
(LaPresse)
“Ipocriti su Gaza”: i capi della protesta contro Hamas denunciano la falsa narrazione occidentale
"Alcuni in occidente saranno senza dubbio confusi nel vedere palestinesi scendere in piazza a Gaza e chiamare Hamas 'terrorista', dopo diciotto mesi in cui molti manifestanti nelle città occidentali hanno sostenuto non solo i palestinesi, ma anche Hamas" dice un ex prigioniero politico
Dopo che Odai al Rubai, un giovane palestinese che si è unito alle proteste a Gaza per chiedere la fine di diciotto anni di regime di Hamas, è stato torturato e assassinato, i manifestanti di “Free Palestine” alla Columbia, alla London School of Economics e nelle piazze italiane per la pace non si sono riuniti per un momento di silenzio. La miseria palestinese ha importanza solo quando la colpa può essere attribuita a Israele. Due capi della protesta palestinese, Hamza Howidy e Moumen al Natour, il 16 aprile saranno in Senato a Roma per dialogare con la giornalista Sharon Nizza (autrice di “Il giorno più lungo” sul 7 ottobre), Ivan Scalfarotto di Italia viva, Piero Fassino del Pd e Lucio Malan di FdI. La Bbc è tra i media che hanno ignorato al Rubai, mentre titolava: “Cittadini di Gaza raccontano le torture subite durante la detenzione in Israele”.
Howidy è un palestinese che è riuscito a fuggire da Gaza dove era stato imprigionato e torturato da Hamas. Ora su Usa Today si chiede perché così tanta attenzione venga data in tutto il mondo a Mahmoud Khalil, che non affronta nulla di più minaccioso di una possibile deportazione per aver sostenuto Hamas alla Columbia University, mentre al Rubai, che è stato torturato e assassinato da Hamas, passa sotto silenzio. “Le proteste sono state un momento spartiacque per i cittadini di Gaza, quando così tante persone a Gaza hanno finalmente capito il vero significato della falsa solidarietà: per il movimento occidentale ‘pro Palestina’, i palestinesi non sono persone reali, ma strumenti da usare nelle loro battaglie ideologiche” scrive Howidy. “Non solo le proteste sono state ignorate dagli ‘alleati’ in occidente, ma lo sono state anche le vite dei manifestanti e di tutto ciò che rappresentano”.
Un’altra mezza dozzina di dissidenti a Gaza sono stati catturati da Hamas e assassinati, ma hanno ricevuto ancora meno attenzione di al Rubai. Cioè: nessuna. “Dov’era l’indignazione degli attivisti del ‘movimento pro Palestina’?”, chiede Howidy. “Dov’erano le proteste nelle capitali occidentali per Odai? Da nessuna parte. Perché non rientrava nel loro quadro ideologico e il suo omicidio non era utile e troppo scomodo per la loro narrazione”. Nel frattempo, quando un manifestante privilegiato, Mahmoud Khalil, ex studente della Columbia, si ritrova detenuto negli Stati Uniti, gli attivisti che affermano di sostenere gli oppressi non hanno perso tempo a inondare le strade occidentali di proteste. “Il suo arresto è diventato un emblema di resistenza, innescando campagne globali per riportarlo a casa. Questo netto contrasto non è solo un fallimento di solidarietà, è anche un’accusa della natura vuota e opportunistica del cosiddetto movimento pro Palestina. Mahmoud, uno studente in occidente, è stato elevato allo status di martire. Odai, un giovane di Gaza, è lasciato morire per mano dello stesso regime che gli alleati occidentali si rifiutano di affrontare. L’ipocrisia è sconcertante”.
Se lo chiede anche al Natour, avvocato e organizzatore delle manifestazioni del 2019 a Gaza ed ex prigioniero politico di Hamas. “Alcuni in occidente saranno senza dubbio confusi nel vedere palestinesi scendere in piazza a Gaza e chiamare Hamas ‘terrorista’, dopo quasi diciotto mesi in cui molti manifestanti nelle città occidentali hanno sostenuto non solo i palestinesi, ma anche Hamas” scrive al Natour sul Washington Post. “Oltre alla strategia spesso impiegata di usare i civili come scudi per i suoi combattenti e di lanciare razzi vicino ai nostri rifugi, nel corso di tutta questa guerra Hamas ha sistematicamente rubato e rivenduto gli aiuti umanitari. A Gaza non c’è libertà di pensiero, tanto meno di parola o di credo. Tortura e assassinio sono minacce concrete e non c’è letteralmente nessun posto dove scappare se si è su una lista nera di Hamas. Ho le cicatrici che lo dimostrano, sono stato arrestato e torturato più volte per aver contribuito a guidare un movimento di protesta con lo slogan ‘Vogliamo vivere’. La rete organizzata pro palestinese negli Stati Uniti e in Europa non ha ancora accettato la sfida di sostenere gli abitanti di Gaza nella nostra lotta per la libertà dalla tirannia di Hamas”. Free Gaza from Hamas.

L'editoriale dell'elefantino
Mercati di tutto il mondo, unitevi! E si sono uniti

Si fa presto a parlare di occidente
Welfare e altri diritti. Perché Trump non ama più questa Europa
