
Da Harvard alla prigione
Chi è Peter Navarro, consigliere che sussurra i dazi a Trump, il suo alter ego e gli insulti di Musk
Ex economista democratico e teorico anti-Cina, ha ispirato le guerre commerciali e propalato teorie complottiste. Fedelissimo del presidente, è finito anche in carcere per difenderlo dopo il 6 gennaio. Ora è sempre al suo fianco, nonostante critiche feroci e scontri con il patron di Tesla
C’è un lavoro ad altissimo rischio licenziamento negli Stati Uniti, al di là dei risultati ottenuti. Si tratta del consigliere di Donald Trump. In genere chi rientra nel cerchio magico del presidente rischia facilmente di perdere il suo favore. Quasi non si contano quelli che hanno fatto una simile parabola: l’ex ambasciatrice all’Onu Nikki Haley, l’ex segretario di Stato Mike Pompeo così come il titolare del Pentagono Mark Esper. Tutti ex pilastri della prima Amministrazione oggi totalmente spariti dalla circolazione. Se si guarda con maggiore attenzione però, negli uffici della Casa Bianca ci sono persone presenti sin dal 20 gennaio 2017. Come Stephen Miller, uno dei maggiori suggeritori della strategia “zero immigrazione” (anche legale). Soprattutto però c’è Peter Navarro, che il presidente chiama affettuosamente “my Peter”, l’uomo che ha ribaltato oltre novant’anni di politiche commerciali americane iniziate nel 1934 con il Reciprocal Tariff Act varato da Franklin Delano Roosevelt.
Prima di Trump, Navarro era un eccentrico economista con dottorato ad Harvard che non riusciva a pubblicare sulle riviste accademiche più prestigiose e che ogni tanto tentava di sfondare in politica: tra le sue tante imprese fallimentari, la candidatura a sindaco di San Diego per i democratici, partito a cui ha aderito per gran parte della sua vita. La sua piattaforma nel 1992, strano a dirsi, era una sorta di antipasto della decrescita felice. Opposizione alle nuove costruzioni e mantenimento dell’esistente. Negli anni del trionfo del liberalismo post reaganiano, non poteva che essere sconfitto. Navarro però testardamente, ha mantenuto un nucleo di pensiero originale, già espresso nella sua tesi di dottorato nel 1984: l’America non poteva essere prospera perché qualcuno stava “rubando” il loro benessere. Quel qualcuno ovviamente erano già gli “interessi speciali” che volevano delocalizzare. Una visione più matura di questa sua concezione apocalittica apparirà nel 2011 nel libro (poi divenuto documentario) intitolato “Death by China”: nella ricerca sovvenzionata da un importante gruppo siderurgico, si denunciano le pratiche scorrette di Pechino sui temi della concorrenza e della proprietà intellettuale dei brevetti che stanno danneggiando il commercio internazionale. E in particolare gli Stati Uniti. Tramite Jared Kushner, conosce il già candidato repubblicano alle primarie presidenziali dell’anno successivo. Ovviamente il futuro presidente ignora che Navarro cita nei suoi lavori uno studioso sconosciuto chiamato Ron Vara, che altri non è che un anagramma del suo nome. La cosa si scoprirà solo nel 2019.
Nel 2017 invece Navarro diviene uno degli economisti più potenti del mondo e ha la piena possibilità una prima volta di implementare la sua visione eterodossa: inizia la sua guerra commerciale con la Cina di Xi Jinping e nel 2019 riesce a imporre un’ulteriore giro di dazi su Pechino soltanto qualche mese dopo un incontro tra i due presidenti, guadagnandosi i rimbrotti del Wall Street Journal, che già allora in un editoriale metteva in guardia contro la “recessione di Navarro”. E non è finita qua: prima di diventare l’artefice dei dazi più autolesionisti e stupidi della storia (ancora una volta è il Wall Street Journal a offrire la definizione giusta) l’economista un tempo noto per essere un democratico protezionista completa il suo processo di trumpizzazione. Diventa un promotore della bufala delle elezioni rubate nel 2020 e partecipa attivamente ai tentativi di ribaltare la vittoria di Joe Biden. Promuove posizioni scettiche sui vaccini peraltro sostenuti negli ultimi mesi di Amministrazione Trump con l’operazione “Warp Speed” preferendo l’uso dell’idroclorossichina, una sostanza che viene usata per sverminare i cavalli. Fino al sacrificio finale: il 9 febbraio 2022 si rifiuta di testimoniare al Congresso sui fatti di Capitol Hill, venendo per questo incriminato per oltraggio e facendo quattro mesi di carcere, dal 19 marzo al 17 luglio 2024. Per Trump questo è un atto che gli merita fiducia. Anche andando contro i desideri di Elon Musk, pesantemente danneggiato dai dazi e sprezzantemente definito “assemblatore di auto”. Descrizione a cui il magnate ha risposto su X chiamandolo “Peter Retarrdo”, definendolo come “un idiota” e “intelligente come un sacco di mattoni” e che dovrebbe sapere che le sue auto usano un numero record “di componenti prodotti negli Usa”. Intanto Navarro, come nel primo mandato di Trump, sta imponendo al mondo una spirale recessiva per confermare una personale teoria economica che già in passato non aveva funzionato.

Si fa presto a parlare di occidente
Welfare e altri diritti. Perché Trump non ama più questa Europa


Fra politica e pericoli