maggior parte del territorio birmano. Cessate il fuoco che Tatmadaw, le forze armate, hanno già violato e continuano a violare, ma il cui semplice annuncio permette a Min Aung Hlaing di essere apprezzato per i “recenti impegni per cessate il fuoco temporanei e parziali”. Intanto, come scrivono dalla zona del disastro: “Gli scontri sono continuati dalla notte scorsa e fino a questa mattina. Il consiglio militare ha lanciato un’offensiva per mettere in sicurezza il trasporto del rame della Wanbao Company (una compagnia mineraria cinese, ndr). Il Consiglio aveva annunciato un cessate il fuoco proprio ieri, ma ha continuato a condurre operazioni durante la notte”. Per il generale quello che conta è l’apparenza. Tanto che, prima di partire per Bangkok, ha annunciato che i preparativi per il Thingyan, le feste per il nuovo anno (secondo il calendario lunisolare birmano) procedono normalmente.
“Non hanno rispetto di niente. Per loro non ha importanza niente. Sono disposti a qualunque cosa per mantenere il potere”, commenta Nilar, una giovane esula birmana incontrata al Foreign Correspondent Club di Bangkok la sera prima del Summit in occasione di un’improvvisata conferenza di protesta per la presenza in città del generale Hlaing. Porta una mascherina: non vuole essere fotografata dai poliziotti che affollano la sala, ben più numerosi degli attivisti thai. “Lui, il generale, ed io viviamo in mondi diversi. Lui vive in un universo parallelo”, dice Nilar, “quelli come lui pensano di tornare indietro nel tempo, al tempo dei re, della monarchia assoluta”.
E mentre Min Aung Hlaing si gode questi momenti di miserabile gloria a Bangkok, nel suo paese la gente continua a morire. “Manca tutto”, dice al Foglio un uomo vicino alla resistenza. “Ma sai cosa manca di più? I sacchi per i cadaveri”.

l'editoriale dell'elefantino